PIRZIO BIROLI Alessandro
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Campobasso 23.07.1877 / Roma 20.05.1962
1908. Scherma. MEDAGLIA D’ARGENTO Sciabola a Squadre, Eliminato 2° Turno Sciabola Individuale, Eliminato Primo Turno Spada Individuale
La famiglia ha origini nizzarde ed il padre è un importante ufficiale dell’esercito, in passato garibaldino, di stanza a Campobasso dove nasce Alessandro (e non a Bologna come riportato da molte fonti). Entra nelle migliori scuole militari, compresa l’Accademia di Modena, seguito poi dal fratello minore Giuseppe che sarà anch’egli buon schermidore sia pure di livello inferiore. A Modena apprende l’arte della scherma, anche grazie agli insegnamento del maestro Salvatore Pecoraro, perfezionandosi alla Scuola Magistrale Militare di Roma. Pirzio Biroli figura presto nel novero dei nostri migliori schermidori. Tenente dei Bersaglieri, dalla fine dell’800 gareggia soprattutto nelle prove riservate ai militari: nel 1899 vince il prestigioso torneo di Sciabola al Circolo Militari di Roma, alla presenza del Ministro della Guerra (Alessandro Asinari di San Marzano), ed è secondo nella poule di Spada. Intervallando l’attività militare a quella agonistica, continua a gareggiare anche se vince raramente. Si segnala pure per la sua attenzione ai problemi di organizzazione e logistica della scherma nell’Esercito. Pubblica articoli, talora con spirito polemico, anche sui periodici sportivi quali “La rivista dello Sport[1]” e “La Gazzetta dello Sport”: analizza, senza tanti giri di parole, la situazione della scherma nei reggimenti, constatando come questa pratica sportiva sia “poco sviluppata e coltivata”, con criteri di valutazione che spesso deludono i più bravi. Esemplare la conclusione di un suo articolo che riflette il suo pensiero al riguardo: “la maggior diffusione della scherma tra gli ufficiali dell’Esercito sarà la migliore reclame che di questo utilissimo e cavalleresco esercizio si potrà fare in quelle classi sociali che avendo mezzi per coltivarlo dovrebbero dare il primo esempio agli altri cittadini”. Più che alle parole poi pensa ai fatti e continua a gareggiare, ottenendo buoni piazzamenti: nel 1902 è 2° nella gara alla scuola centrale di Tiro di Fanteria. L’anno seguente si distingue nel torneo di Cuneo, con l’amata sciabola con la quale conquista il 3° posto nella poule ed il 6° nella classifica generale. Nello stesso 1903 domina i gironi di spada e sciabola nel torneo del Club d’Armi Milanese. Nel 1904 è il migliore della sua Divisione militare, di stanza a Bologna, nell’apposito torneo di spada. Si cimenta pure nel fioretto, vincendo il Campionato Piemontese del 1905, anno in cui giunge 5° nel Campionato Italiano di Vercelli che combina assalti di fioretto e sciabola. Quest’ultima rimane la sua arma preferita: se nel 1906 è 2° dietro Bertinetti nel Campionato Piemontese di Vercelli, nel 1907 è Campione Italiano e vince pure il torneo di Parma (dove è 3° nella classifica di spada).
La stagione seguente, olimpica, non inizia nel migliore dei modi: Pirzio Biroli, divenuto frattanto Capitano del 1° Reggimento Bersaglieri, viene infatti malamente eliminato nel prestigioso torneo di Nizza e non gli vengono risparmiate critiche. Pur considerandolo ancora potenzialmente in grado di ogni successo, gli osservatori gli rimproverano una scherma “troppo elegante ed accademica”. Si allena intensamente e raccoglie i frutti: battuto solo dal più anziano Ceccherini nel Campionato Militare di sciabola a Roma, si impone con la stessa arma nel torneo, aperto anche ai borghesi, che si svolge nella caserma di S. Caterina. Le due prove giungono a pochi giorni dall’annuncio ufficiale della lista azzurra per Londra e Pirzio Biroli, tra l’altro 5° nella “Coppa Ravaschieri” di spada, entra in Nazionale. A Londra, nel playground allestito all’esterno dello stadio di White City, guadagna un bell’argento nel torneo di sciabola a squadre. Dopo aver battuto nei quarti 11-5 la Gran Bretagna il 21 luglio, con Pirzio Biroli che vince 3 incontri e ne perde uno[2], in semifinale i nostri si scontrano con la fortissima Ungheria (poi oro) e perdono 11-5 il 22 luglio: 1-3 lo score di Pirzio Biroli che vince solo con Gerde mentre perde con Foldes, Fuchs e Toth. Però, il 24 luglio, si impongono 10-4 sulla Germania nell’apposita “finalina”, con Pirzio Biroli imbattuto: vince difatti con Jack e Petri, pareggia con Krunert. E’ argento, prima medaglia in assoluto nella storia della scherma italiana ai Giochi. In precedenza, senza molto successo, Pirzio Baroli ha gareggiato anche a livello individuale. Il 17 luglio nel torneo di spada viene subito eliminato, giungendo 5° p.m. su 7 nel girone del primo turno, vincendo 2 incontri (con olandese Labouchere e boemo Dusek), perdendone 3 e pareggiandone 1. Ci riprova il giorno seguente, 18, con la sciabola, la sua arma preferita. Passa bene il primo turno, vincendo la poule a pari merito, con 2 vittorie (danese Schwarz e francese Langevin) ed una sconfitta (olandese De Jong). Il 20 luglio però si ferma nel turno seguente, giungendo 4° p.m. su 5, vincendo un solo incontro (boemo Lada) e perdendo gli altri, compreso quello col connazionale Bertinetti[3].
Negli anni seguenti continua a gareggiare su alti livelli nelle tre armi: nel 1909 conquista un altro titolo nazionale, stavolta nel fioretto e giunge 7° nel tricolore di sciabola. È inoltre secondo nella “Coppa Ravaschieri” di spada a Roma, battuto da Ceccherini, e nella “Coppa Pontenani” di sciabola, riservata di militari e vinta dal fratello Giuseppe. Gli impegni militari però poi lo tengono lontano dalle gare, limitandosi a concorrere nelle prove riservate agli ufficiali dell’Esercito: nel 1911 vince il torneo di sciabola riservato agli appartenenti della Divisione Roma mentre è 4° con la spada. Poi si dedica soprattutto all’attività militare dove si segnala a più riprese, non sempre in senso positivo, tra alti e bassi. Negli anni della Grande Guerra, da ufficiale dei Bersaglieri, le imprese in Libia, Balcani e Piave gli valgono tre medaglie di bronzo. Nel 1920 torna ai Giochi come capo-delegazione della scherma e guida Nedo Nadi ai trionfi di campionissimo. Poi Pirzio Biroli è il capo di una missione militare italiana in Ecuador che sostanzialmente fallisce. Quindi, schieratosi apertamente col fascismo, è in Eritrea, alla conquista dell’Impero, dove si guadagna sul campo la promozione a Generale, segnalandosi per autorità e spregiudicatezza, ma rendendosi complice di alcune nefandezze contro la popolazione civile. Tuttavia il peggio lo dà in Montenegro, durante la Seconda Guerra Mondiale: nel prestigioso ruolo di Governatore, sviluppa una fortissima repressione, con metodi brutali e sommari, domando a stento una rivolta popolare e provocando centinaia di vittime anche tra i civili. Per questo sarà dichiarato “criminale di guerra” dall’ONU, ma non subirà conseguenze anche perchè dopo l’8 settembre, fiutando bene il vento, non parteciperà agli orrori della RSI[4]. Comunque una brutta pagina per un uomo che, evidentemente, ha dato il meglio di sé nello sport e nei Giochi Olimpici.
[1] Rivista quindicinale che si stampava a Parma
[2] Vince con James, Marsh e Wilson; perde con Murray
[3] Perde anche con tedesco Petri ed olandese Doorman
[4] Su questa sua decisione pesa la notizia della tragica scomparsa del figlio Carlo che, dopo l’8 settembre 1943 e di stanza a Tirana, non si arrende ai tedeschi e cade combattendo, guadagnando una Medaglia d’Oro al Valor Militare