SARDI Celeste Enrico
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Genova 01.04.1891 / Taranto 04.07.1969
1912. Calcio. Eliminato Primo Turno (9° p.m.)
1920. Calcio. 4°
Emigrato da bambino a seguito dei genitori a Buenos Aires, inizia a giocare a calcio in una squadretta locale, il General Kuroki[1]. I fratelli Sereno e Giusto seguono la sua passione e per questo spesso viene indicato come Sardi II, per distinguerlo dai congiunti. Al rientro in Italia, Celeste, per tutti Enrico, continua a giocare, tesserandosi per l’Andrea Doria[2], storica rivale del Genoa, e per la quale gioca fino al 1913, collezionando 61 presenze e 36 reti, rivelandosi attaccante di tutto rispetto, con un ottimo fiuto per la porta avversaria. Nel 1912 è selezionato dal CT Vittorio Pozzo per i Giochi di Stoccolma cui prendono parte 11 nazioni in un torneo ad eliminazione diretta. Il sorteggio pone di fronte ai nostri i finlandesi. La gara si gioca il 29 giugno alle 11 di mattina, al Tranebergs Idrottsplats, nella parte settentrionale di Stoccolma, presenti 600 spettatori. È il primo match in assoluto del torneo. Sulla carta non sembra una partita impossibile, ma le cose si mettono subito male: i finnici passano in vantaggio dopo appena due minuti di gioco, con Ohman. Pareggia Bontadini al 10’, quindi proprio Sardi capovolge il risultato al 25’. Soinio impatta al 40’. Il secondo tempo trascorre senza ulteriori reti. Si va ai supplementari ed al termine del primo extra-time segna Wiberg. I nostri non riescono a pareggiare e vengono malamente eliminati al primo turno. Il torneo verrà vinto, anzi dominato, dai maestri inglesi. L’Italia è relegata nel torneo di consolazione. Il 1° luglio, al Rasunda Idrottsplats di Solna, alle ore 19, di fronte a 2500 spettatori, vinciamo contro i padroni di casa svedesi 1-0, con rete ancora dell’ottimo Sardi al 15’ del primo tempo. Segue il 3 luglio la semifinale del torneo di consolazione, alle 19, all’Olympiastadion di Stoccolma, di fronte a 3500 spettatori, contro l’Austria che vince nettamente 5-1. Sardi non gioca questa partita che chiude la parentesi olimpica azzurra, piuttosto mesta: il 9° posto finale, a pari merito, la dice lunga sul risultato tecnico dei nostri. Si narra, con malcelata invidia e con senso del gossip, che sulle mediocri prestazioni dei calciatori sia pesata una loro condotta “allegra” fuori dal campo, con troppe divagazioni nei confronti delle valchirie locali e con un furibondo Pozzo incapace di tenere a freno gli istinti dei suoi giovani puledri, molti dei quali evadevano dagli angusti patrii confini per la prima volta. Sardi comunque è stato probabilmente il miglior calciatore italiano a Stoccolma, segnando due reti in due partite e facendo ampiamente il suo dovere. Si conferma alla grande negli anni seguenti anche se rimane coinvolto in uno scandalo che, all’epoca, getta discredito sull’intero sistema calcistico, alimentando polemiche a dismisura.
Nel 1913 il suo trasferimento, assieme a quello del compagno Santimaria, dall’Andrea Doria al Genoa avviene difatti col passaggio di denaro sottobanco, in maniera non consentita dai rigidi regolamenti dell’epoca: Sardi viene così squalificato per un anno con l’accusa di “professionismo” ed il Genoa fortemente multato. Il processo relativo, e le conseguenti polemiche, durano un’estate intera ed acuiscono il dilemma tra professionismo e dilettantismo in un mondo sportivo, non solo quello calcistico, che ha già perso la purezza degli esordi. Terminata la squalifica, Sardi vince il campionato 1914-15 col Genoa[3], collezionando 20 presenze e 10 reti. Poi la guerra interrompe tutto. Sardi si barcamena, passa al neonato “FC Pastore” di Torino con cui gioca qualche torneo. Il 30 giugno 1918 viene inserito nella squadra piemontese che, in un match di beneficenza al Velodromo Sempione di Milano, incontra una selezione lombarda. Vince il Piemonte 3-2 e Sardi realizza una doppietta, confermandosi attaccante di spicco. Difatti, essendo ancora sotto le armi, partecipa ai “Giochi Interalleati” di Parigi del giugno-luglio 1919, una sorta di “Olimpiadi per soldati” riservati agli eserciti vincitori la guerra. La nostra Nazionale è ben strutturata, con diversi calciatori di spicco e parte bene nello stadio di Colombes dove si svolgono tutti gli incontri: vince 9-0 con la Grecia (con doppietta di Sardi) e 7-1 con la Romania (un altro gol di Sardi), ma perde 2-0 con la Francia ed è relegata nella finale per il bronzo dove il Belgio non si presenta e vinciamo a tavolino. Di Campionato vero e proprio se ne riparla nel 1919-20 quando Sardi, alla soglia dei 30 anni, dimostra di non aver perso la sua grande vena realizzativa: nel Genoa in 16 partite segna difatti ben 22 gol. La sua grande stagione lo rilancia anche in Nazionale dove Giuseppe Milano, l’ex colonna della Pro Vercelli con la quale ha vinto cinque campionati, dal marzo 1920 è stato designato come CT da un’apposita Commissione Tecnica la quale, incaricata dalla FIGC, ne segue e dirige ogni mossa. È comunque Milano ad andare in panchina, a scegliere la formazione e a reinserire Sardi tra i titolari il 13 maggio nella sua Genova nella partita contro i Paesi Bassi. È proprio Sardi a salvare gli azzurri dalla sconfitta, pareggiando all’83’ il gol di Kessler del primo tempo. Il pareggio non è certo il miglior viatico alla trasferta olimpica cui i nostri si avvicinano non da favoriti. Il torneo è ad eliminazione diretta: ottavi, quarti, semifinale e finale che assegna la medaglia d’oro. Per le altre medaglie, in maniera macchinosa, è previsto un mini-torneo di consolazione tra tutte le perdenti dai quarti in avanti. Al via 14 nazioni visto che Svizzera e Polonia, invitate, rinunciano all’ultimo momento, permettendo a Francia e Belgio, le loro avversarie designate, di accedere subito ai quarti di finale. L’Italia invece deve giocarsela ed il sorteggio è benevolo: il 28 agosto, alle 15.20, all’Ottenstadion di Gand, affrontiamo l’Egitto, con Sardi ovviamente in campo. Non sembra un avversario temibile e la partita si mette subito bene: al 25’ segna Baloncieri.
Ma da questo momento iniziano i problemi: gli egiziani masticano calcio discretamente, non si disuniscono e dopo appena cinque minuti Osman pareggia. Si va al riposo sull’1-1, tra la sorpresa generale. Ci pensa il centravanti Brezzi a salvare la baracca, realizzando al 57’. I nostri tengono, non senza fatica, il risultato fino alla fine ed accedono ai quarti di finale. Il giorno seguente (!), all’Olympisch Stadion di Anversa, alle ore 15.00, di fronte a circa diecimila spettatori, affrontiamo la Francia e Sardi è ancora titolare. Sembra sulla carta un altro ostacolo non impossibile visto che a gennaio, sul terreno del Velodromo Sempione a Milano, l’abbiamo battuta 9-4. Stavolta invece è tutta un’altra storia: dopo 10’ Bard rompe il ghiaccio ed al 14’ Boyer raddoppia. Al quarto d’ora siamo già sotto 2-0, altro che goleada. Ci svegliamo un po’, ma è necessario un rigore di Brezzi al 33’ per ridarci speranza. Dopo 45’ si rimane sul 2-1 per la Francia. C’è ancora tempo e spazio per rimediare, ma al 54’ di nuovo Bard chiude il conto. Gli azzurri accusano il colpo e lasciano ai transalpini l’onore della semifinale. Il torneo ha un esito clamoroso. La finale per il primo posto è giocata da Belgio e Cecoslovacchia. I padroni di casa sono sostenuti da un tifo fin troppo scalmanato e l’enorme pubblico viene a stento contenuto dalle forze dell’ordine. Si gioca in un clima intimidatorio per i cechi, con offese e minacce, anche da parte di molti soldati del cordone di polizia (!). L’arbitro fa il resto, favorendo sfacciatamente i padroni di casa che vanno rapidamente sul 2-0. Per protesta i cechi abbandonano il campo: vengono squalificati e non possono accedere al torneo di consolazione per le altre medaglie. Nessuno ovviamente osa togliere l’oro al Belgio nè tanto meno pensare ad una ripetizione della gara. Nel torneo di consolazione c’è anche l’Italia che scende in campo il 31 agosto alle 10 di mattina, all’Olympisch Stadion contro la Norvegia che, a sorpresa, ha eliminato la Gran Bretagna (la quale ha peraltro inviato una compagine di scarsa qualità).
Gioca in pratica chi non ha giocato i turni precedenti, ma il CT Milano capisce di non poter fare a meno di Sardi che quindi gioca la sua terza partita consecutiva. Vinciamo ma con grandissima fatica: al 40’ Andersen porta in vantaggio gli scandinavi e si rientra negli spogliatoi sullo 0-1. Ad inizio ripresa pareggia proprio Sardi e ci vogliono i supplementari per derimere la questione: all’inizio del terzo extra-time Badini ci regala la qualificazione. Siamo dunque in corsa per una medaglia, ma bisogna vincere con la Spagna, avversario tosto e la cui porta è difesa dal giovanissimo ma già portentoso Zamora. Stavolta a Sardi, tra coloro che hanno accumulato il minutaggio complessivo più alto, è concesso un turno di riposo. Il 2 settembre alle 16.00, all’Olympisch Stadion, purtroppo non c’è partita: una doppietta del basco Sesumaga (43’ e 72’) ci rimanda a casa con la “medaglia di legno”. Difatti veniamo classificati quarti, grazie anche alla squalifica della Cecoslovacchia. La Spagna guadagna l’argento, superando nella “finalina” i Paesi Bassi (bronzo) per 3-1. L’Italia torna a casa con due vittorie e due sconfitte, un bilancio mediocre per un movimento calcistico in ascesa e che a livello nazionale sta suscitando sempre più attenzione su stampa e tifosi, ma ancora lontano dai vertici europei. Sardi è un big di questo calcio anche se non viene più convocato in Nazionale. Ma gli basta il Genoa dove si conferma alla grande nei primi anni Venti: nel 1921-22 totalizza 22 presenze col bel bottino di 21 gol. Poi è grande protagonista dei due Campionati consecutivi conquistati dal grande Grifone, sia pure con una vena realizzativa che quasi si dimezza: 11 reti su 19 presenze nel 1922-23 e 10 gol su 19 partite l’anno seguente. A 32 anni, dopo una carriera ricca di allori, con 105 presenze totali e ben 81 reti nel Genoa, lascia i rossoblu dove ancora oggi rimane nella storia della squadra come uno dei più grandi cannonieri. Chiude difatti la sua carriera, giocando sempre più saltuariamente fino al 1931, tra Basso Piemonte e Liguria (Novese, Savona, Derthona).
[1] Tamesada Kuroki, nato a Satsuma nel 1844, era un famoso generale giapponese, artefice delle vittorie nelle guerre contro Cina e Russia. Rimane un mistero perché una squadra di calcio argentina si chiamasse col suo nome
[2] La Società Ginnastica Andrea Doria viene fondata a Genova il 5 settembre 1895. La sezione calcio, colori sociali bianco-blu, viene fondata nel 1900: gareggia sia nei Campionati FIF che FGNI, vincendo 4 volte in quest’ultima categoria. Giocava nel campo chiamato “Cajenna”, nei pressi dell’attuale stadio “Ferraris” e nominato in questo modo per la vicinanza dei tifosi, alquanto grintosi ed appassionati, al terreno di gioco. Dopo alterne vicende, nel 1946 l’Andrea Doria si fonde con la Sampierdarenese dando vita all’attuale Sampdoria
[3] Campionato peraltro terminato anzitempo causa l’entrata in guerra dell’Italia, assegnando la vittoria al Genoa, primo in quel momento nella classifica del “girone settentrionale”, senza dunque disputare la prevista finale con la vincente del “girone meridionale” (la Lazio). Su questa attribuzione, per alcuni troppo “leggera”, si discute ancora oggi