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PAGLIANI Luigi

Magliano Sabina (RI) 02.02.1883 / Roma 04.10.1932

1908. Atletica Leggera. Eliminato Primo Turno 3 miglia a squadre, Eliminato Primo Turno 5 miglia

La famiglia ha origini marchigiane ed il padre è un tappezziere trasferitosi nella Capitale. Ma il padre, soprattutto, è anche un podista poliedrico: corre nelle piazze di tutto il Lazio, fa spettacolo, addirittura canta, intrattiene il pubblico e riceve qualche spicciolo di compenso. Trasmette a Pericle, sarà sempre chiamato così nonostante all’anagrafe sia Luigi, la passione per la corsa. E Pericle, fin da bambino, obbedisce. Di corporatura snella ed asciutta, gambe lunghe ed esili, gareggia presto su strada, con un’andatura definita “elastica e leggera”. Fin dai 14 anni si cimenta con avversari più maturi ma le vittorie arrivano presto: nel 1902 guadagna il titolo di “campione romano” sui 25 km. Dotato di fondo e resistenza, è difatti sulle lunghe distanze che dà il meglio di sé. Nel 1903 vince il “GP Esperia” a Roma, sui 25 km, ed è secondo dietro al forte Ferri[1] nel “Premio Lazio” sui 20 km. Nel 1904 domina il campo: inquadrato nelle file della Lazio, con cui correrà gran parte della sua carriera, stabilisce il record italiano dell’Ora (con 17,135 km) e quello dei 10mila con 33’16”4/5, primo italiano a scendere sotto il muro dei 34’ oltre a vincere la “XX Settembre”, di 25 km, nell’anniversario della presa di Porta Pia. Alternando le gare all’attività quotidiana di strillone che gli serve anche da allenamento (i giornali vengono consegnati...a piedi), vince dappertutto, a Milano come a Napoli, confrontandosi coi più grandi fondisti del periodo: ancora nel 1904 fanno scalpore la sfida “testa a testa” col forte Volpati[2], da lui battuto due volte di fila, ed il suo successo nel prestigioso “Giro di Milano” dove riprende e stacca l’avventato Fraschini che però poi si prende la sontuosa rivincita nel “Giro di Torino”, costringendo Pagliani alla piazza d’onore. Aver percorso 8,830 km in mezz’ora ed i netti successi nel “Campionato dell’Italia Meridionale”, a Napoli, e nella “Milano-Monza-Milano” di 22 km (con Fraschini secondo e Pietri terzo) lanciano definitivamente Pagliani tra i migliori fondisti italiani. Nel 1905 è sempre in prima fila (vince finalmente l’ambito “Premio Lazio”) ma trova due fortissimi avversari in Pietri (che lo batte ai tricolori di 25 km dove viene superato pure da Volpati) e l’emergente Lunghi che lo sopravanza nel “Giro di Genova” e nel “Giro di Milano” (con Pietri secondo). Pericle però realizza, il 30 dicembre a Roma, il nuovo primato nazionale dei 5000 con 16’18”0, corredandolo da altri due record: di nuovo 10mila con 33’07”1/5 e Ora con 17,810 km.

Non è forse il più forte, ma comunque rivaleggia ad armi pari coi più forti, e non è poco. Pagliani è grandissimo nel 1906 quando, oltre al sempre ambito “Premio Lazio”, conquista i due titoli italiani sui 25 km per le due entità che allora governano l’attività podistica, l’UPI (a Torino, 2° il grande Dorando Pietri!) e la FPI. Un risultato storico e che non ammette dubbi sulle sue qualità, corroborato dal record italiano sulle 3 miglia e da altre belle vittorie tra cui quella nel cross-country di Milano sui 5 km e nel “Giro di Lecco”. Quell’anno Pagliani gareggia inoltre nei Giochi “intermedi” di Atene, giungendo 5° nella finale delle 5 miglia e venendo subito eliminato in batteria nei 1500. La stagione seguente inizia bene, vincendo il “Premio Lazio”, ma è costretto a fermarsi l’intera estate per un problema ad una caviglia. Rientra solo a novembre, in tempo per aggiudicarsi i Campionati Regionali sui 20 km, distanza nella quale è pero poi sconfitto ai tricolori dal grande Dorando Pietri. Chiude l’annata col successo nel “Premio Esperia” sui 25 km davanti al rivale concittadino Blasi. I due si ritrovano, con lo stesso risultato, all’inizio della nuova stagione, peraltro olimpica, nel “Premio Lazio” sui 20 km. Pagliani è in forma e si prepara bene per l’appuntamento londinese, dando spettacolo ai tricolori di Roma: vince 5000 col nuovo record italiano (16’07”4/5) e cross-country (primo tricolore del genere mai assegnato e disputato tra Acqua Acetosa e Parioli) oltre a giungere 2°, dietro al grande Pietri, sui 20 km. I responsabili della Commissione Tecnica federale, su tutti Olindo Bitetti[3] e Tito Masini[4], non possono non inserirlo nella lista per i Giochi di Londra ai quali Pagliani si avvicina migliorando il record italiano della mezz’ora. Ai Giochi però delude. Il 14 luglio prende parte alla prova a squadre, disputata sulla distanza di 3 miglia. Si parte tutti insieme, cinque per squadra, e la classifica viene decisa in base alle posizioni al traguardo (1 punto al primo, 2 al secondo e così via) dei primi tre arrivati per ciascuna compagine. Nella batteria i nostri si trovano di fronte britannici ed olandesi: i padroni di casa sono fortissimi (vinceranno l’oro) e degli azzurri giungono al traguardo solo Pagliani, il migliore dei nostri, 5° in 15’22”6 e Cartesegna (6°). Gli altri, compresi i “campionissimi” Pietri e Lunghi, si ritirano: Italia ovviamente subito eliminata. Il giorno dopo, sulle 5 miglia, la stessa gara di Atene, non va tanto meglio: giunge 3° nella batteria vinta dal britannico Voigt (poi oro) sullo statunitense Bellars. Pagliani corre in 26’56”2/5, a 7” dalla piazza d’onore che lo avrebbe qualificato per la finale. La sfortunata parentesi londinese non ferma certo la sua carriera, anche se la sua fama è oscurata da Pietri e Lunghi, ormai affermati sia pure per motivi diversi. Pagliani si prova anche nella maratona, forse troppo lunga per le sue caratteristiche, giungendo terzo a Milano, nella prova organizzata da “Il Secolo” sulla scia della grande gara londinese entrata già nel mito.

Negli anni seguenti Pagliani continua a cogliere importanti affermazioni, sia pure solo a livello nazionale: nel 1909 abbina al record nazionale dei 5000, portato a 15’43”, il tricolore di corsa campestre (o cross-country) ed il successo nell’amato “Premio Lazio”, poi la stagione successiva si impone nel Campionato Nazionale sui 20 km in pista, aggiudicandosi anche diverse prove su strada (come a Frascati su 7 km ed a Frosinone su 19 km). Nel 1911, dopo aver rivinto il “Premio Lazio” e sulla scia di Pietri, tenta l’avventura professionistica ma gli va male: vince poco (la maratona di Albano suo principale successo) e guadagna ancora meno. Si segnala però tra i giornalai, categoria in quel periodo molto attiva in Italia proprio perché gli strilloni, detti in quel periodo anche camelots[5], percorrono quotidianamente molti km a piedi: chi va più veloce, arriva prima degli altri e vende di più. Pagliani si aggiudica due titoli nazionali anche in questo settore (1912 e 1914, secondo nel 1913 battuto da Gasco). Riqualificato, su sua richiesta, dilettante, nel 1913 coglie un successo in una competizione minore, ad Ottaviano sui 10 km. Apre il 1914 col 4° posto nel cross di Roma e torna alle corse su strada dove però trova due elementi di spicco, Brega ed Ettore Blasi, che nella capitale lo superano a più riprese. L’ingresso del nostro paese nella Prima Guerra Mondiale sembra dare il colpo di grazia alla carriera di Pagliani, inviato al fronte come artigliere di fortezza. Riesce però a correre ugualmente, nelle gare riservate ai militari, soprattutto dopo Caporetto quando lo sport viene favorito con la speranza di forgiare soldati-atleti. Nonostante i 35 anni, è spesso coi migliori anche se vince raramente. Terminato finalmente il conflitto, non ha nessuna intenzione di mollare. Anzi, sembra in grande forma: il 26 gennaio 1919 è terzo nella gara della mezz’ora, dietro i ben più giovani Speroni e Negri, allo “Stadium” di Roma e 14 giorni dopo trionfa nel “Giro di Napoli”. Poi però non ottiene ulteriori risultati brillanti sino al termine dell’annata. Ma non molla. Nel 1920, a 37 anni suonati, è ancora sulla breccia: il 13 maggio vince un 5mila ad handicap allo Stadium ed undici giorni dopo si aggiudica addirittura la maratona di Roma, col grande tempo di 2h38’50”. Ciò gli permette pure di sognare i Giochi anche perchè continua a brillare: il 30 maggio, allo Stadium capitolino, vince la mezz’ora davanti a Persico, un altro che cerca la via di Anversa. In realtà Pagliani è al crepuscolo della carriera: non prova neppure a qualificarsi per i Giochi, disertando le prove di selezione. Negli anni seguenti, amante del suo sport e sempre in forma, ottiene qualche sporadico risultato: nel 1923, a 40 anni esatti, chiude ottimo terzo il “Giro di Roma”, superato solo da Blasi ed Ascenzi. Nel 1926 è ancora capace di chiudere 8° il tricolore di maratona a Rieti. Poi è tra i promotori della categoria Veterani e continua a correre praticamente fino alla morte che sopravviene causa malattia incurabile. Pagliani è un grande atleta del podismo eroico, non sempre ricordato a dovere.


[1] Ettore Ferri, nato a Bologna l’11.03.1880. Ottimo fondista nel primo lustro del ‘900. Vive la sua migliore annata nel 1903 quando vince Campionato Italiano di resistenza (25 km) e Giro di Milano oltre a realizzare il record italiano dell’ora (17,459 km a Genova)

[2] Giacinto Volpati, nato a Novara nel 1876, si trasferisce presto a Milano dove lavora come fornaio. Inizia a segnalarsi nel 1900 quando vince un 10mila al Trotter e giunge 2° nei tricolori sui 35 km. Poi conquista due tricolori di resistenza (1901 e 1903) e stabilisce più volte il record italiano dell’ora (17,622 km). Diventa quindi professionista e si stabilisce a Parigi, ottenendo diversi piazzamenti di rilievo tra cui il 3° posto nella prestigiosa Parigi-Conflans. È considerato il miglior maratoneta italiano del primo lustro del Novecento

[3] Nato a Caserta il 06.05.1886 ma romano d’adozione. Tra i fondatori della SS Lazio. Giocatore di pallanuoto e football, grande dirigente sportivo. Sarà poi Presidente della FIN e giornalista affermato

[4] Nato a Roma il 24.03.1876, detto “er pizzarda”. Tra i fondatori della SS Lazio. Buon podista, ma soprattutto tra i primi calciatori della Capitale. Dirigente sportivo appassionato, in quel 1908 è segretario della FISA, futura FIDAL

[5] Genericamente assume il significato di venditore ambulante. Deriva dal francese camelots du roi, appellativo con cui erano chiamati appunto gli strilloni che in Francia vendevano per la strada copie del giornale “Action française”, organo dell’omonima organizzazione di estrema destra


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