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LOVATI Cesare

Buenos Aires (Argentina) 25.12.1891 / Varese 22.07.1961

1920. Calcio. 4°

Rientrato in Italia dall’Argentina dove si erano trasferiti i genitori, sin dall’età di 18 anni è al Milan, in prima squadra: vi rimarrà per una dozzina di stagioni, giocando 101 partite e segnando 6 reti, risultando uno dei giocatori più fedeli e rappresentativi del sodalizio meneghino. Alto 1.71m per 70kg di peso-forma, è un centrocampista grintoso, rude ed affidabile, adatto a spezzare il gioco degli avversari, dal rendimento sicuro e costante. Complice la guerra, entra nel giro della Nazionale solo nel 1920: il suo esordio in azzurro si sviluppa difatti il 18 gennaio, a Milano, sul terreno del Velodromo Sempione, contro la Francia, battuta 9-4. In questo match il CT è Resegotti[1] che poi passa l’incarico a Giuseppe Milano: l’ex colonna della Pro Vercelli, con la quale ha vinto cinque campionati, viene designato come CT da un’apposita Commissione Tecnica la quale, incaricata dalla FIGC, ne segue e dirige ogni mossa. È comunque Milano ad andare in panchina, a scegliere la formazione ed a confermare Lovati tra i titolari il 28 marzo a Berna, nell’incontro perso 3-0 contro la Svizzera. Lovati è in campo pure il 13 maggio a Genova nel match pareggiato 1-1 con i Paesi Bassi. Questi ultimi due risultati non sembrano certo il miglior viatico alla trasferta olimpica cui i nostri si avvicinano non da favoriti. Il torneo è ad eliminazione diretta: ottavi, quarti, semifinale e finale che assegna la medaglia d’oro. Per le altre medaglie, in maniera macchinosa, è previsto un mini-torneo di consolazione tra tutte le perdenti dai quarti in avanti. Al via 14 nazioni visto che Svizzera e Polonia, invitate, rinunciano all’ultimo momento, permettendo a Francia e Belgio, le loro avversarie designate, di accedere subito ai quarti di finale. L’Italia invece deve giocarsela ed il sorteggio è benevolo: il 28 agosto, alle 15.20, all’Ottenstadion di Gand, affrontiamo l’Egitto, con Lovati in campo. Non sembra un avversario temibile e la partita si mette subito bene: al 25’ segna Baloncieri. Ma da questo momento iniziano i problemi: gli egiziani masticano calcio discretamente, non si disuniscono e dopo appena cinque minuti Osman pareggia. Si va al riposo sull’1-1, tra la sorpresa generale. Ci pensa il centravanti Brezzi a salvare la baracca, realizzando al 57’. I nostri tengono, non senza fatica, il risultato fino alla fine ed accedono ai quarti di finale. Il giorno seguente, all’Olympisch Stadion di Anversa, alle ore 15.00, di fronte a circa diecimila spettatori, affrontiamo la Francia e Lovati è di nuovo titolare. Sembra sulla carta un altro ostacolo non impossibile visto che a gennaio, come già visto, l’abbiamo battuta 9-4. Stavolta è tutta un’altra storia: dopo 10’ Bard rompe il ghiaccio ed al 14’ Boyer raddoppia. Al quarto d’ora siamo già sotto 2-0, altro che goleada. Ci svegliamo un po’, ma è necessario un rigore di Brezzi al 33’ per ridarci speranza. Dopo 45’ si rimane sul 2-1 per la Francia. C’è ancora tempo e spazio per rimediare, ma al 54’ di nuovo Bard chiude il conto. Gli azzurri accusano il colpo e lasciano ai transalpini l’onore della semifinale. Il torneo ha un esito clamoroso.

La finale per il primo posto è giocata da Belgio e Cecoslovacchia. I padroni di casa sono sostenuti da un tifo fin troppo scalmanato e l’enorme pubblico viene a stento contenuto dalle forze dell’ordine. Si gioca in un clima intimidatorio per i cechi, con offese e minacce, anche da parte di molti soldati del cordone di polizia (!). L’arbitro fa il resto, favorendo sfacciatamente i padroni di casa che vanno rapidamente sul 2-0. Per protesta i cechi abbandonano il campo: vengono squalificati e non possono accedere al torneo di consolazione per le altre medaglie. Nessuno ovviamente osa togliere l’oro al Belgio nè tanto meno pensare ad una ripetizione della gara. Nel torneo di consolazione c’è anche l’Italia che scende in campo il 31 agosto alle 10 di mattina, all’Olympisch Stadion contro la Norvegia che, a sorpresa, ha eliminato la Gran Bretagna (la quale ha peraltro inviato una compagine di scarsa qualità). Gioca in pratica chi non ha giocato i turni precedenti e Lovati riposa. Vinciamo ma con grandissima fatica: al 40’ Andersen porta in vantaggio gli scandinavi e si rientra negli spogliatoi sullo 0-1. Ad inizio ripresa pareggia Sardi, uno dei migliori goleador del periodo, e ci vogliono i supplementari per dirimere la questione: all’inizio del terzo extra-time Badini ci regala la qualificazione. Siamo dunque in corsa per una medaglia, ma bisogna vincere con la Spagna, avversario tosto e la cui porta è difesa dal giovanissimo ma già portentoso Zamora. Milano, che deve fare i conti anche con la stanchezza accumulata da diversi calciatori, rimescola le carte della formazione e Lovati rimane in panchina. Il 2 settembre alle 16.00, all’Olympisch Stadion, purtroppo non c’è partita: una doppietta di Sesumaga (43’ e 72’) ci rimanda a casa con la “medaglia di legno”. Difatti veniamo classificati quarti, grazie anche alla squalifica della Cecoslovacchia. La Spagna guadagna l’argento, superando nella “finalina” i Paesi Bassi (bronzo) per 3-1. L’Italia torna a casa con due vittorie e due sconfitte, un bilancio mediocre per un movimento calcistico in ascesa e che a livello nazionale sta suscitando sempre più attenzione su stampa e tifosi, ma ancora lontano dai vertici europei. Dopo i Giochi, Lovati rientra all’amata casacca rossonera dove continua a disimpegnarsi con disinvoltura. Il 6 marzo 1921 a Milano, sul “suo” campo di Viale Lombardia[2], gioca la sesta ed ultima partita con la Nazionale che vince 2-1 contro la Svizzera. Chiude la sua carriera nel 1921-22 nel duplice ruolo di allenatore-giocatore dell’amato Milan di cui rappresenta uno dei personaggi più importanti nei primi due decenni del XX secolo. Prosegue poi ad allenare, limitandosi però a dirigere squadre allora minori come Atalanta, Monza e Seregno.


[1] Vincenzo Resegotti, detto Nino, nato a Tromello il 02.01.1876. Tecnico e dirigente già nella prima decade del Novecento, pioniere del nostro calcio, è nella Commissione Tecnica azzurra nel 1914-15. Da allenatore, assieme a Mauro, vince il Campionato con l’Inter nel 1919-20. Dal 1909 al 1922 ha ricoperto anche il ruolo di arbitro. Rientra nella Commissione Tecnica azzurra nel 1921-22. Chiude la carriera a cavallo del 1930, allenando squadre minori come Pavia e Savona

[2] Lo stadio, capace di contenere almeno 20mila spettatori e con tribune in cemento armato, era di proprietà del Milan che lo aveva fatto costruire nel 1919. I rossoneri vi giocheranno le partite casalinghe fino al 1926 quando poi si trasferiranno a San Siro. Era situato nell’isolato perimetrato dalle attuali Viale Campania, Via Sismondi, Via Zanella e Via Ostiglia


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