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RAVA Pietro

Cassine (AL) 21.01.1916 / Torino 05.11.2006

1936. Calcio. MEDAGLIA D’ORO

Figlio di un ferroviere, cresce a Torino, nel quartiere Crocetta dove sin da ragazzino si segnala come tra i più bravi a giocare a calcio. Per questo viene inserito dalla Juventus nelle sue giovanili. Impiegato dapprima come ala sinistra, essendo mancino naturale, passa poi in mediana, ma quando nel 1935 entra in prima squadra, viene spostato nel ruolo di terzino ed è la sua fortuna. Diplomato geometra, s’è iscritto alla facoltà di Economia e nel 1935-36 gioca sette partite in Serie A con la maglia bianconera. Viene così adocchiato dal CT Pozzo che, non senza difficoltà, sta allestendo la squadra per i Giochi dove devono essere scelti calciatori “dilettanti” (sulla carta perchè i compensi vengono fatti passare per “rimborsi-spese”) e che non sono mai stati in Nazionale. Pozzo attinge a piene mani dagli Universitari tra i quali appunto figura pure Rava, titolare nella prima partita di preparazione, disputata a Venezia il 21 maggio 1936 contro l’Ungheria “dilettanti”. Sotto pioggia e vento, vinciamo 2-0 e la compagine, che gioca in maglia nera anzichè azzurra, sembra già a buon punto. Rava, gran difensore, figura così tra i convocati per il tradizionale ritiro collegiale preolimpico, tenuto a Merano dall’8 luglio. Pozzo, coadiuvato da Angelo Mattea, assembla col solito impeto gagliardo una squadra cui dà la sua impronta ferrea e determinata. Gli azzurri (o i neri...) segnano caterve di gol ad alcune squadre minori che fungono da sparring partner: 18-1 al Bolzano, 7-1 allo Spezia e 9-1 al “fascio italiano” di Berlino, raggiunta in treno con partenza da Verona il 27 luglio. I nostri sembrano pronti anche se molti, stampa compresa, appaiono piuttosto scettici alla vigilia. Il torneo olimpico di calcio si gioca interamente a Berlino, nei vari stadi della città. Al via 16 nazioni, con eliminazione diretta. L’Italia esordisce alle 17.30 del 3 agosto contro gli Stati Uniti, al “Poststadion”, situato nel sobborgo di Moabit, nella parte nord-occidentale della capitale tedesca. Arbitro il tedesco Weingartner, spettatori 9mila. La partita sembra scontata, ma gli azzurri la affrontano con poca determinazione e gli americani non sono poi così sprovveduti come si pensava. Così il primo tempo termina 0-0. La sfuriata di Pozzo negli spogliatoi sembra avere effetto ed i nostri tornano in campo grintosi e dinamici, ma al 53°, a seguito di un brutto fallo di Piccini si genera un parapiglia generale. L’arbitro, un po’ a caso, espelle proprio Rava che in questo modo stabilisce un record poco esemplare: è difatti il primo azzurro mai espulso in una gara internazionale. Sembra un brutto colpo per gli azzurri, ma passano appena due minuti e segna Frossi. Gli americani tentano inutilmente di realizzare il pareggio, i nostri controllano ed alla fine, soffrendo un po’ troppo, vinciamo 1-0. Mai visto Pozzo infuriato coi suoi giocatori come nei giorni che seguono quel primo match. La strigliata però funziona. Il 7 agosto, al “Mommenstadion” di Grunewald (periferia occidentale di Berlino), affrontiamo il Giappone che a sorpresa ha eliminato i quotati svedesi (3-2). Rava è regolarmente al suo posto: in quel tempo difatti non vige la regola per cui all’espulsione scatta automaticamente un turno di squalifica. Di fronte ad 8mila spettatori e con arbitro proprio uno svedese, Olsson, stavolta non la prendiamo sottogamba e strapazziamo i nipponici 8-0. Biagi ne segna quattro (32°, 57°, 81° e 82°), Frossi tre (14°, 75° e 80°) mentre chiude il conto Cappelli (89°) che poi si infortuna malamente causa l’inutile e proditorio fallo di un avversario.

Entriamo dunque nei quarti a vele spiegate. Il 10 agosto tocca alla Norvegia ed il gioco si fa duro: gli scandinavi difatti hanno portato in pratica la loro Nazionale maggiore. Si gioca all’Olympiastadion di fronte a ben 95mila spettatori, arbitra l’ungherese Hertzka. Cominciamo bene ed al 15° Negro ci porta in vantaggio. Il primo tempo si chiude 1-0, ma i norvegesi sono tosti e pareggiano con Brustad al 58°. Il risultato non cambia, si va ai supplementari ed al 96° decide tutto Frossi che si sta rivelando il nostro goleador. La difese regge l’assalto finale scandinavo e ci guadagnamo il passaggio del turno. Siamo già andati al di là di ogni aspettativa, ma Pozzo tiene sulla corda i nostri, cerca di gasarli psicologicamente, di non farli mollare. A sdrammatizzare l’attesa ci pensa niente meno che Jesse Owens, l’eroe afroamericano di quei Giochi con 4 medaglie d’oro (100, 200, 4x100 e lungo), il quale al Villaggio Olimpico è diventato amico degli azzurri con cui passa le serate a suonare la chitarra, cantare e ballare. La vigilia passa così senza troppo stress ed il 15 agosto i nostri sono pronti a giocarsi l’oro con la temibile Austria. Si rigioca ovviamente all’Olympiastadion, arbitra il tedesco Bauwens di fronte a 85mila spettatori. Incontro equilibrato e teso, non si sblocca: il primo tempo finisce 0-0. Ci pensa, guarda caso, ancora Frossi che al 70° porta in vantaggio l’Italia. Qualcuno pensa che sia fatta, ma l’Austria è forte, si riversa in attacco e pareggia dieci minuti dopo con Kainberger. Si va, di nuovo, ai supplementari. Pozzo rincuora i nostri da par suo, li stimola per l’ultima volta all’impresa: il morale è alto, nessuno trema, la “squadra” non molla. Si torna in campo col piglio vincente e dopo due minuti segna, ovviamente, Frossi. Poi è tempo solo di resistere e la difesa, con Rava in prima fila, non tradisce. Il risultato non cambia: Italia-Austria 2-1, medaglia d’oro! Il bronzo va alla Norvegia che supera 3-2 la Polonia nella “finalina”. Il sogno s’è realizzato: una squadra di universitari, molti dei quali non avranno carriere eccezionali, ha vinto i Giochi. Il momento è talmente storico che...non si ripeterà più. Rava in questo contesto è stato grande protagonista, giocando tutte e quattro le partite, dando sicurezza all’intero reparto difensivo. La sua medaglia è più che meritata. Dopo i Giochi, Rava continua la sua carriera alla grande. Veloce ed energico, grintoso e senza leziosismi, bada al sodo ed in breve diventa un pilastro di Juve e Nazionale con la quale vince il Mondiale del 1938. È così uno dei quattro calciatori italiani (gli altri sono Foni, Bertoni e Locatelli) ad aver vinto titolo olimpico e mondiale a distanza di due anni. Si guadagna dal CT Pozzo, che amava i calciatori tosti ed avari di fronzoli, la definizione di “terzino più potente del mondo”. Rimane titolare fisso della Juventus sino al 1946. Dopo una breve parentesi all’Alessandria (38 presenze e 5 reti nel Campionato 1946-47), torna in bianconero sino al 1950 per poi concludere la carriera nel Novara dove gioca due stagioni (25 presenze ed una rete). Con la Juventus totalizza ben 303 presenze e 14 gol, vincendo uno scudetto (1949-50) e due Coppa Italia (1937-38 e 1941-42). In azzurro colleziona 30 partite, con due da capitano, giocando l’ultima volta il 1° febbraio 1946 a Milano contro l’Austria (3-2). Grande nel ruolo di calciatore, lo è meno da allenatore, navigando molto nelle serie inferiori e senza grandi successi. Dirige in Serie A solo la Sampdoria 1956-57. Dal 1959 al 1961 è a capo del Centro Tecnico di Coverciano, poi si ritira a vita privata, gestendo un negozio di articoli sportivi ed una scuola guida. Torino gli ha dedicato un parco-giochi al Lingotto.


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