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PORRO Enrico

Lodi Vecchio 16.01.1885 / Milano 04.03.1967

1908. Lotta greco-romana. MEDAGLIA D’ORO pesi leggeri

1920. Lotta greco-romana. Eliminato Quarti di Finale pesi piuma

1924. Lotta greco-romana. Eliminato Secondo Turno pesi piuma

Nato da genitori varesini emigrati da Cuvio a Milano per aprire una trattoria nei pressi di Porta Ticinese, Porro è un bambino piccolo, non particolarmente attraente e con le orecchie a sventola. Ma soprattutto è un vero e proprio monello, che ne combina una dietro l’altra, attaccabrighe, turbolento, iperattivo, pugnace. La madre è talmente disperata che, per levarselo di torno, lo costringe ad imbarcarsi come mozzo su una nave mercantile. Porro arriva a Buenos Aires, scende di soppiatto, trova rifugio presso un cugino di cui ha l’indirizzo e si mette a lavorare in una tipografia. Ma anche qui scalpita e litiga, così riparte, trova un altro imbarco e torna a Milano, reduce da un’importante esperienza di vita. Se non è cresciuto in altezza (è alto intorno a 1.60m), lo è muscolarmente (100 cm di torace): il lavoro marinaro ha giovato al suo fisico, irrobustitosi in maniera abnorme al punto che sembra una specie di Ercole in miniatura. Non si sa come e perchè, forse per sfogare la sua irrequietezza, ad un certo punto entra in palestra ed inizia a praticare prima la ginnastica e poi la lotta greco-romana, sport molto popolare all'inizio del Novecento. E qui dimostra subito di possedere grandi qualità, atterrando avversari ben più grandi e grossi di lui, seguendo perfettamente i consigli di Elia Pampuri[1] che, divenuto suo compagno d’allenamento, lo istruisce a dovere. Porro si trova a suo agio in questo tipo di lotta che consente prese solo con le braccia e mai sotto la cintola; inoltre in questo periodo il combattimento si basa molto sulla forza degli arti superiori e risulta piuttosto statico a scapito della leggerezza e del dinamismo che invece caratterizzeranno la specialità in seguito. Caratteristiche appunto che ben si addicono a Porro la cui prima gara ufficiale di cui si hanno riscontri certi si svolge a Legnano nel 1902, quando ha 17 anni: stravince e la “Gazzetta” parla di lui in termini entusiastici. In effetti Porro sembra avere una marcia in più, anche grazie ad una particolare mossa tecnica da lui inventata e perfezionata, il cosiddetto souplesse, una specie di contrattacco fulmineo che porta al ribaltamento dell’avversario dopo averlo afferrato alla cintola. Semplice a dirlo, ma farlo è tutto un altro discorso. Porro però vi riesce alla perfezione e nell’ambiente sportivo milanese diventa molto popolare, gareggiando e vincendo anche nei teatri meneghini, sempre molto affollati durante gli incontri di lotta. Nel 1903 Porro trionfa nei tornei di Voghera e Torino, tra l’entusiasmo generale: il “piccolo Ercole” diventa sempre più noto. Non è però altrettanto entusiasta la Regia Marina che, arruolatolo per la consueta leva militare obbligatoria[2], nel 1904 gli impedisce di partecipare ai Giochi di St. Louis dove peraltro, causa la lontananza, sarebbe stato disagevole e costoso arrivare. Inoltre nei tricolori è battuto proprio dal suo vecchio maestro Pampuri.

L'anno seguente però la Marina gli fornisce la licenza per i Campionati Italiani a squadre di Milano dove, inquadrato nel “Club Atletico Milano” con Pampuri e Monti, domina la prova, vincendo tutti e sei gli incontri disputati, anche con avversari più pesanti di lui. Accade la stessa cosa, pochi mesi dopo, nei tricolori dei “leggeri”: la categoria prevede solo il limite superiore di peso, pari a 147 libbre ovvero 66.6 kg e Porro pesa 60 kg scarsi. Nonostante questo, è una furia che abbatte tutti, in un crescendo rossiniano: gli ultimi a cedere sono Taborelli e Bertaglia. In quel 1905 guadagna anche il titolo di Campione Lombardo e vince di nuovo a Torino. Nel 1906 rivince il tricolore dei pesi “minimi”, come viene definita la categoria dal peso più basso, superando nel match decisivo il genovese Carletti, e trionfa anche nell’importante torneo di Viareggio, inserito in un grande Concorso Ginnico-Atletico. Poi, nell’ottobre del 1906, inquadrato stavolta nella “Pro Italia” di La Spezia (dove continua a svolgere il servizio militare), si aggiudica il prestigioso torneo internazionale di Milano, pomposamente ribattezzato “campionato europeo” o “centro-europeo”, che lo consacra campione ai massimi livelli. Vince tutti gli incontri, in maniera se non facile comunque rapida: in finale riesce a schienare il suo avversario, Mario Defendi, in appena 11”, partendo all’attacco come una furia e gestendo al meglio la sua ormai famosa souplesse che, seppur nota agli avversari, rimane la sua arma più micidiale. Nel 1907 gareggia poco, costretto a disertare le gare per gli impegni militari. Si tratta di un’annata-no: nel torneo per la “cintura d’argento”, organizzato al Politeama di Genova, viene battuto ai punti da Gargano e chiude al secondo posto. L’anno seguente, ancora militare ma stimolato dai Giochi, si ripresenta con vigore, grazie anche ai suoi superiori che gli concedono diverse licenze per allenarsi e gareggiare. L’esordio, nel torneo di Chiavari, al Teatro Verdi, lascia però a desiderare: vince a fatica con Terrile e fa match nullo con Mimi, venendo poi escluso dalla finale. Insiste, e ha ragione. Trionfa infatti ai Campionati Italiani che valgono anche come selezione per i Giochi, battendo in finale Gardini. Ha ritrovato la forma vincente ed a Londra gareggia ancora nei “leggeri”, trovando nuovamente avversari ben più prestanti di lui. Dei 25 atleti in gara nel nuovissimo stadio di White City, è il più piccolo di statura ed il meno pesante, ma il suo torneo è grandioso. Il 23 luglio, esentato dal primo turno, affronta l’ungherese Teger, suo amico e compagno di allenamento, che lo teme e si rintana in difesa. Il match è molto tattico, ma Porro mostra maggiore aggressività e vince ai punti. Risultato identico nel quarto di finale, contro un lottatore ben più forte e quotato, lo svedese Malmstrom, già Campione Europeo dei 75kg, sceso di categoria ma ancora molto più pesante dell’azzurro: stessa tattica, massima attenzione alla difesa e qualche timido attacco gli consentono un nuovo successo ai punti tra l’entusiasmo di un pubblico che inizia ad apprezzarlo come un novello Davide che lotta gagliardamente e vince “giganti” più grandi di lui. Grande prova in semifinale dove, in soli 2 minuti e 5 secondi, Porro rovescia ed abbatte un altro imponente svedese, Persson.

Due giorni dopo, il 25, Porro affronta in finale il possente russo Orlov, di ben 7 kg più pesante. L’azzurro inoltre si presenta con un costume ai limiti del ridicolo, largo ed abbondante, prestatogli all'ultimo momento da un altro atleta, il finlandese Linden, in quanto il suo risulta rovinato e strappato in più punti dopo l’aspro combattimento precedente. Il russo, nonostante la sua superiorità fisica, teme Porro e rinuncia in pratica a combattere, mantenendo un atteggiamento alquanto guardingo e passivo. L'italiano si adegua ed i due tempi previsti, di 15 minuti ciascuno, passano senza che gli arbitri riescano a indicare un vincitore. Vengono così disputati i “supplementari”, 20 minuti in totale. Il russo rimane passivo, Porro attacca senza sguarnire la sua difesa ma tanto basta a farlo dichiarare vincitore ai punti. La medaglia d’oro gli viene consegnata niente meno che dalla regina Alexandra, la stessa sovrana che appena il giorno prima s’è emozionata fino alle lacrime per la sventura di un altro italiano, Dorando Pietri, primo al traguardo nella maratona ma squalificato per “aiuti irregolari” nell’ultimo giro allo stadio quando è stato sorretto e trascinato da alcuni giudici fino all’arrivo perché esausto. Al rientro in patria, per Porro altri festeggiamenti ed un altro re: Vittorio Emanuele III gli consegna infatti personalmente un’apposita medaglia a La Spezia, sul cacciatorpediniere “Castelfidardo”, dove Porro è ancora di stanza come militare. Il sovrano ha un leggero moto di sorpresa alla vista del campione: si immaginava un lottatore grande e grosso ed invece si trova di fronte un nanerottolo della sua stessa statura. Porro ha solo 23 anni e sembra destinato ad altri grandissimi traguardi, Non sarà proprio così. Inizia il 1909 con una bella vittoria nel torneo di Bologna, il 29 marzo, dove vince 5 incontri e la poule finale. Abituato a lottare con avversari più prestanti, Porro riesce pure a pareggiare, dopo 1h35’ di emozionante sfida, il match col più possente Gardini, peso medio, atto a stabilire il miglior lottatore del torneo, suscitando ulteriori entusiasmi. Porro non ha rivali nei pesi “minimi”: trionfa nettamente anche al torneo di Domodossola dove però deve arrendersi nella finale “assoluta” al più possente Baggini che pesa oltre 10 kg più di lui. Nei tricolori di Porto Maurizio proprio non c’é gara: Porro domina la sua categoria (in finale supera Gargano) e addirittura si batte senza paura contro il “massimo” Ferro per il titolo assoluto. Ferro attacca a più riprese, ma Porro resiste, controbatte, lotta con la consueta grinta nonostante pesi almeno 15 kg di meno finché Ferro si arrende e si ritira per un forte dolore ad un braccio. Un peso “minimo” ha battuto un peso “massimo”! Porro è il miglior lottatore d’Italia pound for pound, nessuno può negarlo.

Nel 1910 arriva un altro titolo tricolore e l’anno seguente Porro dà nuovamente spettacolo, in particolare nel torneo organizzato a Milano nella palestra di Via Casati dalla “Mercurio”: vinti tutti e cinque gli incontri dei “minimi” in maniera veloce, conquista anche la vittoria assoluta, sconfiggendo i pesi “medi”. Il suo prestigio è intatto, anche se gareggia poco. L’11 novembre viene chiamato ad affrontare il suo maestro Pampuri, affermato professionista e ben più pesante di lui, in un match accademico di pochi minuti nel corso di una grande festa sportiva che si tiene al Teatro Lirico di Milano, per beneficienza a favore delle famiglie dei caduti durante la guerra di Libia. I due lottatori mostrano le varie “prese”, divertendosi e facendo divertire tra l’entusiasmo generale. A 27 anni Porro è nel pieno della sua maturità atletica: trascorre un inverno tranquillo ed a marzo, dopo oltre sei mesi i inattività (forse troppi), inizia la preparazione che deve portarlo verso un possibile bis ai Giochi di Stoccolma. Sembra in grande forma: il 19 maggio, al rientro, domina l’eliminatoria lombarda per la finale nazionale che deve operare la selezione per i Giochi: vince la sua categoria, i “leggeri” (il limite è 67,5 kg), e pure la classifica finale, battendo di nuovo avversari più pesanti. Guarda con fiducia ai Giochi, ma la sfortuna è in agguato. Le selezioni olimpiche si svolgono a Roma il 22 e 23 giugno. All’inizio Porro è grande come sempre: supera Kustermann in due soli minuti, poi vince ai punti con Dupont. Un po’ a disagio, anche forse per una preparazione non ottimale, non va oltre il pareggio con Covre ed Aymar. Ma il suo carisma è tale che non può essere selezionato, assieme a Covre (che ha battuto Aymar). Tuttavia, proprio nei giorni di vigilia, un banale incidente gli provoca una seria ustione ad un braccio che gli impedisce i movimenti, costringendolo a rinunciare al bis olimpico. Porro è costretto all’inattività e, anche dal punto di vista psicologico, è un brutto colpo. Trascorre praticamente l’intero 1913 senza gareggiare, dilettandosi talora nel ruolo di arbitro negli incontri dei suoi ex avversari. L’inizio del 1914 è analogo: Porro stenta a ritrovare la via dell’agonismo ed alla soglia dei trent’anni in molti sospettano che ormai abbia dato il meglio di sè. In effetti Porro annuncia più volte il suo rientro, ma tarda a ripresentarsi sul tappeto. Dice di avere due obiettivi: il mondiale di agosto ed i Giochi del 1916. Lo scoppio della guerra però gli impedisce di essere presente ad entrambi e di lotta per Porro non se ne parla per quattro lunghi anni. Si ripresenta nel 1919 dove, nonostante gli scarsi risultati ma grazie al suo prestigio, viene selezionato per i “Giochi Interalleati” di Parigi, una sorta di “Olimpiadi per soldati”, riservate agli eserciti vincitori la guerra. Le autorità militari fanno le cose per bene, organizzando al meglio la spedizione, supervisionata da Cesare Tifi, vecchio marpione dello sport italiano e portando in Francia ben 120 atleti tra cui diversi lottatori. Porro, che gareggia nei “leggeri”, batte all’esordio il greco Kalombratos anche se sono necessari 17’ per schienarlo.

Nel turno successivo Porro è più sbrigativo e batte il francese Jondieu nel giro di due minuti. A suon di vittorie, ritrovando il vecchio slancio e con la classe di sempre, Porro arriva in finale ma qui, complice un arbitraggio non proprio favorevole, viene battuto dal ceco Beranek. L’argento comunque dimostra che, nonostante i 34 anni, può ancora dire la sua a livello internazionale. Rientrato in Italia però non gareggia più e diserta perfino i tricolori di dicembre. Si ripresenta in pedana solo in vista dei Giochi di Anversa, nell’eliminatoria lombarda per le selezioni olimpiche, alla fine di giugno a Milano, nei locali della scuola di Via Ruffini. Calato di peso per rientrare nella categoria dei “piuma”, peso-limite 60 kg, ha ancora la classe di un tempo, è il favorito ma in finale subisce una sconfitta inaspettata dal quotato Vaglio che lo batte di un solo punto, ottenuto con una cintura di fianco a terra. Un brutto stop per il prestigio di Porro che comunque è ammesso alle selezioni nazionali di Genova, disputate nella palestra della “Colombo”, tra il 10 e 13 luglio. Qui Porro si prende la rivincita e vince tutti gli incontri, compreso quello con Vaglio, sia pure solo ai punti. Ovviamente, si guadagna il viaggio ad Anversa, peraltro assieme allo stesso Vaglio. Le gare olimpiche di lotta si svolgono nel Salone delle Feste della Società Zoologica Reale, nei pressi dello zoo di Anversa e della Stazione Centrale. Porro gareggia nei “piuma” il cui peso-limite è ancora di 60 kg. Al torneo partecipano 21 lottatori di 12 nazioni. Esentato per sorteggio dal primo turno, Porro entra in pedana il 17 agosto per gli ottavi contro lo svedese G. Svensson che riesce ad atterrare dopo 2’18”. Sembra dunque ben avviato, ma nei quarti si imbatte nell’ostico belga Boumans che ha già eliminato l’altro azzurro Vaglio. Niente da fare: Boumans si conferma “bestia nera” degli azzurri e batte anche Porro, dopo 1’59”, per “braccio girato”. Fine delle illusioni: a 35 anni Porro avvia il suo declino. Il torneo si trasforma in un trionfo finlandese, con l’oro a Friman e l’argento a Kahkonen mentre il bronzo va allo svedese F. Svensson. Per qualche stagione Porro sparisce di scena. Si diletta anche ad arbitrare incontri, rimane nell’ambiente, si allena saltuariamente. Allettato dai Giochi di Parigi, rientra nell’agone e nel novembre del 1923 si ripresenta in pedana, ai tricolori di Genova che si svolgono nei locali della “Colombo”. Nonostante i 38 anni suonati, non ha perso la classe di un tempo: tra i “piuma” è battuto solo da Quaglia, chiudendo al secondo posto e, dato il suo prestigio, la maglia azzurra non sembra così lontana. Inizia difatti alla grande il 1924: il 20 gennaio a Milano, nei locali delle scuole di Via Vignola, guadagna il titolo lombardo dei “piuma” senza perdere un incontro. La classe, certo, non gli manca così come l’esperienza: ha perso forse qualcosa in agilità, ma può ancora dire la sua contro chiunque. Il 29 febbraio Porro partecipa al primo torneo preolimpico, nella Sala Filzi della “Costanza” a Milano. Perde solo col sorprendente Gozzi ed ottiene commenti ancora positivi dai tecnici.

Si conferma il 4 maggio al Teatro Verdi di Bologna nel torneo per la “cintura d’oro”: vince tra i “piuma” e Parigi sembra sempre più vicina. Ma un infortunio, sotto forma di un’infrazione della costa prossima allo sterno, lo blocca nella fase più importante della preparazione. Porro è difatti costretto a disertare la decisiva prova di selezione che si tiene a Genova tra la fine di maggio ed i primi di giugno: la sua convocazione olimpica rimane in dubbio fino all’ultimo. Porro però è un nome troppo importante per essere sottovalutato e dimenticato: 16 anni prima ha vinto l’oro, non può essere lasciato a casa. Così la Commissione Tecnica, anche per rispetto degli altri lottatori, lo sottopone (in teoria) ad un supplemento di esame, nell’apposito ritiro collegiale che si tiene in uno sperduto paesino sulle colline dell’alessandrino, in località Piancastagna, non lontano da Cimaferle, nel comune di Ponzone. Qui, a partire dal 18 giugno, i nostri compiono la rifinitura decisiva che poi, causa maltempo intenso, termina a Genova. Porro dà comunque le minime garanzie di affidabilità ed alla fine la maglia azzurra di Parigi è sua. Ne fa le spese il romano Cavallera, secondo arrivato nella selezione genovese nei “piuma”, che viene relegato al ruolo di riserva. Porro, ancorchè non al massimo della forma, può disputare la sua terza edizione dei Giochi. Qualcuno vede in questa decisione un “regalo” al vecchio campione e forse non ha tutti i torti. Le prove olimpiche di lotta si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Porro gareggia nei “piuma”, il cui limite di peso è 62 kg. Al via 27 atleti di 15 nazioni. Vige la regola della doppia sconfitta ovvero viene eliminato il lottatore che perde due incontri. Porro rimane ben lontano dai vecchi standards di rendimento. Perde difatti due matches di fila, seppur ai punti: il 6 luglio contro lo svedese Malmberg ed il giorno seguente, piuttosto malconcio dopo il match precedente, contro il francese Capron. Come da regolamento, Porro è escluso subito dal torneo senza lasciare il minimo segno, per il crepuscolo sbiadito della sua carriera. Trionfo finnico con l’oro ad Anttila sul connazionale Toivola mentre il bronzo va ad un altro scandinavo, lo stesso Malmberg. Porro abbandona quindi l’attività agonistica, ma rimane sempre nell'ambiente della lotta, sia come arbitro che soprattutto come allenatore e consigliere dei giovani atleti, ammirato per il suo stile e la sua determinazione, sino alla morte avvenuta nella sua amatissima Milano.


[1] Nato a Milano, nella zona di Porta Ticinese, nel 1886. Allievo di Ernesto Castelli, primo campione italiano di lotta, va annoverato tra i migliori lottatori a livello nazionale di inizio XX secolo. Conquista 7 titoli italiani e l’argento europeo nel 1906. Morirà giovane, a 38 anni, per una malattia incurabile

[2] In quel periodo la ferma in Marina durava ben 4 anni


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