Corte d'Appello di Genova, 21 febbraio 2018. "Responsabilità risarcitoria del maneggio e dell’utilizzatore del cavallo per danno cagionato dall’animale"

Titolo

Responsabilità risarcitoria del maneggio e dell’utilizzatore del cavallo per danno cagionato dall’animale.

Indicazione estremi del provvedimento annotato

Corte di Appello di Genova, 21.02.2018

 

Massima

Il proprietario che si sia spogliato di qualsiasi potere di governo sull’animale da cui sia promanato danno a terzi,  e l’abbia trasferito ad altri, va esente da responsabilità.

 Risponde del danno, in concorso con l’utilizzatore effettivo dell’animale, l’associazione che gestisce il maneggio che ha organizzato l’escursione nel corso della quale si è verificato il sinistro.

Keywords

Danno cagionato da animali – responsabilità oggettiva - presunzione di responsabilità – prova liberatoria - ausiliari - padroni e committenti -

Commento

 

Nel corso di una sessione di «endurance» (passeggiata di allenamento che si svolge in aperta campagna, alternando tratti a cavallo ed a piedi), organizzata da un circolo ippico, sotto la supervisione di un’istruttrice, una ragazza, durante un tratto in cui gli atleti procedevano in fila indiana, veniva colpita da un calcio al volto, sferrato dal cavallo che la precedeva.

L’animale da cui era promanato il colpo era condotto, al momento del sinistro, dall’affidataria, cui la proprietaria aveva messo a disposizione il cavallo, da tempo rilevante, in forza di contratto di «mezza fida».

In primo grado, il Tribunale aveva condannato a risarcire il danno sia il Centro Ippico organizzatore della escursione, sia la madre dell’affidataria (minorenne) del cavallo che aveva scalciato, cagionando le lesioni riportate dalla vittima, ed aveva, viceversa, rigettato la domanda proposta nei confronti della proprietaria dell’animale e quella nei confronti dell’istruttrice che aveva accompagnato il gruppo di giovani cavalieri.

La Corte di Appello di Genova ha affrontato molteplici questioni, al fine di individuare quali fossero i soggetti responsabili del danno, ed ha espresso i seguenti principi.

Ha affermato che il «danno cagionato da animali» (art. 2052 cod. civ.) determina una responsabilità oggettiva, che grava sul proprietario,  ovvero su «chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso», ossia sul soggetto che, prescindendo dalla titolarità di qualsivoglia diritto ha, su di esso, un «potere effettivo di governo».

Affinché il proprietario possa andare esente da responsabilità è necessario che abbia trasferito a terzi (id est, a colui che se ne serve), spogliandosene, detti poteri di governo sull’animale; eventuali sue ingerenze determinano la permanenza della responsabilità, trattandosi, comunque, di «uso», sebbene indiretto, dell’animale stesso.

Sotto il profilo oggettivo, la sola prova liberatoria ammessa è data dalla dimostrazione del caso fortuito, ossia di un evento che deve caratterizzarsi come «imprevedibile, inevitabile, assolutamente eccezionale», che intervenga sul piano del nesso di causalità atteso che, in tal caso, l’intervento dell’animale cessa di costituire la causa efficiente del danno, degradando a mero elemento accidentale dell’occorso.

Nella propria decisione i giudici genovesi hanno richiamato quanto sostenuto dalla dottrina, allorché identifica, nella fattispecie, una «presunzione di responsabilità» e non una «presunzione di colpa».

Precisa la Corte che la valutazione della responsabilità non riguarda il comportamento del responsabile, che è sostanzialmente irrilevante, ma opera, come detto, sul piano della causalità «… in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all’elemento esterno, anziché all’animale, che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi».

Nel caso in esame la proprietaria del cavallo è stata assolta dalla domanda essendosi accertato che aveva cessato di utilizzare l’animale da oltre un anno, allorché aveva iniziato una gravidanza, e che lo aveva affidato ad altro soggetto, che lo aveva in uso e lo utilizzava nell’interesse e per finalità proprie, non coincidenti con quelle della prima.

In concorso con l’utilizzatrice del cavallo, è stata, poi, affermata la concorrente responsabilità della associazione che gestiva il maneggio per cui operava l’istruttrice, pur essendo stata quest’ultima ad aver concretamente organizzato la passeggiata, verificando l’abilità dei cavalieri, scegliendo il percorso e formando il gruppo (composto da sette persone di cui cinque minorenni) ed aver, poi, accompagnato gli atleti ed i cavalli nella prova di endurance.

L’associazione, difatti, è stata individuata quale soggetto beneficiario dell’attività in discorso, organizzata per soddisfare un proprio interesse economico.

In applicazione degli articoli 1228 e 2049 cod. civ. (rubricati, rispettivamente, «Responsabilità per fatto degli ausiliari» e «Responsabilità dei padroni e dei committenti»), ed in ossequio al brocardo «cuiuscommoda eius et incommoda», la Corte ha ricondotto l’operato dell’accompagnatrice alla responsabilità dell’associazione.

Afferma il Collegio che «il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, ancorché non siano alle sue dipendenze. La responsabilità per fatto dell'ausiliario (e del preposto) prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato o contrattuale, irrilevante essendo la natura del rapporto tra i medesimi intercorrente ai fini considerati, fondamentale rilievo al riguardo viceversa assumendo la circostanza che dell'opera del terzo il debitore comunque si sia avvalso nell'attuazione della propria obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore».

In altri termini, viene precisato, l'appropriazione dell'attività altrui per l'adempimento della propria obbligazione comporta l'assunzione del rischio per i danni che ne derivino al creditore.

Esclusa la sussistenza del caso fortuito ed, anzi, affermata la prevedibilità del possibile incidente, tanto che l’istruttrice aveva più volte ripetuto ai ragazzi impegnati nella attività di mantenere debita distanza tra un cavallo dell’altro; esclusa, altresì, l’operatività di una clausola del proprio regolamento, valorizzata dall’associazione sportiva, in forza della quale essa non sarebbe stata responsabile per i danni che fossero stati prodotti dai cavalli stessi, ritenuta inapplicabile non solo perché non sottoscritta dall’attrice, ma anche, e comunque,  in quanto avrebbe costituito violazione delle disposizioni di legge in materia di responsabilità extra contrattuale, applicabili alla fattispecie, la Corte di Appello di Genova ha confermato la condanna dell’utilizzatrice del cavallo (recte, della madre dell’amazzone che la stava conducendo) e dell’associazione organizzatrice.

La sentenza, poi, si è soffermata su ulteriori questioni relative, le une, alla quantificazione del danno (operando precisazioni in punto di determinazione e quantificazione di interessi e rivalutazione), le altre, in tema di operatività della polizza assicurativa invocata a carico della Compagnia garante l’associazione ippica, e di riparto delle spese di lite.

Precedenti conformi (se esistenti)

Per un precedente di legittimità: Cass. civ. Sez., III Sent., 09/03/2010, n. 5664.

Sulla responsabilità del proprietario dell’animale: Cass. civ., Sez. III, 28/04/2010, n. 10189; Tribunale Catania, 14/02/2012; Tribunale Modena, Sez. I, 12/01/2012.

Sulla responsabilità del gestore del maneggio (circa i presupposti per l’applicazione dell’art. 2050 ovvero dell’art. 2052 cod. civ.): Cass. civ., Sez. III, Sent., 27/11/2015, n. 24211; Trib. Trento, 04/06/2015.

Autore

Andrea Caranci, Avvocato in Roma

 

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