PESSINA Giorgio
-
Roma 16.06.1902 / Roma 18.07.1977
1924. Scherma. 4° Fioretto a Squadre
1928. Scherma. MEDAGLIA D’ORO Fioretto a Squadre
1932. Scherma. MEDAGLIA D’ARGENTO Fioretto a Squadre
Mancino, tira di scherma sin da giovanissimo sotto la guida del padre Francesco, maestro tra i più apprezzati della capitale. La sua arma è il fioretto col quale si segnala ai tricolori di Bologna del 1923, disputati nella palestra della Virtus: giunge secondo, superato solo dal grande Puliti. La sua condotta di gara stupisce i tecnici al punto che viene definito “schermitore difficilissimo ed ingannatore”, sa mascherare i colpi ed affondare con scaltrezza. Un talento puro. Nel 1924 ovviamente punta ai Giochi. Dopo le varie preolimpiche, tenutesi tra marzo e maggio, nelle quali si conferma alla grande, Pessina è ammesso alla selezione decisiva, disputata il 28 maggio nei locali della gloriosa “Società del Giardino” di Milano. È di nuovo strepitoso, classificandosi al secondo posto dietro l’imbattibile Puliti e guadagnandosi brillantemente il viaggio a Parigi. Può risultare, a detta dei tecnici guidati dal CT Flauto, un elemento fondamentale per la gara a squadre. Le gare olimpiche di scherma si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Pessina esordisce nel fioretto a squadre cui prendono parte 12 nazioni. Esentati dal primo turno, i nostri scendono in pedana il 28 giugno nei quarti di finale ed è spettacolo: nella loro poule battono 16-0 l’Ungheria, 12-4 la Svizzera e 13-3 l’Austria. Pessina è in squadra contro l’Austria, vincendo tre incontri (con Ettinger 5-4, Gottfried 5-2, Brunner 5-4) e perdendone uno, 5-3 con Huber. Il 29 giugno tocca alla semifinale e gli azzurri se la devono vedere con Belgio e Danimarca. Ma poichè la Danimarca è sconfitta sia dai nostri che dal Belgio, l’incontro tra quest’ultimo e gli azzurri non viene disputato in quanto entrano in finale le prime due compagini. Pessina è in pedana anche contro i danesi, superati 12-4: vince due incontri (con Berthelsen 5-4, Sjoqvist 5-3) e ne perde altrettanti, con Osiier (5-1) e Munck (5-3). Un comportamento non ottimale e che suscita qualche critica tra i giornalisti che lo vedono “poco combattivo e reattivo”. Non a caso in finale, il 30 giugno, Pessina rimane in panchina. Il girone conclusivo è a quattro, con Francia, Ungheria e lo stesso Belgio. La medaglia sembra praticamente scontata anche se la Francia fa paura. In effetti incontriamo subito proprio i transalpini e sono scintille: i francesi sono forti e si portano sul 3-1. Tocca a Boni contro Gaudin: i due arrivano sul 4-4 e succede il patatrac. Il giudice ungherese Kovacs attribuisce la stoccata decisiva a Gaudin. Boni non ci sta, inveisce e protesta, offende il giudice che chiede la traduzione delle sue poule a Italo Santelli, CT degli ungheresi. Segue la protesta ufficiale del giudice che chiede scuse immediate. Nasce un parapiglia, l’intera squadra italiana brontola ed urla a squarciagola, Boni si rifiuta di porgere le scuse, ben spalleggiato da tutti i nostri, dirigenti compresi. Alla fine, dopo un breve conciliabolo, gli azzurri decidono di abbandonare clamorosamente e lasciano lo stadio, cantando “Giovinezza”, l’inno fascista per antonomasia. Non possono che essere classificati che quarti. L’oro va alla Francia, probabilmente superiore tecnicamente ai nostri, argento per il Belgio, bronzo all’Ungheria.
Abbiamo buttato al vento una medaglia, per orgoglio e spirito patriottico. Inoltre, per protesta, nessuno dei nostri partecipa al torneo individuale di fioretto. La questione però ha pesanti strascichi. Santelli viene pesantemente accusato dalla stampa italiana ed il giornalista Cotronei è particolarmente attivo in questo senso al punto che tra i due si arriva alla sfida a duello. Italo, come consente il codice cavalleresco, si fa sostituire dal figlio Giorgio. Cotronei non può certo arretrare, ne va dell’onore non solo suo ma dell’Italia intera. La sede del duello è alquanto insolita: Abbazia, in Istria. La sfida dura ben poco, Giorgio è troppo più forte: Cotronei viene ferito al volto e tutto finisce lì. Rimane però una figura non proprio adamantina dei nostri: qualcuno ipotizza che abbiano preferito l’onore alla sconfitta sul campo. Per Pessina comunque una partecipazione più che onorevole, turbata e non poco dalla notizia, ai primi di luglio, della morte del padre Francesco, colui che lo aveva istradato alla scherma. Peccato non aver ottenuto una medaglia che certamente era alla portata degli azzurri. Negli anni seguenti Pessina prosegue l’attività, tra alti e bassi. Il 24 maggio 1925 chiude 8° la “Coppa Belloni” di fioretto a Cremona, vinta da Terlizzi. Si rivede solo il 30 dicembre quando si aggiudica il Campionato Laziale, da lui ottenuto già l’anno precedente, superando Gaudini 10-5 nelle sale dell’Accademia Greco capitolina. Nel 1926 non è al meglio della forma. Il 1° giugno termina difatti solo 14° il “Trofeo del Littorio” di fioretto a Cremona, dominato da Gaudini. Il 16 luglio chiude 5° il tricolore di fioretto, disputato a Venezia nel teatro “La Fenice” e vinto da Carniel. Nel 1927 continua a gareggiare solo col fioretto. Il 3 luglio chiude al quarto posto il prestigioso torneo di Cremona, sopravanzato da Puliti, Gaudini e Marzi. Si tratta comunque di un ottimo risultato che lo rilancia ad alti livelli. Nella stessa sede il 6 luglio è nella squadra italiana che vince il torneo di fioretto, con squillanti vittorie ai danni di Germania (16-0), Austria (10-6) ed Ungheria (12-4). Con lui Gaudini, Carniel e Pignotti. Il 17 agosto a Como chiude al quinto posto il tricolore, vinto dallo stesso Pignotti. E quinto Pessina si piazza anche agli Europei, disputati il 27 agosto a Vichy e vinti da Puliti. Evidentemente è abbonato al quinto posto che raccoglie anche il 26 novembre ad Offenbach, in Germania, nel torneo vinto dal tedesco Casmir. Il 1928 è annata olimpica ed ovviamente Pessina cerca la seconda qualificazione ai Giochi. Il 26 febbraio partecipa alla preolimpica di Firenze dove si affrontano due squadre “miste”: 3-3 il suo score. I tecnici lo definiscono discontinuo ed umorale, deve migliorare in concentrazione. Il 4 marzo è a Bruxelles dove i nostri affrontano i padroni di casa. Nel fioretto vinciamo 2-1, con Pessina che viene battuto da Tack. La tournée continua la settimana seguente nei Paesi Bassi. A Rotterdam Pessina, col fioretto, supera Mosmann 6-1 ed a L’Aja batte Nederpelt 6-3. Quindi il 10 marzo ad Amsterdam fa parte della squadra di fioretto che si impone 8-1 sui padroni di casa. Pessina sembra essersi assicurato il posto in Nazionale ai Giochi. Il 25 aprile è a Tunisi dove, in esibizione, perde 8-10 col fuoriclasse francese Cattiau, denotando ancora troppi alti e bassi, colpi da campione alternati a nervosismo ed errori da principiante. Il 3 giugno a Bologna chiude al quinto posto i tricolori vinti da Guaragna: è comunque tra i “probabili olimpici” nel fioretto.
Viene definitivamente selezionato dopo l’ultima e decisiva preolimpica del 22 giugno a Cremona dove chiude al quinto posto anche se, tra combine ed infortuni diplomatici, la gara ha uno sviluppo clamoroso, venendo addirittura sospesa a metà, con molti concorrenti che abbandonano la contesa. Le gare olimpiche di scherma ad Amsterdam si svolgono in un apposito edificio situato a lato dell’Olympisch Stadion, dal poco fantasioso nome di “Schermzaal” (sala della scherma). Pessina esordisce nel fioretto a squadre che inizia il 29 luglio, giornata campale visto che prevede ben tre turni. Al via 16 nazioni. Il primo ostacolo viene superato di slancio dai nostri che vincono 15-1 con l’Austria e 16-0 con la Gran Bretagna. Pessina è in pedana solo in quest’ultimo caso e si comporta molto bene, vincendo agevolmente i suoi incontri, peraltro su avversari non fenomenali: supera 5-1 Sheriff, Simey e James mentre a Pearce infligge un bel 5-2. Anche nei quarti di finale Pessina disputa uno solo dei due incontri, quello con l’ostica Danimarca, piegata 12-4. Pessina pareggia nel senso che vince due assalti e ne perde due. Supera 5-2 Berthelsen e 5-4 Baerentzen; è sconfitto 5-4 sia da Osiier che da Praem. Nell’altro match gli azzurri infliggono un sonoro 16-0 all’Ungheria. In panchina nell’incontro di semifinale con gli USA, vinto dai nostri 14-2[1], Pessina si ripresenta in finale, disputata il 30 luglio. Torna titolare contro il Belgio e, di nuovo, ottiene un 2-2: vince 5-1 con Verbrugge e 5-4 con Pecher, ma perde 0-5 con De Roocker e 4-5 con Crahay. I nostri tuttavia si impongono 13-3. Non viene schierato contro la Francia, nel match che probabilmente decide tutto: gli azzurri vincono 10-6, si “vendicano” dei misfatti parigini e mettono una seria ipoteca sull’oro. Ultimo ostacolo, l’Argentina e Pessina è in pedana: ennesimo 2-2, score cui ormai evidentemente è abbonato. Vince 5-0 con H. Lucchetti e 5-4 con Larraz, perde 1-5 con L. Lucchetti e 4-5 con Anganuzzi. Gli azzurri comunque domano i sudamericani 11-5 ed è medaglia d’oro! Pessina ha dato il suo onesto contributo anche se il suo score globale non è eccezionale: 10-6. Comunque è pur sembra una bella medaglia d’oro olimpica, con cui rende onore al padre, suo primo maestro. Quindi attraversa un lungo periodo di stasi: lascia le pedane, impegnato in altre attività. Sembra perduto per lo sport. Ma nei primi mesi del 1931 ritrova voglia e vitalità. Riprende ad allenarsi con una certa intensità e, ai primi di maggio, si ripresenta in pedana, ai tricolori di Venezia, sempre col fioretto, ma viene subito eliminato, ancora fuori forma. Non demorde: l’11 ottobre fa parte della squadra romana che a Napoli affronta i partenopei. Supera Piutti 5-1 ed i capitolini si impongono 7-2. Poi, anche se forse è fin troppo presto, si pensa ai Giochi. Non esistono vere e proprie selezioni, ma vari ritiri collegiali dove il CT Nedo Nadi osserva gli schermidori, misurandoli in prima persona con vari assalti e valutandoli anche attraverso innumerevoli scontri diretti. Anche Pessina, sul cui rendimento si nutre qualche dubbio peraltro legittimo data la sua discontinuità, passa sotto le “forche caudine” di Nadi che cerca di perfezionarne stile e tecnica. Evidentemente Pessina supera l’esame perchè entra nella lista azzurra definitiva, comunicata già ai primi di febbraio 1932.
Si preferisce rifinire la preparazione in una serie infinita di collegiali piuttosto che confrontarsi con gli avversari a livello internazionale, anche per non scoprire troppo le carte. Nei vari ritiri, tenuti prevalentemente a Roma, Pessina continua a ben figurare. Poi inizia la lunga trasferta americana. In realtà, dapprima, il 1° luglio gli azzurri vengono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce il quale li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. Gli schermidori provano anche qualche assalto, improvvisando una pedana negli angusti spazi dell’imbarcazione, ma certo non è semplice rimanere al top della condizione. L’11 luglio arrivano a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles dove iniziano gli allenamenti di rifinitura, con Pessina che pare in ottime condizioni di forma. Le gare olimpiche di scherma si svolgono nei locali dell’Armeria di Stato del 160° Fanteria, all’Olympic Park di Los Angeles. Pessina partecipa al fioretto a squadre cui prendono parte solo 6 nazioni, per una sorta di torneo di èlite. Nel primo turno, che poi è una semifinale, l’Italia affronta il Messico, dominando facilmente la contesa 16-0. I nostri scendono in pedana con la formazione-tipo: Marzi, Gaudini, Guaragna e Pignotti. Pessina difatti è riserva. Poichè anche la Danimarca batte il Messico ed al turno successivo accedono due compagini, non viene effettuato l’incontro tra azzurri e scandinavi. Si va così, lo stesso giorno, in finale, con Francia, USA e la stessa Danimarca. Con i francesi è battaglia a viso aperto, incerta ed equilibrata. Finisce difatti 8-8 e decide il computo delle stoccate che, per un solo punto, ci è sfavorevole: 58 a 59. Come vedremo, proprio questa stoccata di differenza sarà determinante. Pessina è ancora in panchina e vi rimane anche con gli USA, battuti 11-5. Viene invece schierato contro la Danimarca, agevolmente domata 12-4. Pessina si comporta bene: perde 4-5 con Osiier, ma domina 5-0 Bloch mentre infligge un bel 5-2 a Leidersdorff e Kofoed-Hansen. Per l’oro sembra tutto perduto dopo la sconfitta con la Francia che però, clamorosamente e troppo rilassata, perde con gli USA, al computo delle stoccate. Dunque Italia, Francia ed USA terminano a pari punti, con 2 vittorie ed 1 sconfitta a testa. Necessario lo spareggio, tutto torna in gioco, ma Pessina rimane in panchina. Con la Francia è un’altra battaglia, di nuovo 8-8 ed ancora le stoccate ci sono sfavorevoli, sia pure stavolta in modo più netto (58-66). Inutile battere nettamente gli USA 9-1: ormai è tardi. I francesi difatti non si fanno più sorprendere e sconfiggono 11-5 gli USA. L’oro va oltralpe. A noi resta comunque un bell’argento, sfumato in definitiva per una stoccata nella “prima” finale. Pessina guadagna in pratica la medaglia con una sola presenza, ma il suo contributo è stato comunque più che soddisfacente. Rientrato in Italia, per Pessina non è facile smaltire la sbornia olimpica, tra feste, cerimonie e premiazioni varie (Duce e principe Umberto compresi). Non rientra in pedana sino al termine dell’annata. Anzi, a 30 anni suonati non ottiene più risultati eclatanti, intraprendendo poi l’attività di allenatore, anche in Uruguay. Nei primi anni ’70, assieme al vecchio rivale ed amico Pignotti, scrive due manuali tecnici di alto livello, “Il fioretto” e “La sciabola”, che ancora oggi sono testi importanti per i maestri.
Gli schermidori azzurri per i Giochi di Los Angeles del 1932. Primo a sinistra, ed evidenziato dal tondo, Pessina
[1] In semifinale i nostri dovevano incontrare anche la Francia ma poichè anche i transalpini superano gli USA ed accedono in finale due squadre, questo match non viene disputato in quanto risulta pleonastico