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PITTALUGA Francesco

Santa Margherita Ligure (GE) 11.10.1913 / Santa Margherita Ligure (GE) 10.02.2016

1936. Canottaggio. 4° Quattro Senza

Detto “Checchin”, presto inizia a vogare anche se il servizio militare gli toglie molto spazio per gli allenamenti. Quando però viene trasferito a Roma, trova una grande opportunità. Suo zio difatti è Antonio Ghiardello, già bronzo olimpico di canottaggio nel 1932, nonchè anima e deus-ex-machina dell’Aniene capitolina. Ghiardello non ci pensa due volte: nel 1935 fa tesserare il nipote per la sua società e lo prende nella squadra del “4 senza” che sta allestendo per andare a caccia della qualificazione olimpica. Con i due a bordo salgono Pellizzoni e Luxardo, altro sammargheritese e nipote di Ghiardello, dunque cugino di Pittaluga. In sostanza, un “armo di famiglia”. I quattro, dopo intensi allenamenti sul Tevere, si presentano alle selezioni olimpiche di Pallanza dove il 18 luglio vincono, con 2” di margine sull’Olona che però, dato l’esiguo vantaggio, chiede la rivincita immediata. La Commissione Tecnica, evidentemente poco convinta dalla prova, accetta ed il giorno seguente i due armi si sfidano testa-a-testa: rivince l’Aniene, stavolta con 3” di vantaggio, discorso chiuso. Così, dopo un breve collegiale di rifinitura nella stessa Pallanza, il 27 luglio, in treno da Verona, si parte per Berlino. Le prove olimpiche di canottaggio si svolgono sul campo di regata di Grunau, sul fiume Dahme, nella periferia sud-orientale di Berlino. Nel “4 senza” partecipano 9 nazioni. Il 12 agosto nel primo turno gli azzurri non vanno troppo bene: chiudono terzi, nettamente battuti da Svizzera e Gran Bretagna. Riescono a sopravanzare i soli Paesi Bassi. Poichè solo i primi accedono direttamente alla finale, sono così costretti ai “recuperi” che poi rappresentano una sorta di semifinale. Il 13 agosto i nostri chiudono al secondo posto, a 6” dai vincitori della Gran Bretagna, ma riuscendo a superare l’Ungheria: va bene, perchè la piazza d’onore permette l’accesso alla finale.

Il giorno seguente, 14 agosto, si lotta dunque per l’oro. I nostri lottano, ma soccombono di fronte ad una strepitosa Germania che vince con 5” di margine sulla Gran Bretagna mentre il bronzo va alla Svizzera, con 1”8 di margine su un’Italia che ha fatto il massimo, superando Austria e Danimarca, ma non è bastato. Rimane difatti un’amara “medaglia di legno” per una prestazione comunque più che sufficiente. I quattro si confermano il 20 settembre quando all’Idroscalo di Milano guadagnano nettamente il titolo italiano, con ben 12” di margine sui lodigiani. Terminato il militare, Pittaluga, per tutti ormai solo “Checchin”, si trasferisce a Genova dove trova lavoro come ferroviere, ma non abbandona certo il canottaggio in cui consegue altri allori importanti. Nel 1937 viene difatti inserito nel “4 con” tricolore della “Timavo”, al posto di Bussani, e gareggia agli Europei di Amsterdam[1]: ne esce un bel bronzo, dietro Germania e Paesi Bassi. L’anno seguente, all’Idroscalo di Milano, torna agli Europei, ma con l’armo del “Dopolavoro Ferroviario Genova” e nel “4 senza[2]”: è argento, alle spalle della Svizzera. Nel 1940, con la stessa società ma compagni diversi, guadagna il tricolore del “4 senza[3]”: è il suo ultimo successo importante. Quindi, lavorando ancora come ferroviere, allena poi le giovani leve della “Argus” di Santa Margherita, stimato e benvoluto da tutti. Guadagna infine un altro “record”: se ne va a 102 anni, ultimo tra tutti i superstiti dei Giochi di Berlino a livello mondiale.


[1] Con lui gareggiano Pellizzoni, Bobig, Del Neri ed il timoniere Suzzi

[2] Con lui gareggiano Luxardo, Petrucci e Massa

[3] Con lui gareggiano Luxardo, Rodeghero e Viacava


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