TAR Veneto, 11 Novembre 2015, n.1153
(Omissis)
Considerato:
che il Sig. L. Z., con il ricorso in epigrafe, impugna il provvedimento “Daspo” con il quale la Questura di Verona gli ha fatto divieto, ex art. 6 della L. n. 401/89, di accedere agli impianti dove si svolgono manifestazioni sportive di calcio per un periodo pari a otto anni;
che il provvedimento è motivato in considerazione della condotta posta in essere dal ricorrente che si sarebbe recato presso il centro sportivo Gavagnin dove giocava la Virtus Verona, ponendo in essere atti intimidatori nei confronti dei tifosi della squadra, dandosi con questi ultimi appuntamento all’esterno per chiarire la vicenda relativa all’imbrattamento del “memoriale” dedicato ai tifosi scomparsi dell’Hellas Verona, comportamento quest’ultimo che è stato valutato pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica da parte della Questura di Verona;
che il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 6 L. n. 401/89, l’eccesso di potere e il difetto di motivazione in ordine alla pericolosità ed alla lesione dell’ordine e la sicurezza pubblica, contestando come il comportamento posto in essere non avesse i presupposti per l’applicazione della misura ora impugnata;
che si è costituta in giudizio l’Amministrazione replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso;
che il ricorso è infondato e va respinto;
che, in particolare, non sussiste la violazione dell’art. 6 comma 1 sopra citato in quanto la condotta posta in essere presenta un evidente carattere di "pericolosità";
che l’Amministrazione ha accertato, peraltro con provvedimenti suscettibili di essere impugnati solo per querela di falso, che l’episodio contestato ha preso origine da una comunicazione nei confronti della Digos diretta a riferire dell'intenzione di una quarantina di tifosi veronesi di recarsi presso il campo Gavagnin per "incontrarsi" con i tifosi della "Virtus Vecomp".
che, come preannunciato, effettivamente si verificava che circa venti ultras dell'Hellas Verona si riunivano in maniera da far presumere l'intento di entrare all'interno dell'impianto sportivo;
che proprio il personale della Digos constatava che il ricorrente si era effettivamente diretto verso il bordo campo nella zona intermedia tra le due tifoserie e, dopo aver avvistato il gruppo "Virtus Fans", si avvicinava al cancello interno di separazione "invitando" questi ultimi ad uscire fuori dall'impianto;
che l’episodio proseguiva in quanto un componente della tifoseria avversaria seguiva il ricorrente che pronunciava frasi dall’evidente tenore intimidatorio, frasi la cui esistenza è stata altresì confermata dallo stesso Sig. D. A. nei cui confronti erano state dirette e dagli agenti della Polizia presenti sul posto;
che, in considerazione di quanto sopra risulta evidente come il comportamento posto in essere sia pericoloso per la sicurezza pubblica e, ciò, anche considerando la discrezionalità correlata alla valutazione dell’Amministrazione competente circa l’emissione del provvedimento impugnato che, in quanto tale, non ha i caratteri di una sanzione, ma di una misura preventiva e cautelare idonea a evitare il rischio connesso alla probabilità del verificarsi di eventi suscettibili di pregiudicare la pubblica sicurezza;
che, infatti, secondo un costante orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 09-02-2015, n. 955) il “daspo” rientra nel genus delle misure di prevenzione, comminabili ante delictum, prescindendo persino da una formale denuncia all’Autorità Giudiziaria, potendosi basare su un giudizio di pericolosità del soggetto che può avere a fondamento anche una semplice attività indiziaria costituita da circostanze di portata generale e di significato tendenziale, o su contesti significativi nel loro complesso ( in questo senso anche Tar Campania, Napoli, n. 952/2015).
che, pertanto, risulta smentita la ricostruzione del ricorrente e, nel contempo, è possibile ritenere insussistente il difetto di motivazione e, più in generale, i vizi dedotti;
che anche l’entità della misura di pubblica sicurezza ora comminata è da ritenersi diretta conseguenza del carattere recidivo della condotta posta in essere dal ricorrente.
che in conclusione il ricorso è infondato e va respinto.
Che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo Respinge.
(Omissis)