MORDINI Domenico
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Genova 07.04.1898 / Genova 12.03.1948
1936. Vela. MEDAGLIA D’ORO classe “8 metri”
Figlio di operai, è ufficiale di Marina. Genovese purosangue, detto “u menegu”, non ha grandi risultati, pur sapendo manovrare le vele ed andare per mare. Rimane un po’ l’oggetto misterioso della nostra vela olimpica a Berlino dove la sua presenza viene quasi “imposta” al CU Pasquale De Conciliis: Mordini difatti non è un nobile, non ha ascendenze altolocate, non è benestante come la stragrande maggioranza dei velisti dell’epoca. Dunque il regime fascista ne fa un paladino, un “figlio del popolo”, di quell’Italia proletaria, volitiva e tenace, che sa trovare il suo spazio, dovunque, nel mondo come nella società. Mordini non è tuttavia l’ultimo arrivato: è un ottimo marinaio, ma probabilmente ve ne sono di migliori. Tant’è vero che inizialmente il CU lo relega tra le riserve e quando si parte per Berlino, in treno da Milano il 22 luglio, Mordini non compare ancora tra i titolari. Giunti in Germania però le cose cambiano ed alla fine Mordini conquista il suo posto a bordo: non si sa quanto conti, in questo caso, la “politica sportiva”, fatto sta che Mordini viene preferito a velisti di un certo livello e competenza (su tutti Giovanelli). Le regate olimpiche di vela si svolgono a Kiel, nell’estremo nord della Germania, quasi al confine con la Danimarca, nel Mar Baltico, a 350 km da Berlino. Mordini gareggia nella classe “8 metri”, sulla barca denominata “Italia”, progettata e costruita da Attilio Costaguta, assieme ad altri 5 compagni: Bianchi, De Manincor, il timoniere Reggio ed i fratelli Poggi. Partecipano 10 imbarcazioni di altrettante nazioni e la classifica viene stilata sulla base dei piazzamenti ottenuti in ciascuna delle sette regate previste. Al primo arrivato sono assegnati 10 punti, al secondo 9 e così via: ovviamente, vince chi totalizza il maggior numero di punti. La prima regata, il 4 agosto, è caratterizzata da vento forte al punto che la partenza viene ritardata di due ore. Ad un certo punto arriva pure un nubifragio e la barca italiana, per assoluto volere di Bianchi, lascia in opera lo spinnaker mentre tutti gli altri concorrenti lo ammainano.
È la mossa vincente anche se, cessato il nubifragio, la Svezia (“Ilderim”) recupera e va a vincere: gli azzurri però sono ottimi secondi. Un buon inizio che fa ben sperare. Il giorno seguente altra regata difficile dato il vento irregolare ed un continuo manovrare di fiocchi. Vincono i norvegesi di “Silja”, con gli azzurri quinti che scendono al terzo posto della generale. Niente di compromesso. Le cose però si mettono male il 6 agosto, nella terza prova: “Italia” parte male, in coda al gruppo ed il recupero non riesce. Vince di nuovo la Svezia, che sembra già padrona, con i nostri solo sesti e retrocessi in quarta posizione nella generale. Non si può più sbagliare, ci vuole il guizzo italico. Arriva nella quarta regata: dopo una partenza non eccezionale, nel primo lato di bordeggio “Italia” si allontana dal gruppo e sceglie una rotta sotto costa, un “bordo matto” come sarà poi definito da Bianchi, una sorta di azzardo che però riesce grazie ad un vento leggero che poi rinforza. Alla prima boa “Italia” è in testa e vi rimane fino all’arrivo, con 2’35” di margine sulla Danimarca. Terza la Svezia che rimane al comando della generale, con sei punti sull’ottima Italia. A tre regate dalla fine siamo in piena lotta per l’oro. La quinta regata è equilibrata ed appassionante. Alla fine domina la Germania sulla Danimarca, ma l’Italia chiude terza e riesce ad approfittare solo in parte della brutta prestazione svedese (sesta). Tutto in gioco: Svezia in testa con tre punti sugli azzurri, a pari merito con tedeschi e norvegesi. La penultima prova, anche per l’alta posta in gioco, è caotica e non solo per la ritardata partenza causa mancanza di vento. In mare difatti si verificano diverse collisioni, soprattutto al passaggio di alcune boe, con precedenze non rispettate, proteste, polemiche.
La giuria è incapace di prendere una decisione veloce e rimanda tutto ai giorni seguenti, dopo la visione di alcuni filmati, in particolare gli spezzoni girati dalla nota regista Leni Riefenstahl dall’alto, da bordo di un pallone frenato. Sul traguardo primeggia la Germania, ma la classifica sarà sconvolta dai giudici. Intanto si giunge all’ultima regata del 10 agosto. “Italia” è di nuovo grande e va in testa, sembra sicura vincitrice, ma la Svezia non molla: le due barche procedono appaiate fin sul traguardo dove gli scandinavi prevalgono per due secondi mentre la Germania, in difficoltà, chiude solo sesta. Poi tutti a trepidare per la decisione dei giudici che alla fine arriva: nella sesta regata la Svezia è squalificata assieme a Finlandia, Danimarca ed USA, per le irregolarità commesse in gara. Bisogna rifare i conti e l’oro va proprio all’Italia che totalizza 55 punti contro i 53 di Norvegia e Germania, chiamate ad uno spareggio che due giorni dopo premia gli scandinavi. La Svezia, che paga caro la squalifica, chiude al quarto posto con 51 punti. Dunque è titolo olimpico per “Italia”, il primo nella storia della vela azzurra ai Giochi: se non è un momento storico questo...Titolo peraltro ben meritato: una vittoria, due secondi posti e due terzi premiano gli azzurri che, bene ricordarlo, non sono mai scesi al di sotto della sesta piazza. Grandissimo trionfo, e basta. Mordini si rivede nel 1938 quando è a bordo di “Bona”, proprietà Rosasco, che a Cannes strappa clamorosamente la “Coppa di Francia” ai transalpini di “France”, vincendo 3-1[1]. Poi, complice la guerra sparisce di scena. Se ne va ad appena 49 anni, primo tra i velisti olimpici del 1936.
Mordini, evidenziato dal tondo, a bordo di “Italia” che guadagna l’oro ai Giochi di Berlino del 1936, disputati nelle acque di Kiel
[1] La barca è pilotata da Alberto Chiozza ed a bordo troviamo anche altri due olimpionici, Mino Poggi e Cosentino, oltre a Caprile e Carbone