ROSETTA Virginio
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Vercelli 24.02.1902 / Torino 29.03.1975
1920. Calcio. 4°
1924. Calcio. Eliminato Quarti di Finale
1928. Calcio. MEDAGLIA DI BRONZO
Da bambino è inevitabilmente attratto dal football, quel nuovo sport di importazione inglese che tanto sta spopolando nella sua città natale: la Pro Vercelli difatti vince il campionato italiano nel 1908 e 1909. Rosetta gioca già a 6-7 anni e non smette mai, nemmeno quando si reca a Milano per studiare e neanche nei difficili anni della Prima Guerra Mondiale: fa parte di piccole squadre, costituite da ragazzi appassionati e volenterosi ma sempre lontano dai grandi club. Finchè, rientrato a Vercelli, viene notato dagli attenti osservatori della “Pro” ed inserito nei ranghi. Inizialmente il suo ruolo è attaccante, ma presto viene trasformato dagli attenti tecnici in un forte terzino. Il suo primo campionato di Prima Categoria data 1919-20, ma la Pro Vercelli non riesce a qualificarsi per il girone finale del Nord. Rosetta però, per quanto giovane, s’è fatto notare e, con un pizzico di campanilismo, figura a sorpresa tra gli azzurri selezionati per i Giochi di Anversa dal neo CT Giuseppe Milano: l’ex colonna della Pro Vercelli, con la quale ha vinto cinque campionati, dal marzo 1920 è stato difatti designato come “preparatore atletico” della nostra Nazionale da un’apposita Commissione Tecnica che, incaricata dalla FIGC, ne segue e dirige ogni mossa. È comunque Milano ad andare in panchina ed a scegliere la formazione. Rosetta, oltre che vercellese come lui, è giovane e promettente: la trasferta olimpica gli sarà utile come esperienza anche se ovviamente il suo ruolo è quello di riserva, di “pulcino” della situazione visto che è il più giovane tra gli azzurri. Il torneo olimpico è ad eliminazione diretta: ottavi, quarti, semifinale e finale che assegna la medaglia d’oro. Per le altre medaglie, in maniera macchinosa, è previsto un mini-torneo di consolazione tra tutte le perdenti dai quarti in avanti. Al via 14 nazioni visto che Svizzera e Polonia, invitate, rinunciano all’ultimo momento, permettendo a Francia e Belgio, le loro avversarie designate, di accedere subito ai quarti di finale. L’Italia invece deve giocarsela ed il sorteggio è benevolo: il 28 agosto, alle 15.20, all’Ottenstadion di Gand, gli azzurri affrontano l’Egitto, con Rosetta in panchina. Non sembra un avversario temibile e la partita si mette subito bene: al 25’ segna Baloncieri. Ma da questo momento iniziano i problemi: gli egiziani masticano calcio discretamente, non si disuniscono e dopo appena cinque minuti Osman pareggia. Si va al riposo sull’1-1, tra la sorpresa generale. Ci pensa il centravanti Brezzi a salvare la baracca, realizzando al 57’. I nostri tengono, non senza fatica, il risultato fino alla fine ed accedono ai quarti di finale. Il giorno seguente, all’Olympisch Stadion di Anversa, alle ore 15.00, di fronte a circa diecimila spettatori, affrontiamo la Francia e Rosetta di nuovo è riserva.
Sembra sulla carta un altro ostacolo non impossibile visto che a gennaio, sul terreno del Velodromo Sempione a Milano, l’abbiamo battuta 9-4. Stavolta è tutta un’altra storia: dopo 10’ Bard rompe il ghiaccio ed al 14’ Boyer raddoppia. Al quarto d’ora siamo già sotto 2-0, altro che goleada. Ci svegliamo un po’, ma è necessario un rigore di Brezzi al 33’ per ridarci speranza. Dopo 45’ si rimane sul 2-1 per la Francia. C’è ancora tempo e spazio per rimediare, ma al 54’ di nuovo Bard chiude il conto. Gli azzurri accusano il colpo e lasciano ai transalpini l’onore della semifinale. Il torneo ha un esito clamoroso. La finale per il primo posto è giocata da Belgio e Cecoslovacchia. I padroni di casa sono sostenuti da un tifo fin troppo scalmanato e l’enorme pubblico viene a stento contenuto dalle forze dell’ordine. Si gioca in un clima intimidatorio per i cechi, con offese e minacce, anche da parte di molti soldati del cordone di polizia (!). L’arbitro fa il resto, favorendo sfacciatamente i padroni di casa che vanno rapidamente sul 2-0. Per protesta i cechi abbandonano il campo: vengono squalificati e non possono accedere al torneo di consolazione per le altre medaglie. Nessuno ovviamente osa togliere l’oro al Belgio nè tanto meno pensare ad una ripetizione della gara. Nel torneo di consolazione c’è anche l’Italia che scende in campo il 31 agosto alle 10 di mattina, all’Olympisch Stadion contro la Norvegia che, a sorpresa, ha eliminato la Gran Bretagna (la quale ha peraltro inviato una compagine di scarsa qualità). Gioca in pratica chi non ha giocato i turni precedenti e dunque Rosetta fa il suo esordio in Nazionale a 18 anni. Vinciamo ma con grandissima fatica: al 40’ Andersen porta in vantaggio gli scandinavi e si rientra negli spogliatoi sullo 0-1. Ad inizio ripresa pareggia Sardi, uno dei migliori goleador del periodo, e ci vogliono i supplementari per derimere la questione: all’inizio del terzo extra-time Badini ci regala la qualificazione. Siamo dunque in corsa per una medaglia, ma bisogna vincere con la Spagna, avversario tosto e la cui porta è difesa dal giovanissimo ma già portentoso Zamora. Il CT Milano rimescola un po’ le carte, bisogna andare sul sicuro e Rosetta torna riserva. Il 2 settembre alle 16.00, all’Olympisch Stadion, purtroppo non c’è partita: una doppietta di Sesumaga (43’ e 72’) ci rimanda a casa con la “medaglia di legno”. Difatti veniamo classificati quarti, grazie anche alla squalifica della Cecoslovacchia. La Spagna guadagna l’argento, superando nella “finalina” i Paesi Bassi (bronzo) per 3-1. L’Italia torna a casa con due vittorie e due sconfitte, un bilancio mediocre per un movimento calcistico in ascesa e che a livello nazionale sta suscitando sempre più attenzione su stampa e tifosi, ma ancora lontano dai vertici europei. Per Rosetta la trasferta olimpica è tutta positiva e farà tesoro di questa esperienza.
Lo farà al punto da vincere due campionati di fila con la Pro Vercelli di cui, nonostante la giovane età, diventa una colonna portante: nel 1920-21[1] e 1921-22[2] anche se in quest’ultimo caso il torneo è quello della CCI e non della FIGC[3]. Nella stagione successiva, 1922-23, invece la Pro Vercelli viene superata dal Genoa[4] nel girone finale della “Lega Nord”, chiudendo in pratica il suo magnifico ciclo. In effetti la società vercellese è in crisi ed al calcio italiano sta sempre più stretto il dilettantismo, spesso trasformato in un professionismo “mascherato”, con giocatori assunti e stipendiati da società di comodo. Rosetta, che ha collezionato 85 partite con la Pro Vercelli (11 reti), si trova coinvolto a questo riguardo in uno scandalo clamoroso, dovuto all’impreparazione dei dirigenti federali ed ai regolamenti dell’epoca. In sostanza la Juventus “acquista” Rosetta, ma senza il consenso della Pro Vercelli che pure però lo ha messo fuori rosa, accettando le sue dimissioni a seguito di una precisa richiesta della stessa dirigenza. Tuttavia, formalmente, Rosetta non è ancora nelle cosiddette “liste di trasferimento” e dunque, da regolamento, il passaggio alla Juventus non è regolamentare. Ciò nonostante la Juventus, alla cui guida è appena subentrato Edoardo Agnelli, schiera Rosetta in alcune partite, col risultato di perderle 2-0 a tavolino dopo il reclamo degli avversari. Il caso dura mesi, è controverso, con “Lega Nord” e FIGC schierate su posizioni opposte. Rosetta in pratica è costretto a non giocare e la Juventus, perdendo i punti ottenuti sul campo per averlo schierato, non riesce a qualificarsi per le finali. Nel frattempo però, su esplicita richiesta di Vittorio Pozzo, tornato alla guida della Nazionale in veste di Commissario Unico, Rosetta è libero di giocare in Nazionale e così fa. Tuttavia le partite di preparazione ai Giochi, con Rosetta titolare, non vanno troppo bene: il 9 marzo uno stentato 0-0 con la coriacea Spagna a Milano ed il 6 aprile una sonora batosta a Budapest contro l’Ungheria per 7-1, anche se in questo secondo caso ai nostri mancano i calciatori di Genoa e Bologna che, strenuamente impegnate nella lotta per il Campionato, hanno preferito non inviare in azzurro i loro uomini. Pozzo ha le idee ancora confuse ed organizza due matches non ufficiali con squadre di club, terminati entrambi 1-1, contro i cechi del Makkabi di Brenn (composta esclusivamente da giocatori ebrei) ed il Wiener Amateur di Vienna. Quando dirama la lista dei 22 azzurri, Rosetta è dentro e ciò alimenta le polemiche: non può giocare in Campionato ma in Nazionale sì!
Al torneo olimpico di calcio partecipano 22 nazioni, col criterio dell’eliminazione diretta e ripetizione della partita in caso di parità dopo i tempi supplementari. Pochi lo sanno, ma questo torneo ha valenza, per la FIFA, di Campionato del Mondo. Sotto la supervisione di Pozzo, gli italiani fanno le cose per bene al punto che il CU si avvale della collaborazione di due allenatori di primo piano come gli inglesi Garbutt e Burgess, rispettivamente mister di Genoa e Padova. Ma non tutto fila per il verso giusto: l’alloggio scelto per i nostri, una lussuosa villa nei pressi della Porte Maillot, ha i letti...troppo piccoli. Si trova dunque in fretta e furia un albergo che può accogliere l’intera comitiva ma è situato nella zona di Pigalle dove certamente non mancano le “distrazioni”. Memore dei misfatti di Stoccolma, Pozzo esercita sui calciatori una ferra sorveglianza cui nessuno riesce a sottrarsi. I nostri sembrano in forma e c’è moderata fiducia intorno a loro, ma il sorteggio non è benevolo visto che ci presenta al primo turno la Spagna, guidata dal celebre Zamora in porta. Il 25 maggio alle 15.30, allo stadio di Colombes, di fronte a 19mila spettatori, arbitro il francese Slawick, affrontiamo dunque gli iberici, con Rosetta titolare. Come previsto, non è una partita facile, risulta maschia, come si diceva in quel tempo, ricca di contrasti, falli, mischie. Incontro equilibrato che solo un episodio può decidere. Non lo fa l’espulsione dello spagnolo Larraza, autore di un fallaccio. Gli iberici si rintanano in difesa. L’episodio arriva all’84’ e ci è favorevole. In piena area di rigore, nel tentativo di fermare l’avanzata di Magnozzi che sta per tirare a colpo sicuro, Vallana colpisce il pallone con violenza ma in modo scomposto e la sfera termina in rete. Autogol! Italia 1, Spagna 0. I nostri resistono al disperato assalto iberico e passano il turno, seppur con fatica e fortuna. Il 29 giugno tocca agli ottavi di finale e stavolta l’avversario appare più abbordabile, il Lussemburgo. Si gioca allo stadio Pershing, teatro dei “Giochi Interalleati” del 1919. Solo 4mila gli spettatori, per un incontro poco interessante. Si parte alle 14.15. Solo due cambi nel nostro undici: entrano De Vecchi e Baldi, escono Caligaris e Burlando, entrambi acciaccati. Dunque Rosetta di nuovo in campo. La partita si mette subito bene: il primo gol è di Baloncieri, 20’ dopo il fischio iniziale del francese Richard. Al 38’ raddoppia Della Valle ed i nostri controllano agevolmente la partita sino alla fine. Siamo nei quarti e qualcuno fa un pensierino alla medaglia. Il 2 giugno si gioca contro la Svizzera allo stadio Bergeyre di fronte ad 8mila spettatori, arbitra l’olandese Mutters. In campo gli stessi del match con la Spagna e dunque terza presenza consecutiva per Rosetta. Non sembra una partita impossibile, ma i nostri hanno perso intensità ed il primo tempo scorre via scialbo, con pochi sussulti, fermo sullo 0-0. Il rientro dagli spogliatoi è scoppiettante: al 47’ Sturzenegger sorprende gli azzurri e segna. Dopo cinque minuti pareggia Della Valle. Poi una disattenzione difensiva di Caligaris regala la palla agli svizzeri, un cross ed Abegglen, appostato in piena aria, di testa infila il 2-1. Proteste dei nostri per un fuorigioco che però non viene riscontrato dall’arbitro. È la rete decisiva: gli svizzeri si difendono con ordine, gli azzurri non recuperano e vengono eliminati.
Gli svizzeri comunque saranno protagonisti di un grande torneo, ottenendo l’argento dopo aver perso 3-0 la finale contro i formidabili uruguaiani ai quali spetta il primo titolo di “Campioni del Mondo” (con tanto di stella sulla loro maglia, approvata dalla FIFA). Il bronzo va alla Svezia che, dopo il primo match chiuso 1-1, supera 3-1 i Paesi Bassi nell’apposito replay. Per gli azzurri una partecipazione olimpica non eccezionale ma che permette al CU Pozzo e ad alcuni giocatori (tra cui Rosetta) di accumulare una fondamentale esperienza che poi, col tempo, si riverbererà sull’intero movimento calcistico italiano. Intanto nell’estate del 1924 il caso-Rosetta si chiude, con l’intervento del CONI. La FIGC viene commissariata ed a Rosetta è consentito il passaggio alla Juventus che però deve sborsare una somma non indifferente alla Pro Vercelli. Negli anni seguenti Rosetta diventa un pilastro dell’undici bianconero che nel 1925-26 conquista il Campionato[5], mantenendosi poi sempre nelle prime posizioni finali. Rosetta è altrettanto fondamentale in Nazionale dove coglie altre soddisfazioni: è in campo, ad esempio, nel clamoroso 5-1 inflitto dagli azzurri agli svizzeri a Ginevra il 30 gennaio 1927. Così come è protagonista del 4-3 con cui viene liquidata l’Ungheria a Roma il 25 marzo 1928. Evidente che il CT Rangone non può lasciare fuori Rosetta dai 22 per Amsterdam. Al torneo olimpico di calcio, con la formula ad eliminazione diretta, partecipano 17 nazioni e, data la complessità, è la prima competizione ad iniziare, addirittura il 27 maggio. Gli azzurri, con Rosetta in campo, esordiscono il 29 maggio negli ottavi, contro la Francia e non è una partita facile. Si gioca alle 14 all’Olympisch Stadion di fronte a 2500 spettatori, arbitra il belga Christophe. L’inizio è sconvolgente: dopo 20 minuti siamo sotto 2-0 causa una doppietta dello scatenato Brouzes. La reazione dei nostri è veemente: al 21’ accorcia Rossetti ed al 39’ pareggia Levratto. All’ultimo minuto del primo tempo rovesciamo il risultato con Banchero. Si va al riposo sul 3-2. Dopo un quarto d’ora della ripresa Baloncieri mette il suo sigillo, ma c’è ancora da soffrire perchè un minuto dopo accorcia Dauphin. Manca mezz’ora alla fine ma i nostri controllano e vincono 4-3. Il 1° giugno altro incontro difficile e complicato: nei quarti affrontiamo la Spagna. Si rigioca all’Olympisch Stadion, stavolta con inizio alle 19, di fronte a 3388 spettatori paganti. Arbitra l’uruguaiano Lombardi (di chiare origini italiane). Rosetta ancora titolare. La Spagna è avversario ostico: al 21’ passa in vantaggio con Zaldua. Si va al riposo sullo 0-1. Nella ripresa ci pensa ancora Baloncieri che pareggia al 63’. Il risultato non cambia, neanche dopo i supplementari.
In quel tempo non sono previsti i rigori e la partita si ripete tre giorni dopo, il 4 giugno, nella stessa sede, con inizio alle 14, davanti a 4770 spettatori. Arbitro l’olandese Boekman. Rosetta confermatissimo nell’undici azzurro. Stavolta non c’è partita, la Spagna è annientata: vinciamo 7-1. Il primo tempo termina 4-0 per le reti di Magnozzi al 10’, Schiavio al 15’, Baloncieri al 18’ e Bernardini al 40’. La Spagna accorcia alla prima azione della ripresa con Yemo, ma nel finale i nostri dilagano: al 73’ segna Rivolta e poi Levratto chiude con una doppietta (82’ e 84’). Siamo in semifinale e la medaglia pare vicina. Il 7 giugno, all’Olympisch Stadion, con inizio alle 19, ci tocca però il fortissimo Uruguay, campione in carica. 15.290 spettatori, arbitra l’olandese Eijmers. Rosetta di nuovo in campo. Baloncieri (ancora lui) ci fa sognare e segna dopo 9’. Il sogno dura appena nove minuti perchè Cea pareggia. Gli uruguayani sono forti e tessono con abilità la loro trama offensiva: al 28’ Campolo ed al 31’ Scarone sembrano mettere la parola fine alla disfida. I nostri si rinfrancano nel riposo e ci provano: dopo un quarto d’ora della ripresa Levratto ci porta sul 2-3. L’impresa pare possibile, ma il risultato non cambia. L’Uruguay vince 3-2, ma non abbiamo demeritato. Siamo così relegati alla “finalina” per il bronzo dove troviamo il sorprendente Egitto. Sulla carta l’avversario sembra malleabile (ne ha presi sei dall’Argentina nell’altra semifinale). Si gioca il 9 giugno all’Olympisch Stadion, con inizio alle 16, arbitro il belga Langenus, spettatori paganti 6378. Il CT dà spazio a chi ha giocato meno e Rosetta lascia il posto di terzino a Bellini. In effetti vinciamo facile anche se gli africani non sono così sprovveduti ed all’inizio ci fanno soffrire. Dopo sei minuti segna Schiavio, ma dopo altri sei minuti pareggia Riadh. Al 14’ Baloncieri riporta avanti gli azzurri ma ancora Riadh pareggia due minuti dopo. Una doppietta di Banchero, al 19’ ed al 39’, indirizza la partita nel verso giusto. Schiavio, al 42’, e di nuovo Banchero, al 44’, chiudono i conti. La ripresa ha poca storia: Baloncieri (al 52’) e Schiavio (al 58’) arrotondano il punteggio, con El-Ezam (al 60’) a salvare la bandiera. Una tripletta di Magnozzi (72’, 80’ e 88’) fissa definitivamente il risultato in un clamoroso 11-3 che ci regala un bel bronzo, a dimostrazione della crescita internazionale sviluppata dal nostro movimento calcistico. L’oro va di nuovo all’Uruguay che così si laurea nuovamente “Campione del Mondo”: difatti, come quattro anni prima, anche questo torneo olimpico ha valenza di Mondiale, secondo quanto stabilito dalla FIFA. Ma che fatica per la “celeste”!
La finale tra Uruguay e Argentina del 10 giugno termina difatti 1-1 ed è necessaria la ripetizione, tre giorni più tardi, che va agli uruguagi per 2-1. Quegli stessi uruguagi che due anni dopo, superando di nuovo i tradizionali rivali argentini, guadagneranno anche il primo “vero” Campionato del Mondo. Intanto l’Italia inizia ad emergere, rinfrancata dal bronzo olimpico, il primo alloro intercontinentale del nostro calcio. Per Rosetta un bel torneo, con 4 partite giocate su 5 e prestazioni sempre di alto livello: alla sua terza edizione dei Giochi, è ormai un pilastro della nostra Nazionale. La sua carriera prosegue di pari passo, ad altissimi livelli, tra azzurro e bianconero. Rosetta difatti è assoluto protagonista del famoso “quinquennio d’oro” juventino, cinque scudetti consecutivi dal 1930 al 1935, con prestazioni sempre di assoluto valore. Altrettanto accade in Nazionale, dove ottiene pure la fascia di capitano: la sua ultima partita in azzurro è il 7-1 che i nostri rifilano agli USA all’esordio del vittorioso Mondiale casalingo del 1934. Nelle altre partite del torneo Rosetta viene sostituito da Monzeglio, ma può comunque fregiarsi anche della mitica “Coppa Rimet”. Chiude la sua strepitosa carriera nel 1935-36, diventando allenatore-giocatore proprio della Juventus dove ha giocato ben 338 partite e segnato 15 reti, mentre in azzurro ha collezionato 52 presenze e vinto anche due “Coppe Internazionali” (1927-30 e 1933-35), per un ruolino di marcia assolutamente fenomenale. Da allenatore non è altrettanto fortunato: ottima solo l’annata 1937-38 quando con i bianconeri conquista la “Coppa Italia” ed un grande secondo posto in Campionato alle spalle dell’Ambrosiana. Poi, complice anche la Seconda Guerra Mondiale, non emerge più, limitandosi ad incarichi in compagini di secondo piano come Lucchese, Biellese, Mestrina e Palermo che, nel 1947-48, porta in Serie A. Quindi abbandona il mondo del calcio di cui è stato un grandioso protagonista.
[1] In questa stagione la Pro Vercelli vince la “Lega Nord”, superando in finale il Bologna 2-1 ai supplementari (ad oltranza). Nella finalissima assoluta del torneo supera il Pisa 2-1
[2] In questa stagione la Pro Vercelli vince la “Lega Nord”, superando in finale il Genoa: 0-0 in casa e vittoria in rimonta 2-1 a Genova. Nella finalissima supera nettamente la Fortitudo Roma, vincendo 3-0 nella capitale e 5-2 in casa
[3] In quella stagione difatti le squadre più titolate fondano una propria “lega”, la Confederazione Calcistica Italiana e si disputano due campionati, uno CCI ed uno FIGC. L’anno seguente la scissione termina ed entrambi i campionati sono dichiarati ufficiali: difatti ancora oggi i due vincitori (Pro Vercelli e Novese) sono presenti nell’Albo d’Oro
[4] Il Genoa vincerà poi quel Campionato
[5] Dopo aver superato il Bologna nelle finali di Lega Nord, la Juventus batte nettamente l’Alba Roma nella finalissima: 7-1 a Torino e 5-0 nella capitale