MARFURT Fernando
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Roma 16.05.1904 / Roma 17.12.1957
1924. Pugilato. Eliminato Ottavi di Finale pesi leggeri
La[1] famiglia ha origini svizzere: la presenza a Roma si deve alla cospicua emigrazione, di carattere prettamente popolare, che nell’800 si sviluppa dalla Confederazione verso la capitale, in particolare dopo la sua annessione al Regno d’Italia. Fernando si dedica alla boxe sin da adolescente, tesserandosi presto per l’Audace, un’istituzione sportiva a Roma, con la sede nei pressi del Colosseo. I sui primi passi non sono esaltanti e le vittorie si alternano alle sconfitte. Il 13 aprile 1923 Marfurt viene battuto da Paolucci nel campionato laziale, disputato nella Sala De Santis. Poco a poco acquisisce baldanza, tecnica e consapevolezza: a Roma si inserisce tra i migliori pesi “leggeri” e viene preso da stimolo e riferimento dal fratello Luigi che ne segue le orme. Il 1924 è annata olimpica e Fernando ci prova. Si segnala ai tricolori dilettanti di metà marzo a Firenze dove perde onorevolmente in semifinale col forte Bernasconi. Il 17 aprile viene sconfitto anche dal lombardo Modena nella preolimpica al Politeama Milanese. I tecnici lo osservano, ma non convince pienamente. Nel momento decisivo però Marfurt trova il colpo d’ala. Il 4 maggio, nella preolimpica di Milano tenuta nella Sala Brigatti, supera Trombetta, guadagnandosi in pratica la maglia azzurra. Il CT Bianchi difatti lo inserisce nella lista dei 30 “probabili azzurri” che sono convocati per il ritiro collegiale di Bellusco, con sede nella sontuosa Villa Bartesaghi di proprietà del cav. Ostali (vice-presidente della FIP), attrezzata a palestra con tanto di ring e punching ball.
Non mancano scherzi e divertimento, con frequenti bagni nel vicino Adda. La scelta non è semplice, qualcuno deve essere “tagliato” e parte tra abbracci e lacrime dei compagni. Vengono scelti due pugili per categoria e Marfurt riesce ad entrare tra i “leggeri” assieme a De Petrillo, altro romano. I due comunque non sono tra i più attesi e pronosticati dei nostri: in effetti non andranno lontano. Le gare olimpiche di pugilato si svolgono al famoso Vel d’Hiv, il velodromo d’inverno teatro di numerose competizioni ciclistiche di rilievo. Il torneo dei leggeri (peso-limite 61,235 kg) è ad eliminazione diretta e vi partecipano 30 pugili di 22 nazioni. Il 16 luglio, nel primo turno, Marfurt batte ai punti l’egiziano Haddad dopo un inizio complicato. Il giorno seguente però, negli ottavi, perde ai punti col forte argentino Copello in un match comunque combattuto alla pari, pur cedendo qualcosa nel finale: proprio questa sua sofferenza conclusiva gli costa, in definitiva, la vittoria. Marfurt viene dunque eliminato. L’oro va al danese Nielsen che in finale supera lo stesso Copello mentre il bronzo è appannaggio dello statunitense Boylstein. Marfurt non sembra un pugile eccezionale ed in effetti anche da professionista nella seconda metà degli anni Venti svolge una carriera di secondo piano, con più sconfitte che vittorie. Non ha fortuna nemmeno in Argentina dove segue il fratello Luigi[2], certamente più forte di lui. Fernando si ritira dall’attività nel 1930 e muore prematuramente all’età di 53 anni per una malattia incurabile.
[1] Spesso il cognome è indicato come Marfut, ma a questo proposito fa fede l’apposito certificato di nascita, reperito negli archivi del Comune di Roma. Inizialmente il cognome era Marfort con la o, poi cambiato ufficialmente con apposito atto legale, in Marfurt
[2] Luigi Marfurt, nato a Roma il 25.03.1906. Tipico peso “piuma”, veloce e combattivo, il 4 ottobre 1925 conquista il titolo italiano tra i professionisti. Poi, sino al 1939, combatterà soprattutto in Sud America, tra Argentina, Uruguay, Cile, Ecuador e Perù dove alla fine si stabilirà sino alla morte, nel 1983. Il suo score: 46 vittorie, 25 sconfitte, 18 pareggi. Anche un terzo fratello, Francesco, nato a Roma il 12.12.1911, è un pugile di discreto livello. Nel 1931 vince il titolo italiano dilettanti nei “piuma”, ma tra i professionisti avrà una carriera molto breve e senza risultati di spicco