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Cassazione Civile, sezione V, 28 marzo 2017, n. 33275. “L’area d’azione del rischio consentito nello svolgimento di un’attività sportiva”

Titolo

“L’area d’azione del rischio consentito nello svolgimento di un’attività sportiva”

Indicazione estremi del provvedimento annotato

Cassazione Civile, sez. V, 28 marzo 2017, n. 33275 - Dott. Lapalorcia (Presidente); Dott. Riccardi (rel. Consigliere) 

 

Massima

In tema di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva, non sussistono i presupposti di applicabilità della causa di giustificazione del consenso dell'avente diritto con riferimento al cosiddetto rischio consentito (art. 50 cod. pen.), né ricorrono quelli di una causa di giustificazione non codificata ma immanente nell'ordinamento, in considerazione dell'interesse primario che l'ordinamento statuale riconnette alla pratica dello sport, nell'ipotesi in cui, durante una partita di calcio ma a gioco fermo, un calciatore colpisca l'avversario.

Keywords

Attività sportiva – Consenso dell’avente diritto -Rischio consentito -

Commento

L’infortunio occorso ad un giocatore di calcio, atterrato dall’avversario nell’ambito di un contrasto e poi, a gioco fermo, deliberatamente colpito dallo stesso al costato con una violenta ginocchiata, offre alla Suprema Corte l’occasione per ribadire i principi di diritto relativi ai limiti del c.d. “rischio consentito” nello svolgimento di un’attività sportiva.  

Presupposto imprescindibile della non punibilità della condotta riferibile alle attività agonistiche è il rispetto delle norme che regolamentano le singole discipline. Gli atleti, infatti, non possono essere esposti ad un rischio superiore a quello consentito dalla specifica pratica agonistica ed accettato dal partecipante medio.

La condotta lesiva, pertanto, per essere esente da sanzione penale deve essere finalisticamente inserita nel contesto dell'attività sportiva senza travalicarne i doveri di lealtà.

A tal riguardo, in motivazione, la Corte di legittimità precisa che la violazione delle regole tecniche del gioco praticato va valutata, in concreto, con riferimento all’elemento psicologico dell’agente, il cui comportamento può essere - pur nel travalicamento di quelle regole - colposo ossia involontaria evoluzione dell’azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario consapevole e dolosa intenzione di ledere l’avversario, approfittando delle circostanze del gioco.

Se il contesto sportivo, invece, come nel caso di specie, rappresenta soltanto l'occasione dell'azione violenta ricorre l'ipotesi di lesioni volontarie punibili.

Precedenti conformi (se esistenti)

Cassazione Penale, sez. V, 13/3/2017, n. 11991; Cassazione penale sez. IV, 26/11/2015, n.9559; Cassazione penale, sez. V, 21/09/2005, n. 45210; Cassazione penale, sez. V, 20/01/2005, n. 19473; Cassazione penale, sez. V, 02/06/2000, n. 8910

Essenziali riferimenti bibliografici (ove ritenuti necessari)

S. Raffaele, “Tipicità e giustificazione di lesioni personali in ambito sportivo”, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, IV, 2006, 1592; Sulla differenza tra l'illecito sportivo ed il reato di lesioni personali, si veda in Giust. pen., 1993, II, c. 279, con nota di Vidiri, “Illecito penale e lesioni cagionate in competizioni sportive”;

Autore

Dott.sse Giulia Funghi e Chiara Iovino