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MAGNANI Primo

Pavia 31.03.1892 / Milano 17.06.1969

1920. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Inseguimento a Squadre (c. Carli, Ferrario, Giorgetti), 8° p.m. 50 km in pista

Si trasferisce presto a Milano dove viene attratto dal mondo ciclistico locale anche se, rispetto ad altri corridori, non inizia giovanissimo a correre. Nel 1914 comunque giunge 14° al “Piccolo Giro di Lombardia”, riservato ai dilettanti. Nel 1915 è 2° nel “GP Modoetia” a Monza, a 3’ dal vincitore Vay ed in estate, dopo l’ingresso in guerra del nostro paese, gareggia molto al Velodromo Sempione, divenuto il fulcro del ciclismo italiano dato che praticamente ogni weekend si disputano gare di un certo livello, con migliaia di spettatori. Magnani trova il suo spazio nelle prove per dilettanti e talora rivaleggia anche con i professionisti più quotati come Belloni e Girardengo. Nonostante la giovane età, acquisisce esperienza fondamentale in pista. A fine stagione torna alla strada, piazzandosi sesto nella “Milano-Varese-Milano” del 18 ottobre e vinta da Vay. Nel 1916, tesserato per l’UC Milano, è compagno di quel Ferrario che ritroverà nel quartetto di Anversa. Si fa luce nelle corse promiscue ovvero le gare aperte a tutte le categorie come molte di quel periodo bellico: la penuria di corridori, molti dei quali impegnati al fronte, porta a far gareggiare insieme dilettanti e professionisti. Il “Circuito Brianteo” è una di queste prove e Magnani si piazza ottimo terzo dietro due “pro” di alto livello come Sivocci e Bordin. In estate Magnani torna al “Sempione” dove il 16 luglio, assieme a Vay, vince un’importante “americana” davanti a molti professionisti affermati. Su strada ottiene solo piazzamenti, ma di un certo spessore: il 24 luglio è 5° nella “Milano-S. Pellegrino” vinta da Tonani, poi in rapida successione giunge 2° nella “Popolarissima Emiliana” (1° Vay), 4° nella “Busalla-Tortona-Busalla” (ancora Vay a segno) e 5° nella promiscua “Albissola-Alassio” appannaggio di Sivocci. Buone prestazione, corroborate dal successo, il 3 settembre al “Sempione”, del Campionato Milanese di Inseguimento a Squadre davanti allo SC Genova guidato dal forte Tonani: con Vay tra i suoi compagni dell’UCM figura anche Ferrario. Si tratta di un prodromo importante di quanto avverrà poi quattro anni dopo ad Anversa, a dimostrazione di quanto fosse importante la scuola della pista ed iniziare a praticarla fin da giovani. A gennaio del 1917 Magnani viene chiamato alle armi, dapprima nella sussistenza e poi al 130° Fanteria. Bersagliere, viene ferito e trascorre alcuni mesi all’ospedale di Nervi. Promosso sergente e guarito, nel 1918 torna al fronte alternandolo a diverse licenze a casa, ma non gareggia più fino al termine della guerra.

Si rivede solo l’11 maggio 1919 quando nella mattinata chiude terzo in volata il “GP UCM”, alle spalle di Tonani e Bestetti. Nel pomeriggio poi è protagonista sulla pista del “Sempione” dove vince un inseguimento a squadre con Ferrario e Cappi: accumula dunque esperienza in questa complessa specialità, dove bisogna abbinare velocità e resistenza allo sforzo intenso. Come vedremo, gli tornerà utile. Intanto torna con successo alle corse su strada: il 18 maggio vince difatti il “Giro della Provincia di Torino”, in volata sul gruppetto di corridori selezionato dalla Rezza. Sette giorni dopo, è ancora tra gli uomini che si giocano il successo allo sprint nella “Milano-Brescia”, ma rimane intruppato e termina sesto (vince Bianchi). Chiude terzo invece la “Milano-Busalla” vinta dallo stesso Ugo Bianchi. Non riesce ad emergere nemmeno nello sprint di 19 uomini che chiude il “GP Statuto” a Torino il 1 giugno e viene classificato tra i pari merito. Sette giorni dopo, giunge 6° nella prestigiosa “Coppa del Re” vinta da Brunero, futuro vincitore di tre “Giri d’Italia”. Il 19 giugno termina terzo la volata che chiude il “GP Girardengo” a Novi Ligure, inserito in una grande giornata di celebrazioni per il grande corridore che ha appena dominato il “Giro”: la corsa è vinta dal sempre più convincente Gay davanti a Bianchi. Magnani colleziona troppi piazzamenti: il 6 luglio difatti è 5° nel “Giro del Polesine”, vinto di nuovo da Gay che è primo pure nel “GP Gerbi” a Sesto Fiorentino dove Magnani chiude sesto. In volata Magnani non sembra avere molte chances: il 20 settembre chiude terzo la “Coppa Bernocchi”, alle spalle di Ferrario e Bianchi. Si piazza invece secondo, battuto allo sprint da Guindani, nella “Milano-Cremona”. Un mese dopo, il 19 ottobre, chiude solo 12° la “Coppa Principe Ereditario” a Brescia, vinta da Ferrario, rimanendo attardato nelle fasi decisive. La mancanza di sprint gli pregiudica risultati migliori, ma appare comunque un buon passista. Stessa solfa nella prima corsa del 1920, la “Coppa Del Grande” del 14 marzo sul percorso “Milano-Pavia-Milano”: combatte, ha grinta e qualità, ma in volata chiude solo settimo (1° Bestetti). Si dedica poi all’attività su pista al “Sempione” dove però vince raramente: il 9 maggio è battuto da Ferrario in un handicap.

Non va meglio su strada: il 23 maggio è solo 9° nella “Milano-Garda” vinta da Bestetti, perdendo le ruote dei migliori sulla salita di Sant’Eusebio. Torna al “Sempione”, disimpegnandosi sempre con positività: il 13 giugno vince un handicap davanti a tutti i migliori pistard dilettanti del momento, ripetendosi sette giorni dopo. Magnani continua ad alternare pista e strada: il 29 giugno giunge terzo nel “Giro dei Due Comuni” a Francolino. L’8 luglio al “Sempione”, in notturna, si sviluppa una prova importante in prospettiva: in una gara di inseguimento a squadre Magnani gareggia assieme a Giorgetti, Ferrario e Citterio. I quattro superano agevolmente un altro quartetto guidato dal tricolore Bestetti e l’emergente Cavallotti (con loro anche i semisconosciuti Pavoni e Pozzi). L’UVI sta pensando di iscrivere ai Giochi una squadra nell’inseguimento e si svolgono per questo i primi tentativi di amalgama, con il dirigente Bertolino incaricato della supervisione. Per questo la convocazione di Magnani per i Giochi di Anversa, ufficializzata il 15 luglio, non giunge del tutto inaspettata. Ha contato molto nella scelta dell’apposita Commissione Tecnica, guidata dal presidente dell’UVI Davidson, la geopolitica e l’esperienza in pista, col “Sempione” inevitabile centro di gravità permanente. Gli azzurri si ritrovano a Torino per un collegiale sotto la guida del CT Pavesi che inserisce Magnani nel quartetto dell’inseguimento a squadre. Si fa qualche prova improvvisata, cercando sulla pista del neonato Motovelodromo l’affiatamento tra i quattro azzurri prescelti. Poi si parte per Anversa, in treno, via Modane e Parigi. Le prove ciclistiche olimpiche si svolgono al Garden City Velodroom di Wilrijk, sobborgo a sud di Anversa, su una pista in cemento di 400 m. Il 9 agosto Magnani dovrebbe schierarsi al via del quartetto che disputa l’inseguimento a squadre, sui 4 km: con lui Carli, Giorgetti e Ferrario. Otto le nazioni al via. Ma Magnani si sente male, ha un’indisposizione nella notte di vigilia: a norma di regolamento, non può essere sostituito perchè manca il dovuto preavviso. Così gli azzurri sono costretti a scendere in pista in tre contro quattro. Nel quarto di finale l’avversaria è la Francia. Nonostante l’inferiorità numerica, i nostri vincono agevolmente la prova, quasi raggiungendo gli avversari. Un trionfo che fa ben sperare. Il giorno seguente affrontano la semifinale col Sud Africa: sono in netto vantaggio quando un giudice si sbaglia e dà il colpo di pistola che segnala la fine della gara con un giro d’anticipo. Poco male: l’Italia è comunque dichiarata vincitrice, dato il margine accumulato. In finale gli azzurri affrontano la Gran Bretagna ed è il caos. Dopo circa 1500 m, con la situazione ancora incerta, il britannico White perde contatto dai suoi e rallenta vistosamente: il quartetto italiano gli arriva in scia ma, forse per un’incomprensione o forse volutamente, il britannico non si sposta ed in pratica ostruisce l’avanzata dei nostri che cercano di rimediare, prima urlando, poi alzando le braccia.

Alla fine il britannico si sposta, ma gli italiani ovviamente hanno perso il ritmo, disunendosi. Mentre il francese Habent inforca la sua bici e si dirige rapidamente verso White, colpendolo con un pugno per il suo comportamento scorretto ed antisportivo, i tre britannici superstiti, favoriti dal forzato rallentamento degli avversari, filano via e tagliano per primi il traguardo, in 5’13”8 mentre i nostri, con un grande recupero che denota la loro superiorità, chiudono comunque vicini, in 5’14”2. Inevitabile la protesta ed il reclamo ufficiale. Tre sono i giudici: un britannico, un italiano ed un francese. Mentre i connazionali si schierano, ovviamente, a favore dei rispettivi quartetti, alla fine decide il francese il quale, giustamente, assegna l’oro all’Italia che inizia qui una grande tradizione in questa difficile e complessa specialità. Il bronzo va al sorprendente Sud Africa. Pochi minuti dopo Magnani è al via anche della 50 km, disputata da 31 corridori di 10 paesi. Si parte tutti insieme, come in una gara su strada: non vi sono traguardi intermedi e vince dunque chi arriva primo al traguardo. La corsa è veloce, con molti scatti ma nessuno si avvantaggia. La metà dei concorrenti si ritira prima della fine mentre Magnani per due volte deve cambiare bici causa guasti meccanici: insegue con foga finchè non rientra sui primi. Al comando rimangono in una dozzina ed è volata. Il britannico Harvey si lancia ai 200 m ed entra per primo sul rettilineo finale dove è affiancato dal belga George. I due si toccano, Harvey si sbilancia e cade mentre il belga è primo sul traguardo. Dietro di lui è il caos: gli altri cercano di evitare il britannico a terra, allargano verso l’esterno, sbandano. L’altro britannico Alden colpisce la bici del connazionale a terra, cade pure lui, ma è il secondo a tagliare il traguardo. Terzo l’olandese Ikelaar che precede Ferrario, il migliore dei nostri. Giorgetti chiude sesto, Magnani ottavo a pari merito e comunque giunto stanco al momento decisivo, mentre l’altro italiano Gilardi si ritira per una caduta. Una gara in cui, con un pizzico di fortuna in più, gli azzurri avrebbero potuto ottenere qualcosa di meglio. Inutile recriminare: Magnani nel 1921 si getta tra i professionisti dove però ha vita breve. Alla soglia dei 30 anni non ha più energie da spendere e non ottiene neanche un piazzamento nei primi dieci. Abbandona subito l’attività, ma non lascia la bicicletta: nel 1925 vince l’apposito Campionato Italiano dei macellai, professione che eserciterà a lungo.

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Anversa 1920. Il quartetto azzurro oro nell’inseguimento a squadre. Magnani è il primo a sinistra. Gli altri, a seguire da sinistra, sono Magnotti, Carli e Giorgetti

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Anversa 1920. Il quartetto oro dell’inseguimento festeggiato da colleghi e dirigenti italiani. Magnani è evidenziato dal tondo