Seleziona la tua lingua

Image
images/atleti/olympiabolario/ranghieri_piccola.jpg

RANGHIERI Walter

Quistello (MN) 1895 / Milano 06.03.1949

1920. Lotta greco-romana. Eliminato Primo Turno pesi leggeri

1924. Lotta greco-romana. Eliminato Terzo Turno pesi leggeri

Trasferitosi da bambino a Milano, si tessera giovanissimo per lo SC Italia, la stessa squadra del fuoriclasse Porro (oro a Londra nel 1908) del quale è allievo prediletto. Nel marzo 1913, nella categoria fino a 65kg, Ranghieri vince il campionato sociale, battendo in finale Roncari. Chiude solo terzo però nel Campionato Lombardo dei “minimi”, superato da Ferrara e Vaglio. Terzo anche nel campionato milanese, diserta i tricolori. Si rivede a gennaio del 1914 nell’importante “Coppa Lomazzi”, disputata nei locali dello SC Italia a Milano, con tutti i migliori lottatori italiani. Non ha molta fortuna: perde con Geri ed Andreoli, poi si procura una frattura del naso e si ritira. Per niente intimorito, si ripresenta ai primi di aprile nel Campionato Lombardo, sempre nei “minimi”, dove chiude terzo, battuto nell’ordine da Naldini e Musetti. I cronisti lo definiscono “scientifico ed agile, finissimo e coraggioso”, ma ciò evidentemente non basta nel torneo di Omegna dove termina soltanto settimo. Ranghieri combatte accanitamente, ma trova sulla sua strada Naldini che lo supera ripetutamente: nella “Coppa Villa”, nella “Targa Pampuri” (dove comunque perde anche altri incontri) e soprattutto nella finale del torneo organizzato ad ottobre dalla “SC Virtus” nella sua palestra di Via Scarlatti a Milano dove viene battuto dopo ben 28’ di lotta incerta e serrata per una “leva rovesciata”. Ranghieri però, insistendo, trova la sua rivincita: alla fine di novembre, nel Campionato Milanese, disputato nei saloni dello SC Italia, riesce finalmente a battere Naldini, ai punti e dopo un match durato mezz’ora. Ottiene così il titolo meneghino dei “minimi”. Ma all’inizio del 1915 è assoggettato agli obblighi militari ed inviato a Roma presso l’81° Reggimento Fucilieri. L’entrata in guerra del nostro paese fa il resto e Ranghieri, che combatte in trincea, rimane per diversi anni lontano dalle gare. Rientra in pedana solo il 24 marzo 1918, ottenuta una licenza, nel torneo organizzato al “Wonderland” milanese. Ancora nella categoria dei “minimi”, batte in rapida successione Bianchi, Passarè, Riva e Borrieri, ottenendo il primo posto. Ma, di nuovo, torna al fronte sino al termine della guerra anche se per un certo periodo entra nella squadra del Comando Supremo e si risparmia fatiche e pericoli. Di lotta ai massimi livelli se ne riparla nel 1919 e si comincia subito: già tra la fine di gennaio ed i primi di febbraio si disputa al Teatro Carcano di Milano un torneo, organizzato dallo “SC Italia”. Ranghieri trionfa nei “minimi”, superando tutti gli avversari, spesso facilmente nel giro di pochi minuti.

È talmente in forma che perde solo col “massimo” Pampuri nel girone finale che assegna il titolo assoluto, giungendo dunque ottimo secondo. Ranghieri si conferma a metà marzo, nel torneo organizzato dall’US Milanese nei locali di Via Pastrengo: vince tra i “minimi”, peso-limite 70 kg, anche se a pari merito con Covre e Garletti visto che la combinazione dei risultati nei vari match, tra cui alcuni “nulli”, non consente di esprimere un chiaro vincitore. Ranghieri poi non brilla nel girone finale, aperto a tutte le categorie, dove chiude solo settimo, riuscendo a vincere soltanto col “piuma” Pizzoccaro. Essendo ancora sotto le armi dato che la smobilitazione avviene molto lentamente, Ranghieri è selezionato per i “Giochi Interalleati” di Parigi, prima grande manifestazione polisportiva internazionale dopo sette anni e riservata ai soldati degli eserciti vincitori la guerra. Partecipano 29 nazioni. Le autorità militari fanno le cose per bene, organizzando al meglio la spedizione, supervisionata da Cesare Tifi, vecchio marpione dello sport italiano e portando in Francia ben 120 atleti. Ranghieri, nell’inedita categoria dei “semi-leggeri”, però non va troppo bene anche se perde il primo incontro col belga Sauvennet solo ai punti e dopo 40’ di lotta equilibrata. Indisposto, con una strana eruzione in tutto il corpo, forse foruncolosi od orticaria, legata probabilmente alle precarie condizioni igieniche del “villaggio olimpico”[1], termina presto la sua avventura. Ancora soldato, sergente del III Corpo d’Armata, nei mesi seguenti gareggia poco o niente. Si rivede solo ai primi di novembre nei Campionati Italiani Militari di Roma: il giorno 7 vince il titolo dei “minimi”, battendo in finale Raposelli. Ranghieri, tesserato per l’“Agamennone” ed aumentato di peso, anche muscolarmente, passa nei “leggeri” (peso-limite 67,5 kg) e prepara meticolosamente i Giochi di Anversa. Il 27 giugno vince l’eliminatoria lombarda per le selezioni olimpiche nazionali, superando Quadrelli. Poi tra il 10 e 13 luglio è a Genova per la selezione vera e propria: le gare si tengono nella palestra della “Colombo”, sotto l’attenta supervisione del CT Grenna. Ranghieri vince tutti gli incontri, compreso il decisivo col torinese Aymar, ed ovviamente guadagna la convocazione per Anversa, raggiunta in treno via Modane e Parigi. Le gare olimpiche di lotta si svolgono nel Salone delle Feste della Società Zoologica Reale, nei pressi dello zoo di Anversa e della Stazione Centrale. Ranghieri gareggia nei leggeri il cui peso-limite è di 67,5 kg. Al torneo, ad eliminazione diretta, partecipano 22 lottatori di 12 nazioni. Ranghieri è il primo azzurro a cimentarsi in pedana, il 16 agosto, ma è anche il primo ad essere eliminato: perde difatti con lo statunitense Swigart che lo atterra dopo 3’41”. Il suo sogno olimpico finisce qui. Il torneo si trasforma in un trionfo finlandese: oro al grandissimo Vare (già primo a Stoccolma nel 1912) davanti al connazionale Tamminen mentre il bronzo va al norvegese Andersen, per un podio interamente scandinavo.

Non certo eccezionale dunque il comportamento ai Giochi di Ranghieri che si rivede il 13 aprile 1921 quando partecipa ad un’esibizione nell’ex teatro Zirotti a Milano, organizzata dallo SC Volta: batte Gozzi, suo allievo prediletto, per schienamento dopo 16’. Costretto a disertare i tricolori di Prato a maggio per inderogabili motivi professionali, non si vede sino a fine anno. Si ripresenta ai tricolori di Bologna tra il 26 e 28 marzo 1922: si tratta della sessione relativa al dicembre 1921, posticipata. Perde solo con Quaglia, per infortunio alla spalla sinistra e chiude secondo nei “leggeri”. Poi, tra infortuni ed impegni lavorativi, non si vede ad alti livelli per l’intero 1923. Il 1924 è annata olimpica: Ranghieri torna ad allenarsi intensamente, inseguendo il sogno dei Giochi. Va subito alla grande: il 2 marzo vince tra i “leggeri” il primo torneo preolimpico, disputato nella sala Filzi alla “Costanza” di Milano. Compie però un passo indietro nella seconda prova di selezione, a metà aprile nel torneo di Prato: chiude terzo dietro il sorprendente Rocca e Scali. Tutto diventa più chiaro il 1° giugno a Genova, nei locali della “Colombo”, dove si conclude l’ultima e decisiva preolimpica. Ranghieri termina secondo, battuto solo da De Marchi, ma ciò gli basta per garantirgli la seconda partecipazione ai Giochi. Le prove olimpiche di lotta si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Ranghieri gareggia ancora nei “leggeri”, il cui limite di peso è 67,5 kg. Al via 28 atleti di 18 nazioni. Vige la regola della doppia sconfitta ovvero viene eliminato il lottatore che perde due incontri. Ranghieri, di nuovo, non va tanto lontano. Il 6 luglio è schienato nel giro di 5’48” dallo svedese Borgstrom ed il giorno seguente vince ai punti, con merito, col francese Metayer. L’8 luglio però, infortunato per un colpo allo sterno, non si presenta nel terzo turno e viene così eliminato. L’oro va al finnico Friman davanti all’ungherese Keresztes ed all’altro finlandese Westerlund. Per Ranghieri una partecipazione senza infamia e senza lode, condizionata comunque dall’infortunio. Questa è la sua ultima esibizione ad alti livelli. Alla soglia dei trent’anni, acciaccato e con le ginocchia in disordine, capisce di aver dato il meglio di sè e si ritaglia un buon ruolo come allenatore di giovani talenti. Nel contempo si diletta con la pittura, realizzando quadri di paesaggi alpestri e lombardi, spesso realizzati en plein air, ottenendo anche un discreto successo ed esponendo più volte le sue opere nelle gallerie milanesi come il Lyceum e la Bolzani. Muore improvvisamente ancora relativamente giovane, a 54 anni.


[1] Si tratta in sostanza di un enorme accampamento nei pressi dello stadio, costituito da tende e brande, con docce e gabinetti in comune