Il principio del vincolo dei motivi nella c.d. pregiudiziale sportiva (Nota a TAR Lazio, Sez. I-ter, sentenza del 25 novembre 2022, n. 15820)
Titolo/Oggetto |
Il principio del vincolo dei motivi nella c.d. pregiudiziale sportiva |
Estremi provvedimento |
TAR Lazio, Sez. I-ter, sentenza del 25 novembre 2022, n. 15820 |
Massima |
Corollario della pregiudiziale sportiva è il principio del c.d. vincolo dei motivi, in base al quale possono essere presentati innanzi al Giudice amministrativo soltanto i motivi di censura già proposti dinnanzi alla giustizia sportiva, risultando, invece, preclusa la proposizione di motivi nuovi |
Keywords |
pregiudiziale sportiva; vincolo dei motivi; CONI; concorrenza |
Commento/Sintesi |
Con ricorso dinanzi al TAR Lazio, la ricorrente, un’associazione che svolge corsi di formazione in ambito equestre e ippico finalizzati all’ottenimento dei diplomi di Istruttore Federale e di Stable Manager, ha censurato la delibera del Consiglio Federale della Federazione Italiana Sport Equestri con la quale la Federazione ha deliberato talune modifiche al Regolamento Federale vigente.
Ad avviso della ricorrente, le modifiche introdotte dalla delibera federale limiterebbero il riconoscimento dei diplomi da essa rilasciati “scoraggiando i suoi potenziali clienti e segnatamente gli aspiranti istruttori di nazionalità italiana ad avvalersi dei servizi offerti dalla ricorrente stessa per il conseguimento della qualifica”.
In particolare, la ricorrente ha evidenziato che la delibera avrebbe artatamente introdotto tre categorie di tesserati: a) i tesserati di nazionalità italiana che hanno acquisito qualifiche tecniche a fronte di corsi frequentati all’estero presso federazioni straniere; b) i cittadini stranieri che sono in possesso di titolo rilasciato da Federazione straniera; c) i cittadini italiani che richiedono l’equiparazione di qualifica tecnica rilasciata da un ente estero all’esito dei corsi organizzati dalla ricorrente.
Secondo quanto lamentato dalla ricorrente, le modifiche introdotte dalla Federazione sarebbero illegittime in quanto, da un lato, i cittadini stranieri in possesso di titolo rilasciato da Federazione straniera e i tesserati di nazionalità italiana che hanno acquisito qualifiche tecniche a fronte di corsi frequentati all’estero, presso federazioni straniere che facciano parte di un determinato circuito federale, possono richiedere l’equiparazione al corrispondente livello italiano, semplicemente inviando copia del passaporto internazionale dell’Istruttore rilasciato dalla Federazione di appartenenza, se in possesso di autorizzazione a montare valida per l’anno in corso; dall’altro, i cittadini italiani, che hanno ottenuto la qualifica tecnica rilasciata dall’ente in collaborazione con la ricorrente, dovrebbero soddisfare ulteriori requisiti, ossia a) sostenere un colloquio relativo ai regolamenti delle discipline olimpiche ed alle regolamentazioni federali; b) essere in possesso minimo di autorizzazione a montare di 1° grado; c) essere in possesso di attestato di Primo soccorso tipo; d) sostenere una prova di conduzione di una ripresa con allievi in campo; e) avere sostenuto gli esami all’estero nella lingua del Paese ospitante la commissione di esame; f) autocertificare di avere sostenuto l’esame in lingua inglese.
Su tali assunti, la ricorrente ha articolato due motivi di ricorso concernenti, il primo, la violazione dell’art. 2 del Decreto legislativo n. 242/1999, recante “Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano – CONI”, dello Statuto del CONI e del Sistema Nazionale di Qualifiche del CONI per eccesso di potere, illogicità e disparità di trattamento, il secondo, la violazione dell’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, recante il divieto di abuso di posizione dominante.
Con la sentenza in esame, il TAR Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo entrambi i motivi inammissibili e, comunque, infondati.
Quanto all’inammissibilità delle censure prospettate, il Giudice amministrativo di primo grado ha rilevato la violazione del vincolo della c.d. pregiudiziale sportiva che “va osservata per tutte le materie, rispetto alle quali sorgono posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento generale”.
Richiamando, a fondamento del predetto vincolo giurisdizionale, quanto disposto dall’art. 1 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, nonché dall’art. 133, co. 1, lett. z-septies, c.p.a., il TAR Lazio ha dichiarato inammissibili le censure avverso la delibera federale, in quanto la ricorrente non ha esperito tutti i rimedi interni previsti dalla giustizia sportiva, censurando il provvedimento impugnato direttamente dinanzi al Giudice amministrativo di primo grado.
In tale occasione, il TAR Lazio ha ricordato, altresì, il principio del c.d. vincolo dei motivi, secondo cui, dopo aver esperito tutti i rimedi interni alla giustizia sportiva, dinanzi al Giudice amministrativo (o ordinario) possono essere presentati soltanto i motivi di censura già proposti dinnanzi alla giustizia sportiva, risultando, invece, preclusa la proposizione di motivi nuovi.
Quanto al merito delle censure, con riguardo al primo motivo di ricorso, afferente alla presunta violazione della regolamentazione del CONI, il TAR Lazio ha evidenziato che le modifiche al Regolamento Federale introdotte dalla delibera impugnata sono “conformi ai canoni della ragionevolezza e logicità, essendo finalizzate a garantire il corretto esercizio delle attività di Istruttore di equitazione in Italia”.
In merito alla presunta violazione dell’art. 102 del TFUE, la ricorrente ha lamentato il presunto abuso di posizione dominante da parte della Federazione, nella misura in cui quest’ultima, in forza del suo ruolo istituzionale, deterrebbe una posizione dominante nel mercato della formazione e del rilascio delle qualifiche e dei titoli di istruttore di equitazione e la delibera impugnata sarebbe espressione di una illegittima e abusiva restrizione della concorrenza tra gli operatori attivi in questo settore.
Sul punto, il Giudice amministrativo ha ritenuto che con la doglianza in questione la ricorrente avrebbe tentato “surrettiziamente, ed inammissibilmente, di introdurre nel presente giudizio una sorta di valutazione, per così dire, in prevenzione rispetto a una questione di esclusiva competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”.
Sulla base di tali argomentazioni, il TAR Lazio ha, altresì, respinto la richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente nei confronti della Federazione, ritenendo insussistente il presupposto dell’ingiustizia del danno, in quanto la delibera impugnata non costituirebbe un illegittimo esercizio del potere amministrativo. |
Autore |
Avv. Enrico Spagnolello; Dott. Andrea Sircana |