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SORICH Bruno

Zara 16.05.1904 / Modrino Selo (Croazia) 07.06.1942

1924. Canottaggio. MEDAGLIA DI BRONZO otto con

sorich grandeNon ha un fisico possente, ma per l’epoca possiede un’altezza al di sopra della media (1,73m) ed una stazza perfetta per lo sport (74 kg). Già a 18 anni entra sugli armi della mitica “Diadora” di Zara che, dopo l’annessione della Dalmazia al nostro paese, si è già segnalata nei tricolori. Il prof. Luigi Miller, capovoga dell’otto zaratino nonchè deus-ex-machina della “Diadora”, considera Sorich pronto per i grandi eventi e lo inserisce in squadra al posto di Pietro Luxardo. La scelta è azzeccata e vincente. Tra il 19 ed il 20 agosto 1922, nei tricolori di Napoli, la “Diadora” vince il titolo della “jole a otto” e dell’“otto con”, con Sorich a bordo in entrambe le occasioni. Il 10 settembre lo stesso “otto” coglie uno splendido argento agli Europei di Barcellona, battuti per 3” dalla Francia dopo una bella partenza che aveva fatto ben sperare. Il 1923, ancora con Sorich punto inamovibile, per la “Diadora” è una stagione magica. Difatti l’otto vince dapprima il 15 agosto il campionato giuliano, poi i tricolori a Como il 26 agosto. Nelle stesse acque il 2 settembre arriva l’allora più prestigioso: titolo europeo, resistendo per un soffio al tentativo di rimonta degli svizzeri. Nel 1924 Sorich è sull’otto zaratino che si presenta da favorito alla prova di selezione olimpica che si svolge il 22 giugno nelle acque di Sesto Calende, sul Lago Maggiore. Sorich gareggia regolarmente in batteria, ma poi subisce un incidente alquanto particolare: mentre l’armo della “Diadora” si sta recando alla partenza della finale, un remo sfugge di mano al canottiere che sta davanti a Sorich il quale viene colpito al viso dal manico dell’attrezzo. Sanguinante e prontamente soccorso, vorrebbe riprendere il suo posto sulla barca, ma opportunamente viene sostituito da Alfredo Toniatti, fratello di Carlo che è già sull’otto. Poco male: la Diadora, con l’armo ribattezzato “Per finire?”, stravince la gara, con 9” di margine sui piacentini della “Nino Bixio”. Gli istriani si garantiscono così il diritto a rappresentare l’Italia ai Giochi dove Sorich riprende il suo posto.

Le gare olimpiche si disputano sulla Senna ad Argenteuil, nel tratto di fiume immortalato dai celebri quadri degli Impressionisti, a nord-ovest di Parigi. Alla prova dell’“otto” prendono parte 10 nazioni. Con Sorich gareggiano i tre fratelli Cattalinich (vero “motore” della squadra), Crivelli, Ivanov, Toniatti, Gliubich ed il timoniere Galasso. Grande prova degli azzurri nella batteria, che in realtà è una semifinale, il 15 luglio: nettamente primi, col tempo di 6’06” e sei secondi di margine, davanti ad Australia e Spagna. Gli aussie non perdevano una gara da 4 anni! Tutto questo fa ben sperare per la finale, disputata il 17 luglio. In effetti, a parte gli stratosferici USA (tra i quali c’è pure Babe Rockefeller, rampollo della celebre dinastia di miliardari), la lotta per le piazze d’onore è accesa ed incerta. Il Canada guadagna l’argento ma il bronzo, a poca distanza, è azzurro davanti ad un armo importante come quello della Gran Bretagna. Grande prova dei nostri, con una condotta di gara giudiziosa e che, senza un’embardé che ha provocato un forte rallentamento a metà gara, avrebbe potuto essere anche migliore. Inoltre la medaglia è piena di significato anche “politico”, essendo l’otto costituito prevalentemente da elementi zaratini. Una bella prestazione che corona gli sforzi e la passione dell’intero movimento canottiero dalmata, con grande soddisfazione anche in chiave propagandistica. La bella storia però finisce qui. I tre fratelli Cattalinich sono costretti a fermarsi perchè impegnati a risistemare i capannoni del cantiere di famiglia, semidistrutti da un violento temporale estivo. L’otto della “Diadora” dunque si sfalda e non può partecipare agli Europei di Zurigo dove vi erano grandi possibilità di vittoria. Sorich comunque insiste: si trasferisce a Napoli e nel 1926 guadagna un altro tricolore, stavolta a Pallanza, nel “4con” per lo “SC Italia” partenopeo[1]. Poi chiude la sua attività sportiva senza ulteriori squilli. Ha una fine triste e tragica, ma da eroe. Durante la Seconda Guerra Mondiale è capitano di fanteria, nei fucilieri. Muore in combattimento a Modrino Selo, in Croazia, guadagnando una Medaglia d’Argento al Valor Militare per il suo ardimento.


[1] Con lui gareggiano Gambardella, De Luca, Del Prato ed il timoniere Berardinone