La Corte di Giusitizia sulla nozione di “Sport”: applicazione della direttiva concernente il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.
Titolo |
La Corte di Giusitizia sulla nozione di “Sport”: applicazione della direttiva concernente il sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. |
Indicazione estremi del provvedimento annotato |
Corte di Giustizia Unione Europea, Sez. IV, 26 ottobre 2017, in causa C-90/16, The Bridge Union Limited c. Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs - K. Lenaerts (Presidente) T. von Danwitz (Relatore). |
Massima |
L’art. 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva 2006/112/CE deve essere interpretato nel senso che un’attività, come il bridge duplicato, caratterizzata da una componente fisica che appare irrilevante non rientra nella nozione di “sport”, ai sensi di tale disposizione. |
Keywords |
Sport – bridge – IVA - attività fisica - attività mentale - servizi culturali. |
Commento |
La Corte è stata chiamata ad interpretare l’art. 132, paragrafo 1, lett. m), direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (di seguito, “Direttiva”), in relazione alla nozione di “sport”, ai fini dell’applicazione della disposizione in parola, con cui l’ordinamento europeo accorda l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto a favore di alcune attività di interesse pubblico. Tra queste attività, figurano appunto, alla lettera m), la “pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica”. Nel caso affrontato dalla Corte, The Bridge Union Unlimited (EBU), organismo nazionale senza scopo di lucro incaricato della regolamentazione e dello sviluppo del bridge duplicato in Inghilterra, assolveva l’IVA sulle quote di iscrizione, versate dai propri membri per la partecipazione ai tornei di bridge duplicato organizzati dalla EBU stessa. Quest’ultima, ritenendo che si trattasse di quote soggette ad esenzione IVA ex art. 132, paragrafo 1, lett. m) della Direttiva, chiedeva il rimborso dell’imposta all’amministrazione tributaria, vedendosi in seguito respingere tale richiesta. Di conseguenza, la EBU proponeva ricorso dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber), cioè il tribunale di primo grado (sezione tributaria) del Regno Unito, il quale, confermando il rigetto della domanda di esenzione, autorizzava la stessa EBU a ricorrere in appello. Dunque, la Union Bridge sosteneva, dinanzi all’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) del Regno Unito, cioè il tribunale superiore (sezione tributaria, del pubblico registro e della cancelleria), che il termine “sport”, di cui alla disposizione normativa in parola, non deve necessariamente essere connotato da una rilevante componente di attività fisica, dal momento che la finalità perseguita da tale disposizione è quella di favorire le attività che arrecano beneficio alla salute fisica e che l’attività mentale è importante quanto quella fisica. In sostanza, l’EBU sosteneva che il bridge duplicato potesse qualificarsi come “sport”, ai fini dell’esenzione IVA sulle quote di iscrizione ai tornei dei propri giocatori, in virtù di una estensione concettuale di “sport”, la quale ammetteva dunque anche attività che arrecano beneficio alla salute mentale. Tale estensione, come specificato dalla stessa EBU, è configurabile grazie alla finalità che la norma sull’esenzione qui considerata persegue, cioè la valorizzazione di quelle attività che non prevedano una rilevante componente fisica, ben potendosi considerare anche quelle che “arrecano beneficio mentale”. Alla luce di tali considerazioni, il bridge duplicato sarebbe un’attività caratterizzata da una componente mentale rilevante che si pratica in competizione; esso, dunque, costituirebbe uno “sport” al fine di esenzione dell’IVA ex art. 132, par. 1, lett. m) della Direttiva. L’amministrazione tributaria, al contrario, sosteneva che detta norma, in base al suo dato letterale, esenta dall’IVA solo talune prestazioni di servizi “strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica”, risultando perciò escluse quelle attività che non prevedano una rilevante componente fisica; la stessa amministrazione precisava, inoltre, che essendo le disposizioni di cui alla Direttiva di carattere eccezionale, sarebbe opportuno adottare un’interpretazione restrittiva delle esenzioni. L’Upper Tribunal, dunque, formulava due questioni pregiudiziali. Con la prima, esso chiedeva alla Corte di Giustizia quali caratteristiche essenziali debba presentare un’attività per poter essere qualificata come “sport” ai fini dell’esenzione, cioè se tale attività debba avere una rilevante componente fisica, oppure se sia sufficiente anche solo una componente mentale. Con la seconda, si chiedeva alla Corte se il bridge duplicato potesse essere qualificato come “sport” ai sensi dell’art. 132, par. 1, lett. m) della Direttiva. Tali questioni sono esaminate dalla Corte congiuntamente. In merito alla nozione di “sport”, la Corte ha ritenuto che essa è da rintracciare nel linguaggio corrente, ove tale termine indica generalmente un’attività caratterizzata da una componente fisica non irrilevante. Sulla portata applicativa delle disposizioni di cui alla Direttiva, trattandosi di esenzioni e, dunque, di deroghe al principio secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo, debbono essere interpretate restrittivamente, come precedentemente sostenuto dall’amministrazione tributaria del Regno Unito. Di conseguenza, le esenzioni ivi previste avrebbero carattere tassativo, poiché esse non riguarderebbero tutte le attività di interesse pubblico, ma solo quelle che sono elencate e descritte da tali disposizioni. Il termine “sport”, contenuto nella lettera m), deve quindi essere interpretato in base al suo significato che assume nel linguaggio corrente, ovvero come attività che presenta una componente fisica non irrilevante. È logica conseguenza che il bridge duplicato non rientra, come attività, nella nozione di “sport” ai fini dell’esenzione IVA. Non è sufficiente, infatti, a tali fini, che un’attività favorisca beneficio fisico e mentale, neanche nel caso in cui la stessa si pratichi in competizione o a livello professionale, poiché è comunque assente, nel caso in esame, la non irrilevante componente fisica. Infine, come già accennato, le disposizioni in materia di esenzione IVA devono essere interpretate in senso restrittivo, non trovando dunque applicazione estensiva a tutti quei casi non espressamente menzionati e cioè, nel caso in esame, a tutte quelle attività che non possono rientrare nella nozione di “sport”. Ciò non toglie, tuttavia, che l’esenzione IVA, in questo caso, possa trovare applicazione ai sensi del’art. 132, par. 1, lett. n) della Direttiva in base cioè alla nozione di “servizi culturali”. A tale fine, però, occorre tener conto della pratica del bridge duplicato, della sua storia e delle tradizioni a cui appartiene; in sostanza, tale gioco deve assumere una determinata posizione nel patrimonio sociale e culturale del Paese ove questo è praticato. In conclusione, la Corte di Giustizia, rispondendo alle questioni pregiudiziali sollevate, ha affermato che, ai fini dell’applicazione della deroga di cui all’art. 132, paragrafo 1, lett. m) della Direttiva, per “sport” deve intendersi un’attività caratterizzata da una componente non irrilevante, senza poter estendere detto termine a quelle altre attività che, per un aspetto o per un altro, possano essere associate a tale nozione. |
Autore |
Andrea Sircana – Dottore in Giurisprudenza Enrico Spagnolello – Dottore in Giurisprudenza |