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PAGNINI Eugenio

Forlì 13.07.1905 / Rimini 29.09.1993

1928. Pentathlon Moderno. 11°

1932. Pentathlon Moderno. 12°

pagnini grandeBrigadiere della Guardia di Finanza, dopo aver dimostrato buona disposizione allo sport, all’inizio del 1928 viene inserito nella lista dei “probabili olimpici” che vengono opportunamente testati ed allenati nelle varie discipline al Centro Militare di Educazione Fisica della Farnesina di Roma, in un apposito collegiale. Sono difatti i vertici militari a coordinare la spedizione italiana di Pentathlon Moderno, scegliendo i migliori elementi sull’intero territorio nazionale tra coloro che mostrano le più forti attitudini nei cinque sport interessati dall’evento olimpico. Pagnini si dimostra il migliore del corso romano ed alla metà di luglio viene ufficialmente selezionato per partecipare ai Giochi sotto la guida del CT, il capitano Lucio Soli. Alla gara olimpica di Pentathlon Moderno partecipano 37 atleti di 14 nazioni ed inizia il 31 luglio con la prova di tiro a segno, disputata al poligono di Schietterein a Zeeburg, ad est del centro di Amsterdam. Pagnini esordisce con una buona prestazione, piazzandosi nono: totalizza 184 punti contro i 196 del primo, il tedesco Hax. Poichè la classifica generale è data dalla semplice somma delle posizioni ottenute (vince chi ottiene meno punti), niente di compromesso. Difatti Pagnini è spettacolare il giorno dopo, 1° agosto, nella prova di nuoto disputata sotto una fitta pioggia, 300 m sl nel canale Stadiongracht, in pieno centro di Amsterdam, nei pressi dello Stadio Olimpico: vince nettamente la gara, con 25” di margine sul secondo, lo svedese Thofelt che passa al comando della generale con 8 punti. Pagnini ovviamente risale in classifica, fino al secondo posto, con 10 punti. Tutto ancora più aperto. Il 2 agosto tocca alla scherma, la spada ad un solo tocco, in un tutti contro tutti. Una sorta di terno al lotto. Oltre tutto Pagnini incappa in una giornata-no, peraltro in una specialità da lui poco amata, e perde terreno: chiude addirittura solo 29° e scende all’ottavo posto della generale. La sua pare una gara sull’altalena perchè il 3 agosto giunge buon 6° nella gara di cross[1], a 25” dal vincitore, il polacco Stelestowski: bel balzo nella generale di Pagnini che giunge al 4° posto p.m., a 2 soli punti dal bronzo.

Tutto può ancora accadere perchè manca solo una gara, la difficile steeple-chase di equitazione. In effetti qualcosa accade, ma non nel senso sperato: il sorteggio affida a Pagnini, che non ama certo questo genere di prova, un cavallo mediocre che non riesce a domare, trovandosi in grande difficoltà. Così termina solo 29°, perdendo ogni speranza di podio. A conti fatti nella generale chiude 11°, comunque un discreto piazzamento, ma troppo inficiato dalle contro-prestazioni in scherma ed a cavallo. Peccato, perchè Pagnini aveva veramente la possibilità di ottenere ancora qualcosa di più, anche se forse non la medaglia. Totalizza difatti 74 punti contro i 47 dello svedese Thofelt che guadagna l’oro davanti al connazionale Lindman (49) ed il tedesco Kahl (52). Per Pagnini comunque, tra l’altro il migliore dei nostri, una prova più che sufficiente e che porta qualche rammarico in casa azzurra in uno sport praticamente sconosciuto e praticato nel nostro paese solo a livello militare, e raramente. Difatti se ne riparla dopo tre anni. Quando nel marzo del 1931 le autorità militari fanno svolgere le prime selezioni, alla Farnesina, per i Giochi di Los Angeles, Pagnini è nuovamente della partita, forte della sua esperienza pregressa. In effetti è ancora tra i migliori: 4° nella spada e terzo nella corsa campestre. Sotto la guida del CT, il capitano Luciano Soli, una decina di atleti (tutti militari) viene convocata per un collegiale alla Farnesina di Roma che dura diverse settimane. Pagnini è tra questi e si conferma nella successiva selezione, disputata alla fine di ottobre: vince tiro e corsa, si piazza bene nelle altre prove, anche se continua a soffrire troppo in sella ai cavalli, e viene ulteriormente prescelto, nonostante mostri spesso una certa dose di nervosismo che certo non agevola le sue prestazioni. Tutto si decide nelle selezioni della Farnesina nel giugno 1932: rimangono in quattro e Pagnini è uno di questi. Sarà titolare mentre l’ingrato compito di riserva spetta al tenente Perelli. Poi, terminato finalmente il ritiro romano, è tempo di pensare al viaggio in America. Il 1° luglio gli azzurri vengono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. Vengono allestite pedane di fortuna per la scherma, ma gli spazi sono angusti, e pure alcune sagome da colpire per i tiri però evidentemente l’allenamento non è ottimale. 

L’11 luglio arrivano a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles. Alla gara olimpica di Pentathlon Moderno partecipano 25 atleti di 10 nazioni. La classifica viene stilata in base ai piazzamenti: 1 punto al primo, 2 al secondo e così via: ovviamente, vince chi ottiene meno punti. La prima prova è l’equitazione, consistente in un cross-country steeplechase che si svolge il 2 agosto al Riviera Country Club di Pacific Palisades. Vince chi commette meno errori e, a parità di punti, chi compie il tragitto nel minor tempo. Il migliore risulta lo svedese Lindman mentre anche Pagnini, finalmente in palla nell’equitazione, compie il percorso netto come il primo: tuttavia il suo tempo è molto più alto e si piazza al nono posto, superato anche dall’altro italiano Simonetti (ottavo). Pagnini ha dovuto fare i conti con un cavallo bizzoso che s’è pure rifiutato di saltare un ostacolo, alla fine poi superato dopo alcuni secondi di impasse: per questo la sua prova deve essere comunque considerata positiva. Il giorno seguente tocca alla scherma, gara di spada in un tutti-contro-tutti. Si impone un altro svedese, Thofelt, con Pagnini 13°. Nella generale svetta Lindman, con Pagnini 11° p.m. Niente è perduto, ma bisogna sbrigarsi. Invece il tiro, disputato nel poligono dell’Accademia di Polizia all’Elysian Park, non lontano dalla Chinatown di Los Angeles, è fatale alle aspirazioni di Pagnini: chiude difatti 21° e compromette definitivamente le possibilità di un bel piazzamento. Vale a poco difatti la sua grande performance nel nuoto, 300 m a stile libero, disputati nella piscina dell’Olympic Park: chiude difatti secondo, in 4’34”3, non lontano dal migliore, lo svedese Thofelt (4’32”6). Ormai il podio è un sogno. Pagnini non svetta neppure nell’ultima prova il 6 agosto, il cross di 4mila metri che si tiene nel Golf Club di Sunset Fields, alla perfieria sud-ovest di Los Angeles. Si disimpegna comunque relativamente bene, chiudendo 11°p.m., e migliore dei nostri, nella corsa dominata dai britannici (1° Legard e 2° MacDougall). Nella generale, dopo le cinque prove, Pagnini finisce 12°, con 56,5 punti: molto lontano non solo dall’oro dello svedese Oxenstierna (32), ma anche dall’argento di Lindman (35,5) e del bronzo dello statunitense Mayo (38,5). Per Pagnini comunque una gara dignitosa e sufficiente, peraltro similare a quella di Amsterdam: peccato per la pessima prova al tiro perchè un posto tra i primi dieci era nelle sue potenzialità. Lo dimostra nella grande gara internazionale tenutasi a Stoccolma tra il 19 ed il 23 agosto 1934 quando, appunto, chiude al decimo posto ma con molte attenuanti: nella prova di equitazione difatti un ramo gli si conficca in una guancia. Continua imperterrito sino al termine, chiudendo buon settimo. Ma alcune schegge di legno gli sono rimaste sotto pelle: vengono estratte chirurgicamente e la ferita suturata con quattro punti. Sopraggiunge una leggera febbre, ma Pagnini coraggiosamente continua la prova, piazzandosi ottimo quarto nella spada, per poi cedere qualche posizione. La sua gara è ammirata da tutti: vince tra l’altro il grande Thofelt, a conferma di un livello tecnico elevato. È il suo ultimo risultato importante: non viene neppure preso in considerazione tra i “probabili olimpici” del 1936.


[1] La gara è disputata nello Sportpark di Hilversum