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VESTRINI Roberto

Livorno 30.01.1908 / 12.03.1967

1932. Canottaggio. MEDAGLIA D’ARGENTO otto con

Appartenente ad una famiglia della buona borghesia labronica, con quattro fratelli tutti maschi. Il padre Gino è niente meno che il Sindaco di Livorno, sin dai primi anni Venti: i Vestrini hanno vasti interessi commerciali, in particolare nell’attività edilizia e nel rifacimento di porti e dighe foranee, ma sviluppano anche una certa attività agraria presso una grande tenuta situata a Rosignano che diventa il nucleo centrale della famiglia. Detto familiarmente Lolli, Roberto entra nell’UC Canottieri Livorno a metà degli anni Venti, sulla scia dei fratelli maggiori Pier Luigi e Renzo che già hanno vinto titoli nazionali. Proprio con loro entra sul “4con” ed il 17 luglio 1927 vincono a Livorno, assieme ad Achiaro ed il timoniere Milani. Lo stesso giorno Roberto si cimenta anche nel singolo dove è battuto dal romano Tuzi. Poi Roberto viene accoppiato ad Ughi nel “doppio” e l’inizio è promettente: il 29 aprile 1928 vincono la prima preolimpica, disputata nel Canale de’ Navicelli, tra Pisa e Livorno. Ma i tecnici livornesi spostano Vestrini nell’otto i cui canottieri sono bonariamente etichettati come “scarronzoni”. Guadagnano questo soprannome nella loro prima vittoria di buon livello, il titolo toscano di “yole a otto”, ottenuto nel giugno 1928 sul Lago di Massaciuccoli. Il vocabolo deriva dal vernacolo livornese, dal verbo “scarrocciare” ovvero deviare dalla rotta, riferito soprattutto alle barche a vela, soggette ai colpi di vento. Gli scarronzoni canottieri scarrocciano non a causa del vento, ma per la loro tecnica, piuttosto approssimativa e grezza, costruita solo sulla forza, una voga d’impeto quasi bestiale, fin troppo vigorosa ma evidentemente redditizia. Vestrini è un po’ il “cucciolo” della compagnia ed anche l’unico a non essere un risiatore ovvero uno scaricatore di porto[1]. Questi uomini così temprati alla voga, passati sull’otto outrigger (fuori scalmo), mietono vittorie a raffica. Vestrini coglie il suo primo alloro il 28 luglio a Pallanza, nei tricolori dell’otto. I livornesi, dopo una gara vibrante ed incerta, superano due armi in cui pullulano gli olimpionici come gli istriani della “Pullino” ed i piacentini della “Vittorino”. Il giorno seguente altro successo nell’otto juniores. Ciò garantisce, il 17 e 18 agosto, la partecipazione agli Europei di Bydgoszcz, in Polonia dove gli scarronzoni guadagnano un fenomenale oro dopo un bel duello con i padroni di casa, deciso per due secondi di margine. I nove si rivedono il 16 giugno 1930 sulla Senna a Parigi ed è ancora spettacolo: vincono difatti la regata del triangolare Francia-Italia-Belgio che gli azzurri si aggiudicano nettamente. Stesso risultato ai tricolori di Salò del 26 e 27 luglio quando gli scarronzoni, dopo un bel duello coi napoletani di “Giovinezza”, colgono il campionato italiano.

Ciò consente la partecipazione ai Campionati Europei di Liegi dove, per sfortuna dei labronici, sono invitati anche gli Stati Uniti che il 18 agosto costringono gli scarronzoni alla medaglia d’argento, risultato comunque di notevole spessore tecnico: sono pur sempre i primi del continente. Per vari motivi, anche universitari, Vestrini salta completamente la stagione 1931 dove i suoi compagni dell’otto si aggiudicano il titolo italiano. Rientra a bordo giusto in tempo per i tricolori del 1932, disputati il 26 giugno a Stresa e validi come ultima preolimpica. Gli scarronzoni superano i piacentini della “Vittorino” per nove secondi, garantendosi il viaggio a Los Angeles dove oltre tutto rappresentano un’importante carta da giocare. Così Vestrini potrà fregiarsi del titolo di olimpionico quattro anni dopo i fratelli. È tempo dunque di pensare al viaggio in America. Dapprima, il 1° luglio, tutti gli azzurri sono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. L’11 luglio arrivano a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles. Qui iniziano gli allenamenti di rifinitura e nel clan azzurro non manca la fiducia. Le gare olimpiche di canottaggio si svolgono a Long Beach, nel “Marine Stadium”, un canale artificiale in prossimità di un porticciolo, nei pressi di Belmont Shore. Alla prova dell’otto partecipano solo 8 nazioni e le possibilità di medaglia per i nostri sembrano consistenti. Soprattutto dopo la semifinale del 10 agosto, letteralmente volata e dominata dai nostri, vittoriosi con sei secondi di margine sulla Gran Bretagna che precede a sua volta Giappone e Brasile. Tre giorni dopo, è finale a quattro e gli scarronzoni volano nuovamente, ma stavolta trovano avversari tostissimi negli USA che viaggiano “punta a punta” con loro. Il duello è entusiasmante, da cardiopalmo, e si risolve solo negli ultimi metri, con gli americani ad avere il guizzo vincente in vista del traguardo: passano primi ed il fotofinish dà loro ragione. Ai nostri tocca l’argento, al termine comunque di una prova superlativa. Peccato perdere per così poco, ma questa è la dura legge dello sport. Bronzo al Canada, di misura davanti alla Gran Bretagna. Gara bellissima. Dopo i Giochi, Vestrini non ottiene più vittorie di rilievo: laureato in Chimica, viene assunto alla Solvay di Rosignano.

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I nove “scarronzoni” del 1936. Tra loro anche Vestrini, al centro ed evidenziato dal rettangolo

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Berlino 1936. Gli “scarronzoni” al completo: Vestrini, evidenziato dal tondo, è il secondo da sinistra


[1] Per la precisione il risiatore si trova a bordo degli equipaggi di gozzi a dieci remi che a Livorno quando il mare è mosso ed impedisce alle navi di entrare in porto, rimorchiano l’imbarcazione fino al molo, trascinandola con la sola forza delle braccia. Da qui deriva la loro vogata caratteristica, e la loro forza