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MANDRINI Ferdinando

Milano 17.06.1897 / Milano 22.11.1980

1920. Ginnastica Artistica. MEDAGLIA D’ORO Concorso a Squadre

1924. Ginnastica Artistica. MEDAGLIA D’ORO Concorso a Squadre, 4° concorso individuale, 7° p.m. Volteggio, 8° Anelli, 14° Sbarra, 18° p.m. Salita alla Fune, 21° Salto Cavallo in Traverso, 24° Parallele, 30° Cavallo con Maniglie

1928. Ginnastica Artistica. 11° Sbarra, 28° p.m. Cavallo con Maniglie, 30° concorso individuale, 33° p.m. Anelli, 45° Parallele, 49° p.m. Volteggio

Tesserato per la “Leonardo da Vinci” meneghina sin da adolescente, si disimpegna sia con gli attrezzi che nelle prove atletiche. Il 28 febbraio 1915 vince la gara artistica per juniori nei locali della “Forza e Coraggio” a Milano. Sembra promettere bene, ma gareggia poco, complice anche l’entrata in guerra del nostro paese che blocca l’attività agonistica, soprattutto quella ginnica. Difatti Mandrini, che si sta irrobustendo, si dedica alle prove atletiche: il 28 maggio 1916, sul campo dell’US Milanese è 6° nel lancio della pietra ed 8° nel giavellotto. Il 25 giugno vince ad Arona una gara di salto in alto ed il 16 luglio, di nuovo sul campo dell’US Milanese, è 3° nel giavellotto in una prova per juniori. Poi gli obblighi militari lo tengono lontano dalle gare. Si ripresenta solo il 7 settembre, a Novara, dove salta 3.10m con l’asta, stessa misura di Ventura che però è dichiarato vincitore “per miglior stile” (sic). Poi rientra a Napoli, dove è di stanza come militare, ed ai primi di ottobre partecipa ai Campionati del “X Corpo d’Armata” partenopeo: vince nel salto in alto e nell’asta, continuando dunque a distinguersi più come atleta che come ginnasta. Terminata finalmente la guerra, Mandrini si dedica con maggiore impegno agli attrezzi ginnici, cercando nel 1920 la qualificazione olimpica. In effetti è tra i migliori nelle apposite prove di selezione che si svolgono a Genova, nei locali dell’Andrea Doria, alla fine di giugno. Nella nostra ginnastica, vessata dalla guerra, è in atto un difficile ricambio generazionale: molti ori di Stoccolma non ci sono più ed è necessario introdurre forze nuove che però diano sufficienti garanzie tecniche anche se, inevitabilmente, mancano di esperienza internazionale. Mandrini fa parte di questa schiera, ma nelle prove genovesi si distingue con successo ed il suo nome figura nella prima lista di 32 ginnasti che vengono convocati per un ritiro collegiale a Cornigliano, nella lussuosa Villa Badia di proprietà del conte Raggio. Qui il CT Manlio Pastorini ed il Presidente della Commissione Tecnica Federale, Enrico Gualdi, verificano le attitudini di ognuno dal 18 luglio. Alla fine si tiene un’ulteriore prova, una sorta di saggio ginnico, che screma il numero fino ad arrivare alla cifra di 24 titolari e Mandrini è tra questi. Nell’ambiente c’è fiducia: gli azzurri sono ottimamente preparati, come confermato dall’ultimissima “prova generale” che si tiene a Sampierdarena il 16 agosto, appena prima di partire per Anversa, raggiunta in treno via Modane e Parigi.

Le gare di ginnastica si tengono nell’Olympisch Stadion. Nel pomeriggio dei giorni 23 e 24 agosto, si inizia con la prova a squadre, simile ma non uguale a quella del 1912 e redatta sul “modello tedesco”. Consta di 5 tipi di esercizi: prova di gruppo con gli strumenti (clave e bastoni), corsa ad ostacoli (4 di 70 cm), sbarra, parallele e cavallo con maniglie. Negli attrezzi i ginnasti, che si esibiscono a gruppi, devono eseguire esercizi obbligatori e liberi. Punteggio massimo ottenibile 404. Assenti i massimi interpreti di questa disciplina, svizzeri e tedeschi, i nostri ripetono il trionfo di Stoccolma, ottenendo 359,8 punti ovvero l’89% del possibile. Secondi i sorprendenti padroni di casa del Belgio, con 346,7, che superano la Francia, bronzo con 340,1. Grande successo per gli azzurri (ancora in maglia bianca) ma su un numero alquanto esiguo di squadre: le altre due nazioni partecipanti difatti sono la Cecoslovacchia, “medaglia di legno”, e la Gran Bretagna. Mandrini ha compiuto il suo dovere, senza sbavature, contribuendo al successo finale di una squadra solida, compatta, tecnicamente inappuntabile. Tuttavia non è inserito tra gli azzurri che disputano il concorso individuale, peraltro vinto dal grande Zampori per un trionfo che conferma la ginnastica italiana ai vertici internazionali. Al ritorno in patria, grandi festeggiamenti per tutti: Mandrini tira i remi in barca e pensa alle prossime stagioni. A 23 anni pare in grado di dare ed ottenere altre grandi soddisfazioni. Trasferitosi intanto a Trento, Mandrini continua con le prove atletiche, la sua passione. Il 28 maggio 1922 vince triplo ed asta nei campionati veneti a Verona. Non abbandona però la ginnastica, anzi sembra che l’attività atletica giovi al suo stile ed alle sue prestazioni sugli attrezzi: il 14 agosto a Como è secondo nella gara artistica, battuto da Lucchetti. Nel 1923 vince nel concorso di Zara. Rimane stabilmente tra i nostri migliori ginnasti, energico ed acrobatico. Il 25 e 26 agosto si svolge a Milano, sul campo del Milan in Viale Lombardia ed organizzata dalla Pro Patria, la prima fondamentale selezione preolimpica: Mandrini non brilla, ma riesce comunque ad essere inserito nella lista degli “azzurrabili”. Il 5 e 6 gennaio 1924 a Monza, nella gelida palestra della “Forti e Liberi”, si svolge la decisiva preolimpica sotto lo sguardo attento e partecipe del neo CT Mario Corrias.

Mandrini è strepitoso al volteggio, con un esercizio da applausi a scena aperta, ma va male alla sbarra. Nel complesso tuttavia si disimpegna bene e, forte anche della sua esperienza olimpica precedente, viene inserito nella lista dei 16 azzurri dalla quale emergeranno gli otto titolari. Il ritiro collegiale, che dura alcuni mesi anche se con varie pause, si svolge di nuovo a Monza, nella stessa palestra della “Forti e Liberi”, ma l’ultima fase, anche per ovviare al caldo estivo, si sviluppa al Parco Reale, en plein air, dove sono stati montati tutti gli attrezzi, anche per ricalcare quanto avverrà a Parigi dove si gareggerà appunto all’aperto. I nostri fanno vita di gruppo dove rifulge il cameratismo e Mandrini, la sera, è solito esibirsi col mandolino, strumento che padroneggia con disinvoltura. Alla fine, ma non per le sue doti musicali, Mandrini entra tra gli otto titolari: ha pesato, forse in maniera cospicua, essere un veterano con al collo già un oro. Le prove olimpiche di ginnastica si svolgono dal 17 al 20 luglio allo stadio di Colombes, centro nevralgico di quell’edizione ed immortalato anche nel celebre film “Momenti di Gloria”. Vi sono due classifiche, individuale ed a squadre, ma gli esercizi si svolgono una volta sola. 9 le nazioni al via, ciascuna con otto atleti. Complessivamente si sviluppano 11 prove: su 4 attrezzi (sbarra, parallele, anelli e cavallo con maniglie) i ginnasti devono eseguire esercizi obbligatori e liberi mentre in tre circostanze (volteggio, salto del cavallo in traverso e salita alla fune) solo liberi. Inoltre vengono assegnati punti per la cosiddetta impressione generale e pure per la marcia di ingresso ed uscita dallo stadio dell’intera compagine schierata. Rispetto alle edizioni precedenti cambia molto: i ginnasti difatti non si esibiscono più insieme e vengono istituite anche le classifiche separate per ogni attrezzo, con conseguente aumento delle medaglie disponibili. I nostri dimostrano una grandissima coesione di squadra ed un’ottima compattezza su alti livelli: non vi sono individualità formidabili (come Braglia o lo Zampori del 1920), ma il rendimento medio degli azzurri è strepitoso. Difatti vincono la medaglia d’oro a squadre, ottenuta dalla semplice somma aritmetica dei punteggi degli otto rappresentanti per nazione. L’Italia risulta prima, con un totale di 839,058 punti davanti a Francia (820,528) e Svizzera (816,660), per il quarto trionfo olimpico consecutivo. L’andamento delle prove non è lineare, al contrario è da batticuore. Si comincia con la sbarra e dominano gli svizzeri, con i nostri superati anche dai francesi. Grande colpo di scena alle parallele dove due cecoslovacchi (Indruch e Kos) cadono e s’infortunano.

Gli italiani intanto salgono in seconda posizione. Gli anelli, terza prova, sono da sempre la nostra specialità e dunque passiamo al comando. Al cavallo con maniglie elvetici sugli scudi, ma nei volteggi gli azzurri si riprendono il primo posto e, con esso, l’oro che non può certo sfuggire con l’ultima prova in programma, la fune. Mandrini è grandioso, il migliore dei nostri, ma i suoi 105,580 punti gli valgono solo “la medaglia di legno” del quarto posto nella classifica individuale: pesano come macigni le sue contro-prestazioni al cavallo con maniglie (solo 30°) ed alle parallele (24°) mentre recupera al volteggio (7° p.m.) ed agli anelli (8°), da sempre tra le specialità preferite dagli italiani. Si difende alla sbarra (14°) ed alla fune (18° p.m.) e manca il bronzo per 1,4 punti. L’oro è del grande sloveno Stukely, che in realtà gareggia per la Jugoslavia, il quale precede per solo 17 centesimi di punto il ceco Prazak mentre terzo è l’altro ceco Supcik, per un trionfo della scuola est-europea. La Cecoslovacchia si dimostra la squadra più forte, piazzandone quattro nei primi sei, ma due atleti si infortunano e dunque non portano punti: per questo i cechi non vengono classificati e probabilmente è un bel colpo di fortuna per gli italiani. Mandrini dunque bissa il successo di quattro anni prima e può ritenersi più che soddisfatto anche se bastava un rendimento leggermente migliore per ottenere la medaglia individuale. Rimane comunque il nostro miglior ginnasta del momento, e non è poco. Continua a confermarsi: il 16 febbraio 1925 si aggiudica il campionato emiliano a Bologna, nella palestra della Virtus, anche se fatica a contenere il rampante Tambini. Si rivede solo il 20 settembre 1926 quando chiude al secondo posto la gara artistica del concorso di Gallarate, battuto solo dal grande Paris. Il 3 ottobre Mandrini non dà il meglio di sè nei tricolori di Prato: chiude difatti solo nono, ben lontano dal vincitore Lucchetti. Si rivede su alti livelli nel 1927. Il 15 maggio a Modena nella “Corona Braglia” chiude buon terzo, alle spalle di Lucchetti e Neri. È grande nei tricolori di Como del 7 agosto: termina secondo, a tre punti dal vincitore, il sempre ottimo Paris. Può seriamente ambire ad un altro posto per i Giochi. Si conferma a Mendrisio dove a metà agosto è il migliore agli anelli. Atleta a tutto tondo, il 28 agosto si aggiudica a Gallarate il titolo regionale nel salto con l’asta. Viene selezionato come “probabile olimpico” nella ginnastica e ad ottobre segue i primi stage a Brescia, sotto la guida di Zampori, divenuto CT.

Gli allenamenti sembrano fruttare: il 18 dicembre si aggiudica il campionato lombardo davanti al grande Paris. Nel 1928 non si gareggia, preferendo sviluppare numerosi ritiri collegiali a Brescia. Il 27 maggio si svolge l’ultima prova di selezione ed alla fine Mandrini, spesso tra i migliori, viene incluso nella lista azzurra. Per lui si tratta della terza edizione dei Giochi, e non è poco. Il ritiro di rifinitura si svolge a Gardone dove gli azzurri hanno il grande onore, il 21 luglio, di essere visitati ed incoraggiati niente meno che da D’Annunzio in persona il quale saluta i ginnasiarchi, come li chiama lui, con parole di elogio ed incoraggiamento. Poi tutti ad Amsterdam, con una certa fiducia di ripetere i trionfi passati. Le gare olimpiche di ginnastica si tengono dall’8 al 10 agosto nell’Olympisch Stadion. Partecipano 88 atleti di 11 nazioni. La prova consta di 9 esercizi: il volteggio al cavallo ed altri 4 attrezzi sui quali si eseguono esercizi obbligatori e liberi (sbarra, parallele, anelli e cavallo con maniglie). Per ogni attrezzo esiste una classifica individuale, con le medaglie, ed i punteggi dei migliori sei per ogni nazione, sommati, concorrono a stilare la graduatoria a squadre. Mandrini non emerge e chiude 30° la classifica individuale. Ottiene un totale di 226,25 punti, rimanendo ben lontano dal bronzo dello jugoslavo Strukelj (244,875) mentre oro e argento vanno a due svizzeri, rispettivamente Miez (247,5) e Hanggi (246,625). Mandrini si difende solo alla sbarra dove chiude 11° con 55,25, comunque lontano 1,5 punti dal bronzo dello svizzero Mack mentre l’oro va all’altro elvetico Miez (57,50) e l’argento al grande Neri (57,00). Negli altri attrezzi Mandrini veleggia a metà classifica. Al cavallo con maniglie è 28° p.m., con 50,25 mentre in questo caso l’oro è di Hanggi (59,25) davanti al connazionale Miez (57,75), col bronzo al finnico Savolainen (56,50). Agli anelli invece Mandrini finisce 33° p.m., con 49,75, ben lontano dal bronzo del ceco Loffler (56,50). L’oro è del grande jugoslavo Stukelj (57,75) davanti a Vacha (57,50). Ancora peggio Mandrini ottiene alle parallele: 45° con 46,00. Qui l’oro è appannaggio del ceco Vacha con 56,50, argento per lo jugoslavo Primozic (55,50), bronzo allo svizzero Hanggi (54,25). Un mezzo disastro Mandrini lo combina al volteggio, terminando 49° p.m. con 25,00. L’oro è guadagnato da Mack con 28,75 davanti al ceco Loffler (28,50) e lo jugoslavo Derganc (28,375). Nella graduatoria a squadre l’Italia finisce sesta, complici i piazzamenti di troppi azzurri (Mandrini compreso) oltre il 20° posto dell’individuale. Piazzamento poco onorevole, considerando anche le attese della vigilia, che viene stigmatizzato dalla stampa, con accuse e polemiche. Coi suoi 1599,125 punti totali, la nostra Nazionale finisce ad una cinquantina di punti dal bronzo della Jugoslavia (1648,75). L’oro, dopo una lotta entusiasmante, va alla Svizzera (1718,625) davanti alla Cecoslovacchia (1714,5). I nostri sono grandi solo alla sbarra mentre risultano pessimi al volteggio.

La prestazione di Mandrini non può essere considerata positiva, specie se si considera il suo passato condito da due ori olimpici. Mandrini tenta il riscatto ai tricolori di Torino, disputati il 14 ottobre sul campo del “GS Lancia”. È grande al volteggio, che vince, ma negli altri esercizi trova due portentosi ginnasti come Neri (vincitore assoluto) e Lucchetti che gli sbarrano la strada, relegandolo ad un comunque positivo terzo posto. Sale sul gradino più basso del podio anche a Savona il 28 ottobre quando a precederlo sono ancora Lucchetti e Lertora. Sembra abbonato alla terza piazza che coglie pure a Modena nel “Trofeo Braglia” il 4 novembre: lo superano di nuovo Neri e Lucchetti. Ancora Neri è l’unico a batterlo nel “GP Brunetti”, disputato il 19 novembre nella palestra della “Virtus” a Bologna. Sei giorni dopo, a Busto Mandrini finisce 4°, alle spalle dello stesso Neri che chiude primo a pari merito con Lucchetti mentre terzo è Lertora. Mandrini si rivede il 7 luglio 1929 quando giunge secondo, alle spalle di Neri, nella “Coppa Nardi” a Prato. Si conferma tra i nostri migliori ginnasti ai tricolori di Brescia, disputati il 7 e 8 settembre nella palestra della “Forza e Costanza”: chiude al terzo posto, sopravanzato (una volta di più!) da Neri e Lucchetti. E terzo finisce anche nel concorso di Torino, organizzato il 3 novembre dal “GS Lancia”: primeggia di nuovo Neri, ma Mandrini è superato anche dall’emergente Tognini. Ancora Neri lo sopravanza 14 giorni dopo a Bologna, nel “GP Brunetti”. Il 22 dicembre è a San Gallo dove, con la Nazionale, affronta la forte compagine elvetica: Mandrini chiude al sesto posto la generale, vinta da Mack su Neri, ed i nostri perdono il confronto 435,25 a 456,25. Il 31 marzo 1930 Mandrini si aggiudica il campionato lombardo, disputato sul campo di Viale Romagna a Milano. A metà aprile è invitato a Budapest per un’accademia coi più forti ginnasti magiari e riceve applausi a scena aperta. Il 13 luglio vince la gara artistica del concorso di Biella, con solo 1/10 di margine su Lertora. Poi in allenamento subisce un brutto infortunio, con fratture ed inevitabilmente perde mordente. A 33 anni stenta a ritrovare il ritmo. Alla fine del 1931 si inserisce comunque nel gruppo scelto dal CT Braglia come “azzurrabili”, seguendo i vari stage, con la speranza di rientrare in gara. Tuttavia non riesce a ritrovare la forma vincente e non viene selezionato. Però non molla. L’11 dicembre 1932 a Bologna è grande protagonista nel “GP Brunetti” dove viene superato solo dal grande Neri. Questo è però il suo ultimo risultato di buon livello. Poi si dedica ad allenare e nel 1936 è responsabile degli esercizi agli attrezzi della nostra Nazionale olimpica femminile.


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