I tecnici azzurri riuniti a Roma per il seminario 'La Donna Atleta'. Pastore: “Argomento sentito, il CONI crede in iniziative come questa"
Un incontro denso di significati e di interessanti argomentazioni su dinamiche che lo sport propone dentro e fuori dal campo. Nell’Aula Magna del Centro di Preparazione Olimpica ‘Giulio Onesti’, a Roma, si è tenuto “La Donna Atleta”, seminario organizzato dall’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI e rivolto a direttori tecnici, tecnici, medici e staff federali. E importante è stata la risposta delle varie Federazioni rappresentate oggi in Aula, a cui l'IMSS metterà a disposizione tutti i contributi degli esperti intervenuti.
A fare gli 'onori di casa' Giampiero Pastore, medagliato olimpico della sciabola ad Atene 2004 e Pechino 2008 e Responsabile dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport CONI, che ha portato i saluti del Segretario Generale del CONI Carlo Mornati - impegnato a Milano con il CdA della Fondazione Milano-Cortina 2026 - e ha introdotto l’evento: “Crediamo molto in iniziative come questa, è un seminario fuori dagli schemi rispetto ai precedenti. Trattiamo un argomento molto sentito da tutti, tanto che Parigi 2024 sarà la prima Olimpiade estiva con parità di genere e il trend è in crescita anche ai Giochi invernali”.
Poi Giuseppe Vercelli, Consulente dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport CONI: “La donna atleta ha obiettivi molto più misurabili rispetto ad una che non fa sport. Rispetto all’atleta uomo, inoltre, dà maggiore rilevanza alla coesione sociale, maggiore apertura a diversi stili di leadership, maggiore frequenza alle conversazioni su temi personali con gli allenatori ed attua una comunicazione basata maggiormente su accettazione e self-disclosure. La comunicazione è fondamentale, ma non dobbiamo mai dimenticare che, fatta male, può causare danni”.
È stato invece il preparatore fisico Andrea Cardone, anch’egli Consulente dell’Istituto, ad affrontare il tema delle differenze di genere nello stile di conduzione dell’allenamento: “Il talento è una dote multifattoriale naturalmente posseduta, ma va alimentata nel tempo. Bisogna allenare l’apprendimento oltre alla prestazione. L’obiettivo è rendere l’abilità operativa e pratica in allenamento e in gara. Credo in un approccio dinamico che tenga conto che l’espressione delle abilità si incontra solo nell’intuizione dell’atleta. I quattro pilastri dell’apprendimento, importantissimi per il genere femminile, sono attenzione, coinvolgimento attivo, ritorno sull’errore e consolidamento. Le caratteristiche della prestazione che indicano l’apprendimento sono costanza, persistenza, miglioramento e adattabilità. L’allenatore deve dare sostegno ma lasciare anche autonomia all’atleta. L’uomo vuole sentirsi partecipe, la donna riconosciuta e unica”.
A seguire l'intervento di Valentina Turisini, argento del tiro a segno ad Atene 2004 e membro della Commissione Nazionale Tecnici, che ha affermato: “Le donne fanno più fatica ad essere percepite come competenti. Penso che sia importante lavorare con le persone, indipendentemente dal sesso di appartenenza. Un essere umano non ti darà mai credito se non si sente visto e considerato da te. Gli ambienti misti, soprattutto quando parliamo di sport di squadra, sono i più equilibrati”.
Enrico Maria Sbardella, ha portato la sua esperienza in qualità di Coordinatore delle Nazionali giovanili femminili della Federcalcio: “Cerchiamo sempre di adattare le situazioni tattiche tenendo conto delle caratteristiche delle calciatrici. Fuori dal campo le donne sono più interessate all’errore, richiedono maggiore specificità dell’informazione. I passaggi chiave e le palle conquistate nella metà campo avversaria sono i due principali fattori che analizziamo”.
Dopodiché l’intervento di Daniele Molmenti, olimpionico a Londra 2012 e attuale Direttore Tecnico Canoa Slalom Federazione Italiana Canoa Kayak: “Lavorare sulle differenze vuol dire spingere sui punti di forza della donna atleta rispetto all’uomo. Bisogna concentrarsi sulle caratteristiche naturali, ad esempio l’eleganza nella canoa. Ritmo ed energia applicata portano la donna a performare come richiesto nella nostra disciplina”.
“Il livello e l’internazionalità di una competizione influiscono sull’aspetto gestionale del gruppo – ha spiegato invece Marco Mencarelli, Direttore Tecnico delle Squadre Nazionali giovanili femminili e dei progetti Club Italia della Federvolley –. La pallavolo femminile è cambiata tantissimo nella genesi delle opportunità di competizione e nella qualificazione di queste opportunità. Oggi abbiamo un numero importante di atlete di livello per ogni generazione. Noto differenze di genere nella gestione immediata della sconfitta: anche su questo è importante lavorare”.
Il Direttore Tecnico della Federazione Italiana Canottaggio Franco Cattaneo ha raccontato i grandi sviluppi della sua Nazionale: "Una decina di anni fa è cambiato il canottaggio femminile. Mettemmo un intero staff a disposizione delle donne. Fu un fortissimo cambiamento culturale. Dal punto di vista metodologico modificammo l’approccio femminile alla preparazione fisica e alla pesistica. Oggi, anche in palestra, le donne si allenano con la stessa intensità degli uomini, chiaramente con programmi diversi. Questo migliora anche la loro autostima, a giovarne è tutto l’ambiente. In più abbiamo lavorato per aumentare la competizione in acqua tra le azzurre in allenamento, perché per migliorare bisogna ‘menarsi’ tutti i giorni, evitando di risparmiarsi come forma di rispetto per le più esperte".
Nel pomeriggio Alberto Di Mario, Consulente dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport CONI, ha introdotto il tema dell’allenamento della donna atleta per poi lasciare spazio alle riflessioni di professionisti che hanno trattato l’argomento da differenti prospettive.
Per primo Antonio Gianfelici, Medico dello Sport e Consulente dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport CONI: “Se esiste una medicina di genere, non vedo perché non parlare oggi di allenamento di genere. C’è sempre stata l’individuazione di fasi sensibili differenti nella crescita di una donna rispetto a quella di un uomo. Inoltre non si può non considerare l’incidenza, anche emozionale, del ciclo mestruale. In ogni caso, bisogna ragionare sull’allenamento atletacentrico, perché ogni essere umano è diverso dall’altro indipendentemente dal sesso di appartenenza”.
Poi Paolo Sangalli, Direttore Tecnico della Squadra Nazionale femminile su strada della Federciclismo, che analizzando il fatto che “nel ciclismo c’è parità di genere in tanti aspetti” ha fatto il punto sul percorso di qualificazione a Parigi 2024 degli azzurri.
Particolarmente coinvolgente il discorso di Antonio La Torre, Direttore Tecnico della Federazione Italiana di Atletica Leggera: “Delle donne sappiamo molto poco. Spero che nel prossimo quadriennio olimpico saranno organizzati corsi di allenamento riservati solo alle donne, altrimenti saranno sempre e solo gli uomini a parlare di donne. C’è un problema di linguaggio che trascuriamo sempre. In Italia abbiamo tanto da esplorare nel versante femminile, considerando che grandi potenze come gli Stati Uniti investono da anni in questo settore. Il mondo dello sport sta cercando di fare passi avanti, talvolta forzando la tradizione di Paesi in cui alle donne è vietato persino fare sport. Ci sono studi che dimostrano che la scienza sappia poco o nulla della donna. La donna è duttile, per esempio a livello di fibre: perché una nuotatrice può essere competitiva sia sui 100 sia sugli 800 metri, mentre i nuotatori no? Nell’ambito della metodologia dell’allenamento abbiamo bisogno di studiare tanto il mondo femminile”.
Hanno chiuso il seminario i contributi del professor Andrea Ferretti, Direttore Sanitario dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport CONI e della dottoressa Maria Rosaria Squeo, Responsabile Sanitario dell’Area Olimpica dell’Istituto. “Uomini e donne sono atleti differenti per motivi anatomici, biomeccanici, neuromuscolari, cartilaginei, legati alla densità ossea, talvolta chirurgici o legati a ciclo mestruale e ormoni - ha spiegato Ferretti -. I medici, così come i tecnici, devono avere grande conoscenza delle nozioni scientifiche. Ma quando dobbiamo risolvere un problema dobbiamo tirar fuori qualcosa di diverso, al di là del sesso. Non so se la medicina sia una scienza o un’arte. Per me è un’arte basata su rigide conoscenze scientifiche. Credo che anche l’allenatore sia un artista: quando riesce a fare emergere il meglio di un atleta, fa un’opera d’arte”.
“La donna è un organismo complesso e in gravidanza lo diventa ancora di più, subendo maggiori cambiamenti repentini - ha evidenziato invece Squeo -. In questo periodo l’attività fisica può fare solo bene e riduce i rischi ai quali la donna incinta può andare incontro, se nel frattempo l’approccio nutrizionale è corretto. Il nostro Progetto Atlete in Maternità nasce proprio dall’assenza di linee guida per atlete di alto livello”.
(agc)