TRELEANI Silvio
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Sibenik 1907 / deceduto
1932. Vela. 8° “dinghy”
Nato a Sibenik (Sebenico), nell’Imperio Austro-Ungarico, ma trasferitosi bambino con i genitori a Zara, per la precisione nel sobborgo di Barcagno. Gli sconvolgimenti geopolitici susseguenti alla Prima Guerra Mondiale portano Zara a far parte del territorio italiano di cui dunque i Treleani diventano cittadini a tutti gli effetti. Treleani-padre è un progettista e costruttore di imbarcazioni, in particolare della serie “Eolo”: da lui Silvio apprende i primi rudimenti di marineria, assieme al fratello Gino, appassionandosi dunque presto alla vela. Mentre studia ingegneria a Padova, si fa notare più volte nelle regate dell’Alto Adriatico: nell’agosto del 1931, favorito dal fatto che le prove si svolgono nella sua Zara, vince il primo titolo tricolore mai assegnato nei dinghies, i 12 piedi S.I[1], a bordo dei quali è presente una sola persona: la sua imbarcazione, in onore al padre, si chiama “Eoletto”. Si conferma l’anno seguente nelle preolimpiche di Napoli, disputate tra il 17 e 19 giugno 1932 nelle acque antistanti Via Caracciolo: nelle cinque regate coglie una vittoria e quattro secondi posti, dominando la classifica finale davanti al quotato genovese Max Oberti, già olimpionico nel 1928. Dunque Treleani si guadagna il viaggio a Los Angeles dove le difficoltà organizzative e le spese di trasferta impediscono ad altri velisti di essere presenti. Treleani dunque è l’unico dei nostri a gareggiare[2]. Si va dunque in America. Dapprima, il 1° luglio, tutti gli azzurri sono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. L’11 luglio arrivano a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a destinazione nella metropoli californiana.
Le gare olimpiche di vela si svolgono nel Pacifico, nelle acque antistanti il porto di Los Angeles, davanti alla località di San Pedro. Nella classe “dinghy”, ribattezzata “snowbird”, partecipano 11 equipaggi di altrettante nazioni. Le imbarcazioni sono fornite dall’organizzazione e vengono “girate” tra i concorrenti ogni giorno cosicchè sono necessarie undici regate per consentire a tutti di gareggiare con ciascuna barca. La classifica come di consueto è a punti, a scalare, e vince chi ne fa di più. La prima regata si svolge il 5 agosto: vince il britannico Ratsey e Treleani chiude buon quarto. Ottimo inizio, che fa sperare in una possibile medaglia. Ma nei giorni seguenti l’azzurro non si ripete: già il 6 agosto chiude solo nono (vince l’olandese Maas), quindi chiude 11° e due volte decimo. Nell’ordine rivince Ratsey, quindi primeggiano il canadese Dixon ed il francese Lebrun. Treleani veleggia nella seconda metà di classifica: il 9 agosto termina 8° mentre rivince Dixon. Negli ultimi giorni l’azzurro si riscatta con qualche bel piazzamento: 5° il 10 agosto (a segno Lebrun), ottimo secondo il giorno seguente alle spalle dello spagnolo Amat. L’11 agosto, poche ore dopo, si tiene un’altra gara: vince Dixon e Treleani termina quinto. Due regate anche il 12 agosto, ultimo giorno di gara: nella prima prova vince lo statunitense Lyon con Treleani quinto. L’azzurro però chiude alla grande, vincendo l’ultimissima regata. Ormai però è tardi: il suo totale, 62 punti, lo colloca soltanto all’ottavo posto della generale. L’oro va al francese Lebrun che per soli due punti brucia nel finale l’olandese Maas mentre il bronzo va all’iberico Amat (76 punti). Treleani ha mostrato troppa discontinuità, trovando ottimi risultati soltanto alla fine. La sua prestazione è al limite della sufficienza. Dopo i Giochi, smaltita la sbornia olimpica tra feste e premiazioni varie (Duce e principe Umberto compresi), Treleani si rivede solo nell’estate del 1933. Alla fine di luglio, a Trieste, si aggiudica nuovamente il tricolore dei “dinghies”, i 12 piedi: vince due prove su tre e nella terza chiude secondo dietro al grande rivale, il napoletano Postiglione, superato anche nella gara riservata agli Universitari. Nel 1934 Treleani primeggia nel “Campionato dell’Adriatico” e nel “Campionato Zonale”, ma nei tricolori di Rapallo, a metà agosto, è seccamente sconfitto: chiude difatti quarto, preceduto da Postiglione, Marchiano e Rizzetto. Poi non ottiene più vittorie eclatanti, emigrando quindi in Argentina.
[1] Questa sigla sta per Stazza Internazionale
[2] In realtà a Los Angeles è presente anche Max Oberti, in qualità di riserva