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VATTOVAZ Bruno

Capodistria 20.02.1912 / 05.10.1943

1932. Canottaggio. MEDAGLIA D’ARGENTO Quattro con

vattovaz grandeNato[1]  in territorio allora appartenente all’Impero Austro-Ungarico, poi passato all’Italia a seguito della Prima Guerra Mondiale. Gli istriani dopo il conflitto sono italiani a tutti gli effetti. Sin da adolescente entra nella “Libertas” cittadina, vogando in vari equipaggi. Alla fine trova la sua giusta collocazione nel “4con”, sostituendo Marzari. Il suo primo risultato importante è il secondo posto ottenuto il 20 dicembre 1931 nella preolimpica di Venezia, disputata su 1500m in un canale della zona Bottenighi di Marghera: con lui Divora, Parovel, Plazzer ed il timoniere Scher. Gli istriani vengono battuti per 5” dai padroni di casa della “Querini”. Però non tutto è perduto ed un pensierino ai Giochi è lecito farlo: dunque sotto con gli allenamenti. L’ultima e decisiva preolimpica si disputa il 26 giugno 1932 a Stresa. I portacolori della “Libertas” si trovano a dover lottare con i conterranei olimpionici della “Pullino” e la sfida è incerta ed emozionante, a fasi alterne. Gli ultimi 500 metri però sono tutti per la “Libertas” che costringe alla resa gli avversari proprio in vista del traguardo. Dunque, non senza sorpresa, a Los Angeles va il team di Capodistria: i selezionatori, il presidente federale Sambuy ed il segretario Rossi, non possono che avallare il risultato del campo di regata. Poi è tempo di pensare al viaggio in America. Il 1° luglio gli azzurri vengono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. L’11 luglio arrivano a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles. Qui iniziano gli allenamenti di rifinitura e nel clan azzurro aumenta la fiducia. Le gare olimpiche di canottaggio si svolgono a Long Beach, nel “Marine Stadium”, un canale artificiale in prossimità di un porticciolo, nei pressi di Belmont Shore. Alla prova del “4 con” partecipano solo 7 nazioni e le possibilità di medaglia per i nostri sembrano consistenti. Soprattutto dopo la semifinale del 10 agosto, vinta con disinvoltura, con tre secondi di margine sulla Germania che precede Nuova Zelanda e Brasile. Tra l’altro gli istriani realizzano il miglior tempo in assoluto e le speranze di un bel risultato aumentano a dismisura. Tre giorni dopo è finale, ma stavolta la Germania rende molto più duro il confronto e lotta “punta a punta” con gli azzurri. Il finale è al cardiopalmo, ma i tedeschi hanno qualcosa in più e prevalgono al fotofinish, per appena due decimi.

Il bronzo va alla Polonia che supera la Nuova Zelanda. Ai nostri rimane l’amaro in bocca, ma anche un bell’argento ed una prova comunque maiuscola. Peccato perdere proprio per un’inezia, ma questa è la dura legge dello sport. Non è facile smaltire la sbornia olimpica, tra viaggio di ritorno, feste e premiazioni (Duce e Principe Umberto compresi): passano quasi due mesi con allenamenti saltuari. Tuttavia, un po’ incautamente, il 25 settembre la “Libertas” accetta la sfida della “Pullino” e tutta Trieste è sulla riva dell’Adriatico per assistere al grande duello. L’attesa di stampa e tifosi va delusa. La “Libertas” non ingrana sin dalla partenza, perde terreno, voga quasi controvoglia ed in maniera poco limpida: addirittura abbandona tra la delusione generale, incrinando il suo fresco prestigio. Sconfitta legata solo allo “stress olimpico”, con tanto di appagamento da medaglia. I cinque si rivedono solo il 18 giugno 1933 nella rivincita con i campioni olimpici tedeschi, disputata nelle acque del Langensee a Berlino: un’altra gara vibrante, con la “Libertas” che cede solo negli ultimi 200 metri. Il 2 luglio grande attesa a Trieste per i campionati giuliani: la “Libertas” supera la “Pullino”, vendicando la sconfitta dell’anno precedente. Le due compagini si ritrovano il 30 luglio ai tricolori di Napoli e stavolta vince la “Pullino”, con 3” di margine. Piazza d’onore anche nel “Campionato Adriatico” a Trieste il 3 settembre, ma stavolta alle spalle della “Timavo” di Monfalcone. Il ciclo della “Libertas” è finito e ciò viene sancito dai tricolori di Castel Gandolfo dove chiudono al terzo posto mentre gli eterni rivali della “Pullino” colgono una sontuosa vittoria. La sconfitta lascia il segno: Vattovaz tenta la strada del “due con”, con Divora ed il timoniere Scher. Ottengono una bella vittoria a Trieste, nelle acque di Barcola, il 26 agosto. Mantiene comunque il suo posto nel “4 con” dove, assieme a Parovel ed il timoniere Scherl, arrivano Marsi e Pobega: il 6 agosto 1935 chiudono secondi i tricolori di Lecco, bruciati dagli eterni rivali della “Pullino”. L’8 settembre vincono il “Campionato dell’Adriatico” a Trieste, ma la “Pullino” non c’è. Quindi Vattovaz si trasferisce a Roma, ingaggiato dall’Aniene che, sotto la guida di Ghiardello, sta allestendo un “otto” per puntare ai Giochi. Vattovaz viene appunto inserito in questo armo, ma nella preolimpica di Pallanza, il 19 luglio, i capitolini sono preceduti dai livornesi, per tre secondi, ed il sogno olimpico sfuma. Vistosi chiuso nell’otto, passa al “4 con” e ne ha ben donde: con Parovel, Marsi, Pobega ed il timoniere Girolimini guadagna il tricolore, il 20 settembre all’Idroscalo di Milano. Nel 1936 cerca inutilmente la convocazione ai Giochi: la parabola della sua carriera ormai ha virato verso il basso. Difatti non ottiene più vittorie importanti.


[1] Nell’epoca fascista, quando si italianizzavano i termini stranieri, era noto col cognome VATTOVANI