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PAVESI Attilio Adolfo

Caorso (PC) 01.10.1910 / Ciudad de José C.Paz-Buenos Aires (Argentina) 02.08.2011

1932. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Prova Individuale, MEDAGLIA D’ORO Prova a Squadre

Undicesimo di dodici figli, nasce in una famiglia umile: il padre è pollivendolo. Detto “Tic” sin da bambino, è molto vivace e pratica tutti gli sport: nuota nel Chiavenna dove vince pure lunghissime gare di apnea, è un ginnasta acrobata al punto da esibirsi nella piazza del paese in rischiosi ed applauditi salti mortali, gioca a calcio come portiere. A 14 anni diventa apprendista di un meccanico che ripara anche biciclette e scocca la scintilla: sale in sella e non vi scende più. Nel frattempo, grazie alle sue abilità natatorie, ha pure il tempo di salvare un bambino che sta annegando nel Po. Nell’estate del 1925 inizia a correre nei “liberi”, i non tesserati, dove c’è tanto entusiasmo ma pure troppa indisciplina e spesso le gare se non truccate sono comunque falsate da incidenti vari. In queste competizioni improvvisate Pavesi comunque è sempre coi migliori: il suo risultato più noto di questo periodo è il secondo posto ottenuto nella “Coppa Primogenita” del 30 settembre 1928, alle spalle di Braghieri. Tuttavia è ancora uno dei tanti. Le cose cambiano nel 1929 quando la categoria dei “liberi” viene abolita proprio per le troppe irregolarità commesse. Pavesi si accasa alla “Robur”, la più forte squadra piacentina del momento. La sua prima gara con le nuove insegne è un mezzo disastro: il 28 aprile chiude solo 24° il “Giro della Vernasca” vinto da Catellani. Il suo rendimento migliora presto. Il 23 giugno termina al terzo posto, superato da Borsari e Negri, la “Coppa del Podestà” a Golese. Pochi giorni dopo, finisce 4° nella “Coppa Belloni” a Pizzighettone dove Grassi giunge da solo al traguardo, con Sesenna a regolare il gruppo e Pavesi preceduto anche da Terenzi. Il 29 luglio arriva la prima vittoria, nel “GP Medesano”, ed il giorno seguente chiude al secondo posto il Circuito di Sissa, battuto dall’esperto Sesenna. Il 4 agosto Pavesi termina terzo la “Coppa Bastianon” a Brescia, sopravanzato allo sprint da Meschini e Zanasi. L’8 settembre stesso piazzamento nella “Coppa Val Trebbia”, alle spalle dei fuggitivi Battesini e Menta. Sette giorni dopo, è battuto dal quotato Crippa nello sprint finale della “Coppa Città di Brescia”. Il 6 ottobre finisce quarto nella “Coppa Tanzi” a Sala Baganza, sopravanzato nell’ordine da Freddi, Scorticati e Zanasi. Trova un altro successo il 13 ottobre nella “Coppa Kullmann” a Monza. Sette giorni dopo, è secondo nel “GP Salsomaggiore”, battuto allo sprint da Negri. Chiude l’annata col 4° posto nel “Giro delle Tre Province” a Maleo (vince Sesenna) e con la terza piazza, il 3 novembre, nella “Coppa Città di Brescia” appannaggio di Freddi. In definitiva non si tratta di una brutta annata e Pavesi capisce di poter avere un futuro in sella alla bicicletta.

L’inizio del 1930 tuttavia non è ottimale e Pavesi si piazza due volte all’undicesimo posto: il 18 maggio nel “GP Parmense” vinto da Zucchini ed il 1° giugno nel “GP Salsomaggiore” conquistato da Bergamaschi. Però non molla, si allena con maggiore intensità ed il 29 giugno coglie il primo successo stagionale nel “Medaglione Volpi” a Sarnico, in volata su una decina di avversari. Il 14 luglio è sulla pista di Gragnano dove termina secondo nell’individuale, superato da Bruschi, e terzo nelle altre prove (velocità ed eliminazione). Il giorno seguente chiude al sesto posto il “GP Robur” a Piacenza, vinto da Sesenna. Il 17 agosto finisce secondo nel “Circuito Val Nure” a Ponte dell’Olio, superato da Beretta. Sette giorni dopo, coglie un’altra piazza d’onore nel “Circuito di Annicco” a Casalbuttano dove a batterlo è Costa. Il 15 settembre a superarlo nel “Circuito della Vernasca” è invece il piacentino Bruschi. Sette giorni dopo, finalmente un bel successo: nella “Coppa Cerini” a Castellanza, in una giornata di forte pioggia, entra nell’azione vincente, per poi precedere allo sprint i compagni di fuga Bovet[1] e Merlini. Quindi è terzo nel circuito di Cortemaggiore, appannaggio di Sesenna e torna al successo il 28 settembre nella “Coppa Val Trebbia” a Travo dove supera allo sprint i compagni di fuga Beretta, Stecconi e Ferrari. Torna sul podio il 5 ottobre nel “Giro dell’Emilia” riservato ai dilettanti: a superarlo il sorprendente Monetti ed Erba. Quattro giorni dopo, è a Fidenza per una riunione su pista dove arriva secondo nella velocità, superato dal “solito” Bruschi. Il 12 ottobre ritrova la vittoria nel “GP Autunno” a Corbetta, in volata. Passano altri sette giorni ed è un altro trionfo, nella “Coppa Parolini” a Gragnano dove allo sprint supera una quindicina di corridori. 24 ore dopo, chiude 4° il “Giro delle Tre Province” a Maleo vinto da Canazza. Non si ferma più: il giorno seguente si impone a Commessagio, con un’altra volata irresistibile. Comincia ad essere conosciuto e si parla di lui come “ragazzo interessante e promettente” anche se palesa qualche difficoltà di troppo in salita. Difatti nel “GP della Vittoria” del 4 novembre a Milano cede sul Ghisallo, ma rientra sui primi ed in una volata di ben 23 uomini, sotto la pioggia battente e con diversi corridori caduti, consegue l’ennesimo successo di uno spettacolare finale di stagione. Chiude l’annata con un’altra bella vittoria, nel “Criterium di Chiusura” a S. Martino dell’Argine, nel mantovano, davanti all’altro futuro olimpionico Borsari.  Sempre più convinto di “fare il corridore”, nel 1931 passa alla “Battisti” di Milano, una delle squadre più forti ed organizzate a livello dilettantistico al punto che gli organizza pure un soggiorno in Riviera per prepararsi meglio alla stagione. Inizia bene: il 1° marzo coglie un bel 4° posto nel “GP S. Geo” a Milano, la corsa che tradizionalmente apre la stagione ciclistica. Lo precedono tre uomini di spicco come Bovet, Canavesi e Romanatti. Il 15 marzo chiude al secondo posto il “Criterium d’Apertura”, ancora nel capoluogo meneghino, battuto allo sprint da Zucchini. Sette giorni dopo, trionfa nella “Coppa Caldirola[2]”, a Milano, in volata su un folto manipolo di agguerriti concorrenti.

Viene salutato come “la più bella novità di inizio stagione”, ammirato per il suo modo di correre e per uno sprint invidiabile. Il 29 marzo Pavesi si conferma alla grande, vincendo in solitario il “GP Aquilano” (al via in 220!) sulle strade dell’hinterland meneghino dove va in fuga con Mutti, sfruttando un passaggio a livello che si sta chiudendo, per poi isolarsi al comando nel finale. Sembra imbattibile: nella “Coppa Bendoni”, staccato in salita, rientra sui primi quattro ad una decina di km dal traguardo, per poi superarli in volata. Il servizio militare gli crea qualche problema, costringendolo a rimanere lontano dalle corse per qualche mese: di stanza a Cremona, finisce in Valtellina per alcune esercitazioni sul campo. Si rivede in gara solo il 4 ottobre nella “Coppa Germini” a Roma dove finalmente è riuscito a sistemarsi nel Centro di Educazione Fisica alla Farnesina, riservato agli atleti militari “di interesse nazionale[3]”: fuori forma, finisce 18°, lontano dal vincitore Minasso. Tre settimane dopo, ha già ritrovato un buon colpo di pedale: nella “Targa Giuliano” è l’unico a resistere al ritmo di Gambacurta che poi però lo brucia sul traguardo. Piazza d’onore anche nella “Coppa Rizzacasa” del 1° novembre quando, sull’arrivo in leggera salita di Montesacro, è battuto dal piemontese Minasso, suo commilitone. Sette giorni dopo, finisce secondo, superato in volata da Meini, anche nel “Giro dell’Umbria”. Passa un’altra settimana ed ottiene il settimo posto nella “Coppa Fadigati” a Terracina dove vince Martano e Pavesi accusa la rottura di una ruota ed una foratura. Chiude l’annata il 24 novembre col quinto posto nella “Coppa Ponte Felcino” vinta ancora da Martano. Termina così un anno di transizione, complicato molto dal militare, ma con qualche sprazzo che lascia ben sperare. Ancora militare a Roma, gli vengono concesse numerose licenze per allenarsi e gareggiare: è fortunato rispetto ad altri colleghi perchè i tecnici azzurri lo tengono in considerazione tra i “probabili olimpici”. Esordisce senza fortuna il 28 febbraio nella “San Geo” dove fora due volte e si ritira (vince Migliorini). Il 6 marzo chiude buon quarto la volata del “Criterium d’Apertura” a Milano: a superarlo nell’ordine Andretta, Dabini e Cazzulani. Quindi il 27 marzo è a Napoli per un altro “Criterium d’Apertura”. La corsa si decide sulla salita di Coroglio dove, una volta tanto quando la strada sale, Pavesi rimane in testa col solido romano Gambacurta che poi lo supera sul traguardo. Ai primi di aprile Pavesi disputa quindi il “Giro della Sicilia Occidentale” in tre tappe[4] dove si piazza sempre al terzo posto, chiudendo la generale in seconda posizione, a 1’20” dal vincitore, il palermitano Mammina. Per Pavesi un’altra bella prestazione che lo conferma anche uomo di fondo ed adatto a tutti i percorsi anche se in salita, dato il suo fisico “da torello” come viene definito sulla stampa, soffre sempre troppo.

Comunque è in forma: dopo il ritiro nel “Giro del Penice” dove è bloccato dal freddo (nevischia in quota), il 15 maggio scatena l’azione vincente nella “Roma-Tagliacozzo-Roma”, sul Monte Bove, ma il compagno di fuga Martano lo batte allo sprint. Dieci giorni dopo, è a Saltara per la “Coppa Valle del Metauro”, una preolimpica. Pavesi si batte bene, ma nel finale si fa sorprendere dall’attacco violento di Simoni che va a vincere, chiudendo poi al sesto posto. Il 5 giugno è tra i favoriti del tricolore di Perugia, ma incappa in una giornata-no, ha problemi di stomaco (leggenda vuole che la colpa sia da attribuirsi...ai troppi cioccolatini mangiati alla partenza!) e si ritira. Non va benissimo neppure il 26 giugno nell’ultima e decisiva preolimpica, la crono di 103,3 km a San Vito al Tagliamento: inizia bene, ma poi cede alla distanza, complice anche una secchiata di acqua lanciata da una tifosa che si fa sfuggire di mano il secchio, colpendo il povero Pavesi il quale chiude quinto, a 2’22” dal sorprendente vincitore Zaramella. Tuttavia ha già dimostrato il suo valore ed i tecnici, in primis Vittorio Spositi (potente segretario UVI) e Luigi Bertolino (vice-presidente UCI e delegato CT per la strada), lo tengono in grande considerazione: così il suo nome è tra i selezionati della prova di Los Angeles anche se sembra inizialmente il candidato numero uno allo sgradevole ruolo di riserva. Gli altri sono Olmo, Cazzulani, Segato e Zaramella. Il viaggio per l’America è lungo e massacrante. Il 1° luglio gli azzurri vengono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. I ciclisti sono i più fortunati perchè hanno a disposizione il cosiddetto home-trainer ovvero i rulli che, sistemati sul ponte della nave, permettono comunque di tenere le gambe in movimento. L’11 luglio si arriva a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles. Qui iniziano gli allenamenti dove Olmo, attesissimo, e Cazzulani si dimostrano di gran lunga i più in palla. Al contrario, Zaramella ha sofferto più del dovuto il viaggio e pare l’ombra del corridore di un mese prima. Così i tecnici decidono di organizzare una vera e propria sfida su strada tra gli azzurri: il peggiore risulta proprio Zaramella che dunque non correrà. Pavesi corona il sogno: titolare ai Giochi! I nostri fanno le cose per bene. La sera della vigilia non dormono nel troppo caotico e distante villaggio olimpico. Si rintanano, unici tra tutti i partecipanti, in un piccolo rifugio alpestre, a 500m di quota, sui monti Alsowhere, non distante dalla località di partenza.

La gara olimpica di ciclismo si svolge la mattina del 4 agosto lungo 100 km a cronometro, con partenza a Balcom Canyon ed arrivo nella periferia nord di Santa Monica, su un tracciato per lo più pianeggiante e pittoresco, a mezza costa davanti al Pacifico. Partecipano 35 corridori di 11 nazioni. I tempi realizzati dai primi tre concorrenti di ogni paese, tramite semplice somma, serviranno a compilare la classifica a squadre. Pavesi, che come rapporto monta il 56x18 ed utilizza cerchi in legno, ha un unico piano ed un obiettivo ben preciso: quattro minuti prima di lui, peraltro ultimo a prendere il via, scatta il favorito numero uno, il danese Hansen[5]: “o lo prendo o scoppio” dice tra sè l’azzurro che in effetti parte a spron battuto. Favorito anche dall’inusuale avvio in discesa, dove è un vero e proprio “drago” a detta di tutti, ingrana subito alla grande. Raggiunge presto il britannico Harvell, partito due minuti prima di lui. I suoi tempi sono prossimi ai migliori ed accelera ancora: non crede ai suoi occhi quando, poco prima di metà strada, intravede le auto che seguono proprio Hansen. Lo raggiunge e lo supera di slancio. Nel finale non perde una pedalata. Pavesi non vince, stravince e, bisogna dirlo, il risultato è sorprendente, la vittoria di un outsider. Copre il tracciato in 2h28’05”, alla media di 40,517 km/h: medaglia d’oro. Gli altri azzurri completano il trionfo: secondo, a 1’16”, giunge Segato mentre il bronzo va allo svedese Britz, a 1’40”. Quarto Olmo, a 1’43”: per soli tre secondi dunque il podio non è tutto azzurro. Qualcuno polemizza sul trionfo dei nostri, cercando la “gabola”: Pavesi sarebbe stato aiutato dalle auto del seguito oppure addirittura avrebbe usufruito della scia prodotta dalla moto del poco accorto poliziotto incaricato di aprirgli la strada, poco abituato alle astuzie dei ciclisti. È la rabbia dei battuti: il successo azzurro è pienamente legittimo ed i nostri ovviamente dominano la classifica a squadre, con un totale di 7h27’15”, addirittura con 11’35” di margine sulla Danimarca e 11’57” sulla Svezia. Cosa pretendere di più? Il nostro ciclismo dilettantistico va sul tetto del mondo anche in strada dopo i tanti successi della pista. Pavesi diventa l’uomo del giorno al punto che si interessano a lui pure gli studios hollywoodiani: durante una visita alla “mecca del cinema” l’oro olimpico si imbatte nella bellissima attrice Anita Page che si lascia fotografare con lui, probabilmente cercando visibilità e pubblicità. Fatto sta che la stampa, ricamandoci su non poco, parla di un presunto flirt sul quale i diretti interessati hanno sempre glissato. Pavesi comunque se la gode e se la prende molto comoda anche perchè al rientro in Italia lo aspetta ancora il militare: dunque ritarda il rientro in patria, con la scusa di alcune riunioni su pista organizzate appositamente dagli americani. In una di queste, al “Rose Bowl” di Pasadena, supera nell’inseguimento lo statunitense O’Brien.

Pavesi torna in Italia solo il 17 settembre e, tra feste e ricevimenti vari, è dura smaltire la sbornia olimpica, soprattutto con due ori al collo. Torna comunque alle gare un mese dopo, il 16 ottobre nella cronocoppie di Torino, abbinato a Segato: sfortunatissimo, sbaglia strada e fora due volte, per poi ritirarsi. Vincono i delusi di Los Angeles, Olmo-Cazzulani. Una settimana dopo, è sulla pista di Fiorenzuola dove perde l’inseguimento con Cimatti (altro oro ma nel quartetto) e chiude secondo nell’americana, col piacentino Bruschi, alle spalle di Cimatti-Sesenna. Il 4 novembre partecipa alla propagandistica Firenze-Roma, staffetta a squadre, con la compagine di Piacenza e Parma che però chiude solo al 18° posto. Tuttavia Pavesi va bene a livello individuale, risultando in pratica il migliore dei suoi. Ma, dopo tante belle prestazioni, la ruota gira...storta. Pavesi è tra i più attesi al passaggio nel professionismo, ma per vari motivi delude fortemente. In inverno sta male, viene operato di tonsille, fatica a recuperare. Non trova un ingaggio importante ed è costretto a barcamenarsi tra gli Indipendenti, pur indossando la maglia grigia della “Maino”. Il 1933 per lui non è una grande annata, ottiene solo piazzamenti in gare di secondo piano ed alla “Sanremo” termina 62°. Una serie di malanni fisici, in particolare di natura gastrica, gli impongono una lunga sosta: si rivede solo nel finale di stagione quando termina secondo nella “Coppa Ongina” a Monticelli, dietro Saccani. La “Bianchi” comunque gli dà fiducia per il 1934 anche se non lo inserisce nella squadra ufficiale. Disputa il “Giro d’Italia” dove però riaffiorano i disturbi gastrici e chiude, con grande sacrificio, al 52° ed ultimo posto. Alla fine di giugno Pavesi torna pure alla vittoria, nella Prato-Grosseto, seconda tappa del “Giro di Toscana”. Ma è un fuoco di paglia. Il 1935 è disastroso al punto che Pavesi torna tra i dilettanti dove l’anno seguente, con la “Battisti” che gli ha sempre dato fiducia, vince la “Coppa Italia”: con lui Rossi, Fassina e Marabelli. È l’ultimo squillo di una carriera brillante come l’oro nelle categorie minori, deludente tra i pro. Poi nel 1937 Pavesi si trasferisce in Argentina, nei pressi di Buenos Aires: quella che doveva essere una semplice trasferta ciclistica, si trasforma in una scelta di vita, complice anche la guerra. Pavesi difatti, ben ambientatosi nella metropoli sudamericana, non rientra in Italia ed apre un negozio di cicli che raggiunge un certo successo commerciale. Nei decenni seguenti torna in patria saltuariamente e viene sempre festeggiato calorosamente dai compaesani. Se ne va alla veneranda età di 100 anni esatti.


[1] Alfredo Bovet, nato in Svizzera, a Cully, il 06.05.1909, ma italiano a tutti gli effetti. Coglierà il suo più grande successo, a sorpresa, nella Milano-Sanremo 1932 dopo una spavalda ed irresistibile fuga di 100 km. Tra le sue vittorie anche Giro di Catalogna 1933, Tre Valli Varesine 1933 e Criterium d’Apertura 1936

[2] I partenti di questa corsa sono ben 225

[3] Tra gli altri vi sono pure il grande calciatore Giuseppe Meazza ed il forte ciclista Giuseppe Martano, già iridato dei dilettanti

[4] Rispettivamente Palermo-Marsala, Marsala-Caltanissetta e Caltanissetta-Palermo

[5] Nato a Copenaghen il 16.03.1902. Strepitoso cronoman, nel 1928 ai Giochi di Amsterdam ha vinto l’oro individuale ed a squadre. Nel 1931 ha guadagnato il Mondiale su strada, nella sua Copenaghen, corso peraltro a cronometro


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