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PITTO Alfredo

Livorno 26.05.1906 / Milano 16.10.1976

1928. Calcio. MEDAGLIA DI BRONZO

Livornese purosangue, sin da bambino gioca a calcio e già a 15 anni è nella prima squadra della “Pro Livorno”, una piccola compagine locale labronica. Nel 1922-23 entra nel Livorno dove inizialmente viene schierato centravanti, per passare poi a centrocampo dove si rivela più adatto. Con la compagine amaranto si mette subito in mostra, rivelando grandi doti di mezzala e mediano: dinamico, eclettico, grintoso e pugnace da buon livornese, elegante col pallone tra i piedi, “sa stare in campo” e dettare la manovra anche con lanci e traversoni saettanti. Inoltre è molto veloce tant’è vero che a vent’anni, nel 1926, si cimenta seriamente sui 100m, vincendo il tricolore Allievi e realizzando un ottimo 11” netti. In quella rassegna nazionale vince anche la staffetta “svedese” (con Alessandri, Bertinelli e Giuliani) oltre a chiudere 3° i 400 e 4° il lungo. Insomma, è un ottimo atleta a tutto tondo. Il calcio però ha il sopravvento. Grazie a lui, ed al suo grande amico Magnozzi, a metà degli anni Venti il Livorno ottiene buoni piazzamenti nel girone eliminatorio della Lega Nord, ma non arriva alle finali. In compenso Pitto nel 1927, tra la fine di agosto ed i primi di settembre, è nella Nazionale Universitaria che si laurea campione del mondo a Roma dopo tre vittorie: 10-1 alla Svizzera, 3-0 all’Austria e 1-0 all’Ungheria. Giocatore di grande spessore, proprio quell’estate vive la prima svolta della sua carriera col trasferimento al Bologna. Lascia il Livorno dopo 85 presenze e 19 gol. Questo passaggio in città è mal digerito dai tifosi e suscita infinite polemiche: si cerca pure di fare una colletta, tramite un’assemblea pubblica al Cinema Margherita, per fornire i soldi necessari a far rimanere Pitto in amaranto, ma è tutto inutile. Pitto va al Bologna che ha bisogno di lui per rinforzare il centrocampo dopo la tragica scomparsa di Giordani, fulminato dalla meningite. Nel 1927-28 il Bologna chiude al 5° posto finale il Campionato e Pitto esordisce in Nazionale, il 1° gennaio 1928 contro la Svizzera a Genova. Vinciamo 3-2 e Pitto è salutato come il migliore in campo: ormai è un giocatore a tutto tondo, titolare azzurro. Difatti il CT Rangone lo inserisce nella lista dei 22 per Amsterdam. Al torneo olimpico di calcio, con la formula ad eliminazione diretta, partecipano 17 nazioni e, data la complessità, è la prima competizione ad iniziare, addirittura il 27 maggio. Gli azzurri, con Pitto in panchina, esordiscono il 29 maggio negli ottavi, contro la Francia e non è una partita facile. Si gioca alle 14 all’Olympisch Stadion di fronte a 2500 spettatori, arbitra il belga Christophe. L’inizio è sconvolgente: dopo 20 minuti siamo sotto 2-0 causa una doppietta dello scatenato Brouzes. La reazione dei nostri è veemente: al 21’ accorcia Rossetti ed al 39’ pareggia Levratto. All’ultimo minuto del primo tempo rovesciamo il risultato con Banchero. Si va al riposo sul 3-2. Dopo un quarto d’ora della ripresa Baloncieri mette il suo sigillo, ma c’è ancora da soffrire perchè un minuto dopo accorcia Dauphin. Manca mezz’ora alla fine ma i nostri controllano e vincono 4-3. Il 1° giugno altro incontro difficile e complicato: nei quarti affrontiamo la Spagna. Stavolta Pitto è in campo.

Si rigioca all’Olympisch Stadion, stavolta con inizio alle 19, di fronte a 3388 spettatori paganti. Arbitra l’uruguaiano Lombardi (di chiare origini italiane). La Spagna è avversario ostico: al 21’ passa in vantaggio con Zaldua. Si va al riposo sullo 0-1. Nella ripresa ci pensa ancora Baloncieri che pareggia al 63’. Il risultato non cambia, neanche dopo i supplementari. In quel tempo non sono previsti i rigori e la partita si ripete tre giorni dopo, il 4 giugno, nella stessa sede, con inizio alle 14, davanti a 4770 spettatori. Arbitro l’olandese Boekman. Pitto ancora titolare e vi rimarrà sino al termine del torneo. Stavolta non c’è partita, la Spagna è annientata: vinciamo 7-1. Il primo tempo termina 4-0 per le reti di Magnozzi al 10’, Schiavio al 15’, Baloncieri al 18’ e Bernardini al 40’. La Spagna accorcia alla prima azione della ripresa con Yemo, ma nel finale i nostri dilagano: al 73’ segna Rivolta e poi Levratto chiude con una doppietta (82’ e 84’). Siamo in semifinale e la medaglia pare vicina. Il 7 giugno, all’Olympisch Stadion, con inizio alle 19, ci tocca però il fortissimo Uruguay, campione in carica. 15.290 spettatori, arbitra l’olandese Eijmers. Baloncieri (ancora lui) ci fa sognare e segna dopo 9’. Il sogno dura appena nove minuti perchè Cea pareggia. Gli uruguayani sono forti e tessono con abilità la loro trama offensiva: al 28’ Campolo ed al 31’ Scarone sembrano mettere la parola fine alla disfida. I nostri si rinfrancano nel riposo e ci provano: dopo un quarto d’ora della ripresa Levratto ci porta sul 2-3. L’impresa pare possibile, ma il risultato non cambia. L’Uruguay vince 3-2, ma non abbiamo demeritato. Siamo così relegati alla “finalina” per il bronzo dove troviamo il sorprendente Egitto. Sulla carta l’avversario sembra malleabile (ne ha presi sei dall’Argentina nell’altra semifinale). Si gioca il 9 giugno all’Olympisch Stadion, con inizio alle 16, arbitro il belga Langenus, spettatori paganti 6378. In effetti vinciamo facile anche se gli africani non sono così sprovveduti ed all’inizio ci fanno soffrire. Dopo sei minuti segna Schiavio, ma dopo altri sei minuti pareggia Riadh. Al 14’ Baloncieri riporta avanti gli azzurri ma ancora Riadh pareggia due minuti dopo. Una doppietta di Banchero, al 19’ ed al 39’, indirizza la partita nel verso giusto. Schiavio, al 42’, e di nuovo Banchero, al 44’, chiudono i conti. La ripresa ha poca storia: Baloncieri (al 52’) e Schiavio (al 58’) arrotondano il punteggio, con El-Ezam (al 60’) a salvare la bandiera. Una tripletta di Magnozzi (72’, 80’ e 88’) fissa definitivamente il risultato in un clamoroso 11-3 che ci regala un bel bronzo, a dimostrazione della crescita internazionale sviluppata dal nostro movimento calcistico. L’oro va di nuovo all’Uruguay che così si laurea nuovamente “Campione del Mondo”: difatti, come quattro anni prima, anche questo torneo olimpico ha valenza di Mondiale, secondo quanto stabilito dalla FIFA.

Ma che fatica per la “celeste”! La finale tra Uruguay e Argentina del 10 giugno termina difatti 1-1 ed è necessaria la ripetizione, tre giorni più tardi, che va agli uruguagi per 2-1. Quegli stessi uruguagi che due anni dopo, superando di nuovo i tradizionali rivali argentini, guadagneranno anche il primo “vero” Campionato del Mondo. Intanto l’Italia inizia ad emergere, rinfrancata dal bronzo olimpico, il primo alloro intercontinentale del nostro calcio. Per Pitto un bel torneo, con 4 partite su 5, disimpegnandosi sempre a dovere: una medaglia meritata. Da qui prende lo slancio per una grande carriera. Intanto rivince il Mondiale Universitario, a Parigi, segnando tra l’altro su punizione il gol decisivo nell’1-0 all’Ungheria. Poi nel 1928-29 si aggiudica lo scudetto col Bologna[1], colonna portante del centrocampo rossoblu. Titolare della Nazionale, Pitto vive altre due ottime stagioni coi felsinei, sesti nel 1929-30 e terzi nel 1930-31. Dopo 106 partite e 10 gol col Bologna, Pitto accetta il trasferimento nella neo-promossa Fiorentina, al seguito dell’allenatore Felsner. Sembra una scelta azzardata, ma invece la “Viola” infila due ottimi campionati, con un 4° ed un 5° posto di tutto rispetto. Pitto è ottimo protagonista, con 43 presenze totali e 5 reti. Trova il gol anche in Nazionale, nel 2-2 contro la Cecoslovacchia a Roma il 15 novembre 1931. Nel 1933-34 altro cambio di casacca per Pitto che va all’Inter o, meglio, all’Ambrosiana come allora si chiamano i nerazzurri per volontà del regime fascista. Squadra di alto lignaggio e livello, con cui guadagna due secondi posti consecutivi alle spalle dell’inarrivabile Juventus ed un 4° posto nel 1935-36. In questa stagione Pitto gioca le ultime partite in Nazionale. Il 27 ottobre 1935 segna il gol azzurro a Praga nella sconfitta per 1-2 contro la Cecoslovacchia mentre il 24 novembre 1935 a Milano Pitto chiude la sua carriera in azzurro col pareggio 2-2 contro l’Ungheria. In azzurro colleziona 29 presenze e due reti, vincendo la prestigiosa “Coppa Internazionale” nel 1927-30 e 1933-35. Nel 1936, dopo 78 partite e tre gol, lascia pure l’Ambrosiana, tornando nostalgicamente a vestire la maglia amaranto del Livorno che contribuisce a riportare in Serie A. È questa in pratica la sua ultima annata su alti livelli. Grande centrocampista, autore di un’ottima carriera coronata da uno scudetto e da un bronzo olimpico, è tra i calciatori italiani più rappresentativi del decennio 1925-1935. A Livorno non lo hanno certo dimenticato, intitolandogli un campo sportivo.


[1] Nella finale di Campionato il Bologna affronta il Torino. Vince in casa 3-1 e perde 0-1 in trasferta. E’ dunque necessario uno spareggio, disputato a Roma e risolto da un gol di Muzzioli all’82°