COMMISSIONE EUROPEA CONTRO VALENCIA CLUB DE FUTBOL. AIUTI DI STATO (nota a Corte di giustizia, sentenza 10 novembre 2022, Causa C 211/20 P), di Stefano Bastianon
Titolo/Oggetto |
COMMISSIONE EUROPEA CONTRO VALENCIA CLUB DE FUTBOL AIUTI DI STATO |
Estremi provvedimento |
Corte di giustizia, sentenza 10 novembre 2022, Causa C-211/20 P |
Massima |
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Keywords |
Club di calcio professionistici – Aiuti di Stato – Garanzie – Vantaggio – Onere della prova |
Commento/Sintesi |
La sentenza in esame respinge il ricorso proposto dalla Commissione europea mediante il quale detta istituzione ha chiesto alla Corte di giustizia di annullare la sentenza del 12 marzo 2020, Valencia Club de Fútbol/Commissione (T‑732/16, EU:T:2020:98) con cui il Tribunale dell’Unione europea ha annullato la decisione della Commissione, del 4 luglio 2016 relativa all’aiuto di Stato a favore, inter alia, del Valencia Club de Fútbol (Valenzia CF). I fatti della controversia Il 5 novembre 2009, l’Instituto Valenciano de Finanzas («IVF»), istituto finanziario del governo regionale di Valencia (Spagna), ha fornito alla Fundación Valencia una garanzia per un prestito bancario di EUR 75 milioni mediante il quale essa ha acquisito, nel contesto di un aumento di capitale, il 70,6% delle azioni del Valencia CF. In seguito, l’IVF ha incrementato di EUR 6 milioni la garanzia fornita alla Fundación Valencia. Con decisione del 4 luglio 2016 la Commissione ha ritenuto che le garanzie bancarie concesse dall’IVF non rispettavano le condizioni stabilite nella Comunicazione relativa alle garanzie e ha ritenuto, quindi, che i beneficiari non avrebbero ottenuto le misure in esame alle stesse condizioni sul mercato e che, pertanto, tali misure avevano conferito un vantaggio indebito ai beneficiari, integrando in tal modo i presupposti per dichiarare illegittimo l’aiuto di Stato ordinandone il recupero. Su ricorso del Valencia CF, con sentenza del 12 marzo 2020 il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione sul presupposto che quest’ultima avesse commesso una pluralità di errori in sede di applicazione ed interpretazione della propria Comunicazione sulle garanzie, con particolare riferimento alla nozione di “vantaggio economico”. Avverso tale sentenza la Commissione ha proposto ricorso alla Corte di giustizia chiedendo di annullare la pronuncia del Tribunale. La sentenza della Corte di giustizia L’analisi della Corte di giustizia sottolinea, in primo luogo, che ai sensi della Comunicazione relativa alle garanzie, per determinare se, in applicazione del «principio dell’investitore operante in un’economia di mercato», per la garanzia viene pagato un prezzo orientato al mercato, occorre innanzitutto verificare se il prezzo pagato per la garanzia è di entità almeno equivalente al corrispondente parametro per il premio di garanzia sui mercati finanziari e, nel caso in cui non sia possibile trovare tale parametro, il costo finanziario complessivo del prestito oggetto di garanzia (compreso il tasso d’interesse del prestito e il premio di garanzia) deve essere comparato al prezzo di mercato di un prestito simile non garantito. Ad avviso della Corte di giustizia, pertanto, nel sistema della Comunicazione relativa alle garanzie, la determinazione di tali prezzi di riferimento (ossia il parametro per il premio di garanzia sui mercati finanziari e, in mancanza, il prezzo di mercato di un prestito simile non garantito) risulta, ove sia possibile identificarli, determinante per la qualifica di aiuto di Stato della garanzia in questione. Solo nel caso in cui non esista un tasso di interesse di mercato, e se lo Stato membro intende utilizzare al suo posto il tasso di riferimento di cui alla relativa Comunicazione, la Commissione può ricorrere a quest’ultimo metodo. In tale contesto, la Corte di giustizia rileva che l’argomento fatto valere dalla Commissione - secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l’utilizzo del tasso di riferimento implicasse, in quanto tale, un inadempimento da parte della Commissione del suo obbligo di effettuare una valutazione globale che tenesse conto di tutti gli elementi rilevanti nel caso di specie - deriva da un’erronea lettura della sentenza impugnata. Infatti, dalla sentenza del Tribunale (in particolare, il punto 134) emerge inequivocabilmente che la valutazione del Tribunale secondo cui la Commissione non ha fatto una corretta applicazione del principi sanciti nella comunicazione sulle garanzie risulta esclusivamente dalla constatazione del Tribunale secondo cui «la Commissione, presumendo che nessun istituto finanziario si sarebbe fatto garante di un’impresa in difficoltà e, pertanto, che sul mercato non fosse possibile trovare alcun parametro corrispondente per il premio di garanzia, ha disatteso la comunicazione relativa alle garanzie, alla quale essa è vincolata». Per contro, nessun elemento di tale punto della sentenza consente di ritenere che, con tale affermazione, il Tribunale abbia ritenuto che il ricorso al tasso di riferimento avrebbe implicato, di per sé, un inadempimento di detto obbligo. Per quanto riguarda, invece, i limiti dell’onere della prova e dell’obbligo di diligenza che incombono alla Commissione, la Corte di giustizia sottolinea che, tenuto conto dell’obiettivo dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE di assicurare una concorrenza non falsata, anche tra le imprese pubbliche e le imprese private, la nozione di “aiuto”, ai sensi di tale disposizione, non può riguardare una misura concessa in favore di un’impresa mediante risorse statali qualora la medesima avrebbe potuto ottenere lo stesso vantaggio in circostanze corrispondenti alle condizioni normali del mercato. Pertanto, quando è applicabile il principio dell’operatore privato, esso si annovera tra gli elementi che la Commissione è tenuta a prendere in considerazione per accertare l’esistenza di un aiuto. In tale ipotesi, è sulla Commissione che grava dunque l’onere di provare, tenendo conto, segnatamente, delle informazioni fornite dallo Stato membro interessato, che le condizioni di applicazione del principio dell’operatore privato non sono soddisfatte, cosicché l’intervento statale in questione comporta un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, la Commissione è tenuta ad effettuare una valutazione globale che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti nel caso di specie, che le consentano di determinare se l’impresa beneficiaria non avrebbe manifestamente ottenuto agevolazioni analoghe da un siffatto operatore privato. Ciò significa che, da un lato, la Commissione è tenuta, nell’interesse di una corretta applicazione delle norme fondamentali del Trattato FUE relative agli aiuti di Stato, a condurre il procedimento di esame delle misure sotto inchiesta in modo diligente ed imparziale, per poter disporre, all’atto dell’adozione della decisione finale, degli elementi il più possibile completi e attendibili a tale scopo; e, dall’altro lato, che la Commissione non può supporre che un’impresa abbia beneficiato di un vantaggio che costituisce un aiuto di Stato basandosi semplicemente su una presunzione negativa, fondata sull’assenza di informazioni che le consentano di giungere alla conclusione contraria, in mancanza di altri elementi atti a dimostrare positivamente l’esistenza di un simile vantaggio. La Corte di giustizia ricorda, inoltre, che, secondo una costante giurisprudenza, qualora il criterio dell’operatore privato risulti applicabile, spetta alla Commissione chiedere allo Stato membro interessato di fornirle tutte le informazioni pertinenti che le consentano di verificare se le condizioni di applicabilità e di applicazione del principio medesimo siano soddisfatte. Infatti, poiché la Commissione non ha una conoscenza diretta delle circostanze in cui è stata adottata una decisione di investimento, essa deve basarsi, ai fini dell’applicazione di detto criterio, in larga misura, sugli elementi oggettivi e verificabili prodotti dallo Stato membro di cui trattasi. Peraltro, anche quando tale istituzione si trovi di fronte ad uno Stato membro che, venendo meno al suo dovere di collaborazione, non le abbia fornito informazioni che essa gli aveva imposto di comunicare, essa deve fondare le proprie decisioni su elementi di una certa attendibilità e coerenza che forniscano una base sufficiente per concludere che un’impresa ha beneficiato di un vantaggio costitutivo di un aiuto di Stato e che siano, pertanto, idonee a corroborare le conclusioni alle quali essa giunge. Nel caso di specie, per contro, la Corte di giustizia ritiene che il Tribunale abbia legittimamente contestato alla Commissione il fatto di aver dedotto dalla propria constatazione, secondo cui il Valencia CF era in difficoltà al momento della concessione della misura, non solo che nessun istituto finanziario avrebbe offerto una garanzia a favore di tale società calcistica, ma anche che era escluso che potesse esistere un prestito simile non garantito. Così facendo, tuttavia, la Commissione non ha dimostrato dinanzi al Tribunale di disporre di elementi di una certa affidabilità e coerenza, che le avrebbero consentito di affermare che esisteva solo un numero limitato di osservazioni di operazioni analoghe sul mercato che non forniva una comparazione significativa con il valore di riferimento del prezzo di mercato di un prestito simile non garantito. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il Tribunale non le ha imposto obblighi di diligenza e un onere della prova eccessivi, ma si è limitato a constatare che essa non aveva soddisfatto le condizioni che si era imposta con l’adozione della Comunicazione sulle garanzie, sottolineando che la Commissione non aveva dimostrato la sua constatazione né fatto uso della facoltà di effettuare, nel corso del procedimento amministrativo, una richiesta specifica presso le autorità spagnole o le parti interessate, onde ottenere la produzione di elementi rilevanti ai fini della valutazione da effettuare. |
Autore |
Prof. Avv. Stefano Bastianon |