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Federazioni sportive nazionali tra autonomia e interesse pubblico: incostituzionale il divieto definitivo di accesso alle cariche direttive delle strutture territoriali per violazione del principio di proporzionalità (nota a Corte Cost. 29/09/2023, n. 184

Titolo/Oggetto

S.M./CONI – U.I.T.S.  

Federazioni sportive nazionali tra autonomia e interesse pubblico: incostituzionale il divieto definitivo di accesso alle cariche direttive delle strutture territoriali per violazione del principio di proporzionalità

Estremi provvedimento

Corte Cost. 29/09/2023, n. 184 – S. Sciarra (Presidente), D. De Pretis (Redattore), R. Milana (Cancelliere)

Massima

La Corte ha dichiarato incostituzionale la disposizione che vietava ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate di ricandidarsi, qualora avessero già svolto tre mandati.

 

Il divieto definitivo e irreversibile di ricoprire le cariche contrasta, per la Corte, con il principio di proporzionalità, ma anche con l’autonomia organizzativa delle Federazioni sportive e con la libera scelta dei votanti.

Keywords

FEDERAZIONI SPORTIVE NAZIONALI – CARICHE DIRETTIVE – PROPORZIONALITA’ – AUTONOMIA – MANDATO  

Commento/Sintesi

Con la sentenza n. 184 del 2023 la Corte costituzionale affronta la questione di legittimità costituzionale dell’art 16, comma 2, del d.lgs. n. 242 del 1999, come sostituito dall’art. 2, comma 1, della l. n. 8 del 2018, e dell'art. 6, commi 1 e 2, della stessa l. n. 8 del 2018, vigenti ratione temporis, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi direttivi delle strutture territoriali delle Federazioni sportive nazionali.

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha dubitato della legittimità costituzionale delle disposizioni citate “nella parte in cui escludono, per gli associati, la possibilità di candidarsi nell’ambito degli organi direttivi, qualora abbiano già svolto tre mandati elettivi”; il Tribunale ha, pertanto, sollevato la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 2, 3 e 18 Cost., dal momento che la definitiva incandidabilità degli interessati rappresenterebbe una misura sproporzionata e irragionevole, in grado di incidere su una associazione di diritto privato che contribuisce allo sviluppo della personalità dell’individuo nell’ambito di una formazione sociale.

 

Per il Tribunale amministrativo sarebbero, inoltre, violati: l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 11 CEDU e all’art. 12 CDFUE, a garanzia della libertà di associazione, gli artt. 41 e 42 Cost., dal momento che la restrizione della libertà di iniziativa privata sfocerebbe nell’arbitrarietà e nell’irragionevolezza, e, infine, gli artt. 2 e 48 Cost., in quanto le disposizioni censurate limiterebbero in misura sproporzionata il diritto di elettorato passivo.

 

In via preliminare, la Corte rileva che la disposizione è stata modificata e nel testo attualmente vigente (risultante dall’art. 39-bis del d.l. n. 75 del 2023, come convertito), la disposizione non stabilisce più il divieto oggetto del giudizio.

 

I giudizi a quibus vanno decisi, in ogni caso, applicando le norme all’epoca vigenti.

 

Entrando nel merito della questione, la Consulta ricostruisce lo status giuridico delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate, ricordando come esse abbiano natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato e che non perseguono fini di lucro; esse sono soggette, per quanto non previsto diversamente, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione, svolgendo l’attività sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, del CONI e delle Federazioni internazionali. Anche se lo Statuto del CONI individua le attività delle Federazioni che hanno “valenza pubblicistica”, ciò non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse.

 

Si è così in presenza di un fenomeno organizzativo nel quale la connotazione privatistica della forma associativa convive con la valenza pubblicistica di parte delle attività svolte.

 

La Corte ricorda quanto già affermato con la sentenza n. 160 del 2019, e cioè che “anche il sistema dell’organizzazione sportiva, in quanto tale e nelle sue diverse articolazioni organizzative e funzionali, trova protezione nelle previsioni costituzionali che riconoscono e garantiscono i diritti dell’individuo, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali in cui si esprime la sua personalità (art. 2 Cost.) e che assicurano il diritto di associarsi liberamente per fini che non sono vietati al singolo dalla legge penale (art. 18)”.

 

La garanzia assicurata dall’art. 18 Cost. è definita nella sentenza “ampia”, riguardando un “ventaglio” di diritti correlati a tale libertà che si estende alla protezione degli organismi nei quali gli individui agiscono in forma associata. Si tratta di diritti individuali strettamente interconnessi e funzionali anche alla stessa libertà delle associazioni nella misura in cui ne assicurano essenzialmente l’autonomia normativa e organizzativa.

 

In particolare, quanto alla garanzia dell’autonomia delle associazioni, la Corte ha escluso che costituiscano, di per sé, indebite interferenze sull’autonoma organizzazione o sull’attività dell’ente associativo previsioni legislative recanti vincoli alla composizione dei suoi organi direttivi o alla loro sfera di azione; è stato escluso che costituisca indebita interferenza anche la fissazione di limiti di scopo all’attività delle associazioni, negli stessi termini in cui tali limiti possono essere apposti all’attività del singolo.

 

Un limite ai mandati nell’assunzione di incarichi federali potrebbe essere, pertanto, astrattamente ammissibile.

 

Le Federazioni sportive nazionali, pur essendo associazioni con personalità giuridica di diritto privato, svolgono anche funzioni di interesse pubblico, in relazione alle quali questi “soggetti formalmente privati” sono “inquadrati in un sistema organizzativo a struttura e configurazione legale […] e di ordine amministrativo” (Cons. Stato, sent. n. 1006, del 2019): ciò può giustificare scelte legislative particolari che tengano conto della connotazione pubblicistica degli interessi a esse affidati.

 

Al pari di tutti i diritti costituzionalmente garantiti, anche quelli riconducibili alla libertà di associazione sono suscettibili di bilanciamento con altri diritti o interessi pubblici di analogo rango, sempre che sussista la necessaria connessione strumentale del vincolo con il fine e che il bilanciamento non risulti irragionevole o sproporzionato

 

Nel caso di specie, l’obiettivo perseguito dalla normativa è, secondo la Corte, quello di favorire l’accesso di tutti gli associati in condizioni di uguaglianza alle cariche direttive, “superando cristallizzazioni interne derivanti da rendite di posizione di chi abbia già rivestito a lungo quelle stesse cariche”.

 

Il bilanciamento operato con la misura in esame si presenta, quindi, tutto “interno” allo stesso art. 18 Cost.: la previsione contestata, da un lato, comprime l’autonomia normativa e organizzativa delle Federazioni e i diritti degli associati, dall’altro, mira a garantire l’effettivo libero esplicarsi della stessa autonomia organizzativa.

 

Passando alla verifica della legittimità del fine perseguito dalla norma limitativa, la Corte ritiene che si tratta di una finalità che non risulta né arbitraria, né pretestuosa, tutelando la par condicio fra gli aspiranti candidati allo stesso comitato regionale, favorendo la democrazia interna, l’efficienza e l’imparzialità della Federazione.

 

La norma censurata è, pertanto, idonea a superare il primo passaggio del test di proporzionalità, in quanto mira a soddisfare interessi riconducibili agli artt. 2, 3 e 18 Cost.

 

La Corte verifica, poi, se la norma censurata ha introdotto, fra le diverse misure idonee a soddisfare il fine perseguito, la meno restrittiva degli interessi coinvolti, tra i quali, in particolare, l’interesse delle Federazioni a regolare autonomamente la propria organizzazione, il diritto di candidarsi di chi ha già svolto tre mandati e la libera scelta dei componenti dell’assemblea elettiva.

 

L’esito di tale verifica è, questa volta, negativo: il divieto definitivo risulta eccessivo rispetto alla finalità pur legittimamente perseguita.

 

La drasticità della misura, infatti, “si risolve in una compressione oltre il necessario degli interessi indicati, determinandone il contrasto con il principio di proporzionalità”.

 

È, pertanto, accertata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 242 del 1999.

 

Alla discrezionalità del legislatore spetta individuare la misura più idonea a contemperare gli interessi in gioco in modo che nessuno di essi sia sacrificato oltre il necessario. Ciò che è avvenuto con le successive modifiche legislative.

 

La Corte dichiara, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 242 del 1999, riguardo l’inciso “nonché ai presidenti e ai membri degli organi direttivi delle strutture territoriali delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate”, nella parte in cui estendeva agli organi territoriali il divieto previsto per gli organi direttivi centrali delle Federazioni sportive (ex art. 16, comma 2, secondo periodo, del medesimo d.lgs. n. 242, nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 75 del 2023). Il divieto posto per gli organi centrali esula dal giudizio, non venendo in rilievo nei giudizi a quibus.

Autore

Avv. Francesca Piergentili


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