Decisione del GIUDICE SPORTIVO PRESSO LA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A - DECISIONE N. 0140/CSA – 2023-2024 –GIURISDIZIONE SPORTIVA
Titolo/Oggetto |
Decisione del GIUDICE SPORTIVO PRESSO LA LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI SERIE A - DECISIONE N. 0140/CSA – 2023-2024 –GIURISDIZIONE SPORTIVA |
Estremi provvedimento |
Corte Sportiva D’Appello Sez. I - decisione N. 0140/CSA/2023-2024 REGISTRO PROCEDIMENTI N. 0184/CSA/2023-2024 – Carmine Volpe (Presidente), Maurizio Greco (Componente), Paolo Del Vecchio (Componente relatore), Franco Granato (Rappresentante AIA) |
Massima |
Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice sportivo la controversia di natura tecnica e disciplinare ai sensi del D.L. n. 220/2003, convertito nella L. 280/2003, secondo cui, ai sensi dell’art. 1, «la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale. Ai sensi dell’art. 2, punto b), è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari».
L’art. 8 del Codice di Giustizia Sportiva sancisce che: «1.Le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, del Codice, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile, sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi: a) ammonizione; b) ammenda; c) ammenda con diffida; d) obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori; e) obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse; f) squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato fino a due anni; g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; se la penalizzazione sul punteggio è inefficace in termini di afflittività nella stagione sportiva in corso è fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente; h) retrocessione all'ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; la retrocessione all’ultimo posto comporta comunque il passaggio alla categoria inferiore; i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore; l) non assegnazione o revoca dell'assegnazione del titolo di campione d'Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale; m) non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni; n) divieto di tesseramento di calciatori fino ad un massimo di due periodi di trasferimento. 2. Alle società può inoltre essere inflitta la sanzione sportiva della perdita della gara nei casi previsti dall'art. 10».
L’art. 28, commi 4 e 7, CGS dispongono rispettivamente che: «le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione. In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 8, comma 1, lettera d). Qualora alla prima violazione si verifichino fatti particolarmente gravi e rilevanti, possono essere inflitte, anche congiuntamente e disgiuntamente tra loro, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere e), f), g), i), m). In caso di violazione successiva alla prima, oltre all’ammenda di almeno euro 50.000,00 per le società professionistiche e di almeno euro 1.000,00 per le società dilettantistiche, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro, tenuto conto delle concrete circostanze dei fatti e della gravità e rilevanza degli stessi, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 8, comma 1, lettere d), e), f), g), i), m)» e che «gli organi di giustizia sportiva possono sospendere la esecuzione delle sanzioni disciplinari di cui all’art. 8, comma 1, lett. d), e), f), inflitte alla società in applicazione del comma 4. Con la sospensione della esecuzione della sanzione, gli organi di giustizia sportiva sottopongono la società ad un periodo di prova di un anno. Se durante il periodo di prova, la società incorre nella stessa violazione, la sospensione è revocata e la sanzione si applica in aggiunta a quella inflitta per la nuova violazione». L’art. 29 CGS prevede che: «1. La società non risponde dei comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 25, 26 e 28, se ricorrano congiuntamente tre delle seguenti circostanze: a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo; b) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell’ordine e le altre Autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori, ponendo in essere gli atti di prevenzione e vigilanza concordati e prescritti dalle norme di settore; c) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell'ordine e le altre Autorità competenti per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni, anche mediante l'utilizzo a spese della società di tecnologie di video‐sorveglianza; d) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; e) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti. 2. La responsabilità della società per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 25, 26 e 28 è attenuata se la società prova la sussistenza di una o più circostanze di cui al comma 1». |
Keywords |
GIURISDIZIONE SPORTIVA - SANZIONE DISCIPLINARE |
La sentenza della Corte Sportiva D’Appello, Sez. I, n. 0140 CSA/2023 – 2024, accoglie parzialmente il reclamo proposto dalla Società Udinese Calcio S.p.A.
La vicenda esaminata trae origine dal ricorso avanzato dalla Società Udinese Calcio S.p.A. avverso la sanzione inflitta dal Giudice Sportivo, presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A, che aveva irrogato a suo carico l’obbligo di disputare una gara a porte chiuse, a seguito dell’incontro di Campionato Udinese – Milan del 20.01.2024
La decisione del Giudice di prime cure era motivata dal fatto che, durante la partita, il portiere del Milan, M.P.M., era stato vittima di ripetuti insulti razzisti provenienti da un settore della squadra avversaria.
Nello specifico, dal comunicato del Giudice, dal referto arbitrale e dal rapporto dei collaboratori della Procura Federale emergeva che, in diverse occasioni, il calciatore del Milan era stato destinatario di espressioni discriminatorie da parte della tifoseria della Società ospitante, tanto da comportare due annunci con l’altoparlante, nonché due sospensioni della gara, rispettivamente di uno e cinque minuti.
Il Giudice Sportivo, altresì, sottolineava l’obiettiva gravità dei fatti occorsi, che avevano determinato l’adozione delle misure previste dalle norme federali; gravità che, da un lato, rendeva recessivo l’elemento della dimensione dell’atteggiamento razzista e, dall’altro, confermava e allo stesso tempo smentiva l’ulteriore elemento, ai sensi dell’art. 28, comma 4, CGS, della percezione reale.
A sostegno della sua decisione, il Giudice di prime cure evidenziava anche che, in merito a tali episodi, non vi erano stati atti di dissociazione da parte della restante tifoseria contrariamente alla Società, che si era, fin da subito, attivata con le Forze dell’ordine al fine di individuare i responsabili delle condotte recriminate.
La reclamante, nel proporre ricorso, domandava, in via preliminare, l’annullamento o la revoca della sanzione, in via subordinata, la commutazione in ammenda o, in via ulteriormente subordinata, la riduzione dell’obbligo di disputare una partita a porte chiuse ad un solo settore dello stadio ex art. 8, comma 1, lett. d), CGS, specificando che si era trattato di prima violazione, nonché la sospensione condizionata della sanzione, ai sensi dell’art. 28, comma 7, CGS.
La Corte Sportiva D’Appello Nazionale, dopo aver esaminato gli atti e valutato le motivazioni addotte, accoglieva parzialmente il reclamo avanzato dalla Società Udinese calcio S.p.A.
Il Collegio, preliminarmente, riportava quanto dedotto dalla ricorrente, ovvero che la stessa, sia in passato sia con riferimento al caso di specie, aveva cooperato con le Forze dell’ordine al fine di prevenire fatti violenti ed individuare i responsabili dei fatti accaduti nella gara in questione. Tale cooperazione risultava documentata da un efficace sistema di sorveglianza all’interno dello stadio dell’Udinese. Altresì, era provato anche il fatto che la ricorrente, dopo aver individuato i cinque tifosi responsabili, aveva inviato loro una nota con la quale veniva vietato agli stessi l’accesso alle gare casalinghe a tempo indeterminato.
La Corte, con riferimento a tale premessa, non poteva non evidenziare la gravità dell’accaduto, confermato anche dall’interruzione, per ben due volte, della partita e l’atteggiamento della squadra che aveva lasciato il terreno di gioco per alcuni minuti per solidarietà con il proprio compagno.
La reclamante, ancora, confutava un’asserita divergenza tra quanto riportato nel referto arbitrale e quanto refertato dai due rappresentanti della Procura Federale, discrepanza che avrebbe dovuto far venire meno “la dimensione e la percezione” dell’atteggiamento razzista.
Il Collegio, altresì, affermava che tale divergenza non risultava, in quanto dal referto arbitrale si evinceva ciò che era accaduto, ovvero che, al 25 ° del primo tempo, alla prima manifestazione di discriminazione, l’arbitro veniva avvisato dal quarto uomo, che, a sua volta, si era avvicinato al calciatore del Milan, il quale gli aveva riferito di insulti rivolti alla sua persona, provenienti dalla curva alle sue spalle.
Anche il secondo episodio, avvenuto al 33° del primo tempo, era stato notato dall’arbitro, poiché si era accorto che il calciatore non riprendeva il gioco a causa di altri episodi come quelli occorsi pochi minuti prima.
Perfino la stessa giurisprudenza menzionata dalla Società reclamante, riguardo alla mancanza di prova della dimensione e della reale percezione del fenomeno, era stata considerata dal Giudice di prime cure “recessiva” rispetto alla gravità degli episodi.
Preso atto dell’importanza di tali fatti, e ritenuta coerente la ricostruzione dell’arbitro unitamente con quella dei collaboratori della Procura Federale, il Collegio assumeva di dover prendere in considerazione, ai fini della sua decisione, la responsabilità oggettiva della Società, il ruolo, considerato fondamentale, che la stessa aveva avuto e le esimenti ex art. 29 CGS, in particolare quella prevista dal comma 1, lett. c), CGS secondo cui “la società ha concretamente operato con le Forze dell’ordine e le altre Autorità competenti per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni, anche mediante l’utilizzo a spese della società di tecnologie di videosorveglianza”.
La Corte, pertanto, riteneva che tale ultimo aspetto si era verificato ed era anche provato dalla documentazione di atti, come l’adozione del Modello di Organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs. 231/2001 e della Linee guida di cui al C.U. n. 96/A del 3.10.2019 per cui, essendo pur vero che non si era verificata la dissociazione degli altri tifosi, era vero anche che la stessa Società si era attivata immediatamente al fine di identificare i responsabili dell’accaduto.
In conclusione, se, da un lato, il Collegio affermava che il verificarsi della circostanza attenuante sopra descritta limitava la responsabilità in capo alla reclamante, per cui accoglieva parzialmente il ricorso, dall’altro, riteneva ragionevole aumentare a due giornate la chiusura di quel settore specifico, ex art. 8, comma 1, lett. d), CGS, proprio per sottolineare la rideterminazione della sanzione con il fatto di dover punire in maniera più grave il settore dal quale erano partiti gli insulti, così da limitare la responsabilità oggettiva e accentuare una responsabilità diretta del settore nel quale, peraltro, non si erano verificati atteggiamenti di dissociazione, come evidenziato anche dal Giudice sportivo.
Il Collegio, in ultima istanza, precisava che, proprio perché si era trattato di prima violazione per manifestazioni di espressioni discriminatorie, la sanzione che doveva essere comminata era quella prevista ai sensi dell’art. 28, comma 4, CGS.
Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte Sportiva D’Appello Nazionale accoglieva parzialmente il reclamo proposto dalla Società Udinese Calcio S.p.A. e, per l’effetto, rideterminava la sanzione nell’obbligo disputare due gare con il settore denominato “Curva Nord” privo di spettatori. |
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Avv. Ludovica Cohen |