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MENEGAZZI Aurelio

Buttapietra (VR) 15.11.1900 / Milano 23.11.1979

1924. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Inseguimento a Squadre (con De Martini, Dinale, Zucchetti)

 

menegazzi grandeDetto Aleardo, sale giovanissimo in bicicletta, negli anni della Prima Guerra Mondiale quando l’attività ciclistica, per ovvi motivi contingenti, si esplica soprattutto su pista. Ottiene i primi piazzamenti già nel 1917, al Velodromo di Padova, prendendo confidenza con la pista e la velocità. Si disimpegna bene e non teme il confronto con avversari più smaliziati e noti: gareggia fianco a fianco con atleti del calibro di Gerbi e Cervi. L’anno seguente insiste: è giovane ma accumula esperienze importanti su pista, vincendo anche alcune prove per dilettanti come il 29 settembre a Verona quando si aggiudica velocità e 10 km. Nel 1919 la musica non cambia: si divide tra Padova e Verona, imponendosi in ogni tipo di prova su pista, dall’americana alla velocità fino all’individuale a punti. Attratto poi dalla strada, gareggia tra gli “indipendenti” ovvero tra coloro che non sono affiliati all’UVI, alla Federazione-principe, per alcuni despota, che impone tesseramenti e regole ben precise. Il ciclismo degli “indipendenti” invece è totalmente libero, anomalo, particolare, fuori dagli schemi e poco considerato da tecnici e stampa. Si tratta di un mondo a parte, dove le corse nascono dall’oggi al domani e muoiono il giorno seguente. L’organizzazione è estemporanea e carente, non mancano intrighi e brogli, in un ambiente ruspante, vivace, garibaldino. Tra il 1920 e 1922 Menegazzi gareggia in questo ciclismo, vincendo e perdendo, facendosi le ossa, giostrando con disinvoltura tra strada e pista. Alla fine nel 1923, capendo di non avere futuro tra gli “indipendenti”, si tessera per la “Ederle” di Verona ed entra nel mondo UVI: è la svolta della sua carriera. Il 22 luglio vince il “Giro delle due province” a Isola della Scala, superando allo sprint Morbioli e Felisatti. Il 19 agosto è secondo nel campionato veneto a Cavarzere, battuto solo da Carniel. Il 13 settembre è 5° nella “Coppa Appennino” a Vignola, vinta dal quotato Mainetti. Il 30 settembre Menegazzi vince allo sprint la “Coppa Feltrinelli” a Gargnano e sette giorni dopo chiude al 10° posto il “GP Treviso” vinto da Piccin. Il 4 novembre è terzo nella “Coppa Esercenti” a Brescia, superato in volata da Bendoni[1] e Codenotti.

Risultati buoni ma non certo eccezionali: sono decine in Italia i corridori ad aver ottenuto le stesse prestazioni. All’apparenza Menegazzi è un dilettante come tanti. Tutto cambia, come per incanto, nel 1924, proprio nell’annata olimpica. Nella prima gara della stagione, la “Coppa Del Grande” a Milano del 2 marzo, viene superato allo sprint dal sorprendente Sorgnani che però viene squalificato per “gioco di squadra” (in quel tempo proibito!) e la vittoria passa a Menegazzi il quale si ripete la settimana seguente nella “Coppa Caldirola”, di nuovo in volata su un gruppo di 25 corridori, sfruttando lo sprint anticipato di Pancera. Assoluta rivelazione di inizio stagione, Menegazzi appare interessante in prospettiva olimpica. Il 23 marzo, nella “Coppa Bruni”, a Brescia, è sfortunato: in fuga con Pancera, fora a pochi km dall’arrivo e chiude secondo. Sette giorni dopo, osa troppo nella “Coppa Desio”, attaccando lontano dal traguardo: nel finale non ha più energie e chiude sesto (vince Colliva). Il 20 aprile domina la “Targa Jenis” a Ferrara, staccando tutti con un’azione prodigiosa, in pianura, ad una dozzina di km dal traguardo: mostra di avere classe, potenza, forza ma anche resistenza. I tecnici sono concordi: Menegazzi è “esploso” ed i suoi limiti sono sconosciuti. Il 27 aprile, nella “Coppa Santagostino”, viene però sorpreso da Fiorini e quando tenta il recupero, è troppo tardi: deve rassegnarsi alla piazza d’onore. Sempre coi migliori anche nel Campionato Veneto dell’11 maggio: svetta coi primi sul temibile Passo Xon, ma cede nel finale all’azione vincente di “Bepi” Pancera. Menegazzi chiude terzo, superato anche da Ferrato. È in predicato di correre il “Giro d’Italia”, si trova pure nell’elenco degli iscritti, ma all’ultimo momento il Consiglio Direttivo dell’UVI, che teme possa affaticarsi troppo, gli impedisce di prendere il via, a lui come ad altri della sua categoria: non ha i crismi dell’ufficialità, ma questa decisione sembra spianargli la strada per una maglia azzurra a Parigi. Passo falso nella “Tre Valli Varesine”: Menegazzi non riesce a resistere al ritmo dei migliori e si ritira (vince l’iridato Ferrario). Si riscatta il 29 maggio nella “Coppa Esercenti” a Ferrara: spesso nel vivo della corsa, è superato solo da Bregalanti.

È in forma e rimane da quelle parti: il 1 giugno a Trecenta vince la “Coppa Alto Polesine”. La maglia azzurra non è un miraggio anche se deve guadagnarsela. Ci prova nella prestigiosa “Coppa del Re”: rimane nel gruppo di testa, ma in volata non trova lo spiraglio giusto e finisce tra i pari merito (vince l’iridato Ferrario). La prova decisiva di selezione olimpica si svolge il 22 giugno a Tortona su 180 km tramite una formula anomala. Gli iscritti vengono difatti divisi dagli organizzatori in squadre di 3 uomini che devono percorrere la prova a cronometro. Menegazzi è accoppiato a Ferrato e Rivoltini ed i tre iniziano a spron battuto sotto la pioggia battente. Ma poi Menegazzi cade ed è costretto al ritiro. Ciò compromette la possibilità di vestire l’azzurro almeno nella prova su strada dove, giustamente, si fanno preferire i primi arrivati a Tortona (Bresciani e Negrini su tutti). Ma la Commissione Tecnica, della quale fanno parte anche Buni e Dei, grandissimi ex-pistards, ha adocchiato le caratteristiche di Menegazzi: velocità, resistenza, capacità di correre sul passo, esperienza di pista (dove ha corso da giovane). Il suo folgorante inizio di stagione non viene dimenticato. Così il suo nome entra nella lista degli azzurri per Parigi, anche se inizialmente senza un compito ben preciso. Gli allenamenti di rifinitura al “Sempione” chiariscono un po’ le idee ed i tecnici rimescolano le carte, lasciando tutti sulla corda. A Parigi la decisione definitiva: nel quartetto degli inseguitori Del Grosso, velocista puro, lascia il posto proprio a Menegazzi, forse non altrettanto veloce ma sicuramente più a suo agio sui 4 km previsti. Scelta azzeccata. Le gare olimpiche di ciclismo si svolgono sulla mitica pista della “Cipale” a Vincennes. Alla gara di inseguimento a squadre partecipano 10 nazioni e l’Italia, fortunata nel sorteggio, dovrebbe affrontare la Jugoslavia che però non si presenta. Dopo qualche discussione sul regolamento, la giuria obbliga l’Italia a scendere comunque in pista, da sola: per essere ammesso al turno successivo, il nostro quartetto deve ottenere un tempo più basso di quello registrato dalla peggiore tra le vincitrici del turno. Oltre tutto quando i nostri iniziano la prova, piove pure. Con 5’23”2 comunque superano il 5’27”6 della Danimarca e si qualificano. Con Menegazzi gareggiano De Martini, Dinale e Zucchetti ed i quattro, dopo qualche incertezza, cominciano ad ingranare. Nei quarti situazione identica: di nuovo, sono costretti a gareggiare da soli, per sorteggio, e stavolta per qualificarsi devono ottenere un tempo migliore dei battuti degli altri confronti. Vi riescono ancora una volta ed alla grande: con 5’13”8 staccano il pass per le semifinali (la Svizzera fa segnare 5’21”6). I quattro, praticamente, vedono i primi avversari in semifinale dove affrontano il Belgio. Vincono facilmente, ma il Belgio trova un cavillo regolamentare: uno dei componenti ha forato subito, nel primo km di gara, e ciò consente la ripetizione della prova.

Così le due squadre ripetono la gara, ma il risultato non cambia: l’Italia vince con 100 metri di vantaggio, in 5’12”. Si prospetta un duro scontro con la Francia che in batteria ha fatto registrare 5’11”4 ma i francesi si complicano la vita: in semifinale sbagliano un cambio, si disuniscono ed un componente cade. L’infortunio è tale che pregiudica il prosieguo della compagine, costretta a gareggiare in tre nella ripetizione della prova. Passa così la Polonia ed è una manna per gli italiani che in finale, con 5’15”, a 45.714 km/h di media, vincono nettamente, cogliendo un bel bis mentre il bronzo va al Belgio. A festeggiare “i magnifici quattro” anche un Geo Davidson, Presidente UVI, commosso fino alle lacrime. Menegazzi, forse, non è stato il migliore del nostro quartetto: Dinale e De Martini avevano una marcia in più, ma ha comunque fatto la sua parte, una volta imparata la difficile sequenza dei “cambi”. Menegazzi è stato comunque un’ottima pedina, ripagando la fiducia dei tecnici e raggiungendo, con questo oro, giunto per lui un po’ a sorpresa, il coronamento della sua attività dilettantistica. Il 24 agosto conferma l’oro olimpico con un bel successo nella “Pescantina-Rovereto-Pescantina”. La parentesi su pista dei Giochi sembra appunto solo un episodio, luminoso e spettacolare ma destinato a rimanere sporadico: Menegazzi torna alla strada e vi rimarrà per sempre. Il 28 settembre è superato in volata solo dal rampante Piemontesi nel “Giro di Ovada”. Stesso risultato un mese dopo, il 26 ottobre, nella “Coppa Azzini” a Milano. Menegazzi chiude l’annata, e la sua militanza tra i dilettanti, il 9 novembre con un bel successo nella “Coppa Mari” a Cupra Marittima. Nel 1925 passa professionista e la stagione d’esordio non è male: vince tre corse minori[2] ed ottiene due piazzamenti rilevanti nella “Sanremo” (10°) e nel “Lombardia” (16°). Sembra ben avviato, ma poi si arena: tesserato per compagini di secondo piano (“Olympia”, “Aliprandi”, “Diamant”), partecipa a sei edizioni del “Giro d’Italia” e ad una del “Tour” (1930), ma si ritira sempre. Gareggia anche su pista ma senza brillare particolarmente. Vince un’altra edizione della “Coppa d’Inverno”, nel 1931, ed una tappa del “Giro del Piemonte” l’anno seguente ma poi nulla più. In definitiva una carriera anonima nella categoria maggiore dopo l’exploit olimpico, rimasto alla fine l’unica vera perla della sua attività agonistica.


[1] Vittorio Bendoni, nato nel 1900 a Desenzano al Serio. Buon dilettante dei primi anni Venti, si aggiudica nel 1925 la “Coppa Del Grande” oltre ad ottenere diversi piazzamenti che lo pongono ai vertici stagionali in un’apposita graduatoria a punti. Nel 1926 vince la “Coppa Caldirola”, prima gara della stagione. Il 25 marzo 1926 ha un grave incidente mentre si sta allenando sulla Provinciale Bergamo-Brescia, investito da un camion che passa sopra le sue gambe con le ruote. Le sue condizioni sono gravi, gli viene amputata la gamba destra ma alcune complicazioni lo portano alla morte il 1 aprile

[2] Coppa Appennino a Vignola, Coppa d’Inverno a Biassono e Circuito del Quadrilatero a Mantova