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LOCATELLI Ugo

Toscolano Maderno (BS) 05.02.1916 / Torino 28.05.1993

1936. Calcio. MEDAGLIA D’ORO

locatelli grandeInizia giovanissimo a giocare nella “Benaco” di Salò, ma a 16 anni è già nella prima squadra del Brescia, in Serie B. Centrocampista, ottimo mediano ma anche valida mezzala, rapido ed agile, giostra a tutto campo ed è valido, all’occorrenza, pure in difesa. Nel 1933-34 gioca 14 partite in Serie A, segnando tre reti, con le rondinelle che chiudono al 12° posto. Ceduto in prestito all’Atalanta, nel 1934-35 vi colleziona 15 presenze con 5 reti in Serie B. L’anno seguente torna al Brescia, con 29 partite e due reti, ma la squadra chiude al 16° posto e retrocede in Serie B. Qui lo scopre il CT Pozzo che, non senza difficoltà, sta allestendo la squadra per i Giochi dove devono essere scelti calciatori “dilettanti” (sulla carta perchè i compensi vengono fatti passare per “rimborsi-spese”) e che non sono mai stati in Nazionale. Pozzo attinge a piene mani dagli Universitari tra i quali appunto figura pure Locatelli. Nella prima partita di preparazione, disputata a Venezia il 21 maggio 1936 contro l’Ungheria “dilettanti”, sotto pioggia e vento, vinciamo 2-0 e la compagine, che gioca in maglia nera anzichè azzurra, sembra già a buon punto. Locatelli figura così tra i convocati per il tradizionale ritiro collegiale preolimpico, tenuto a Merano dall’8 luglio. Pozzo, coadiuvato da Angelo Mattea, assembla col solito impeto gagliardo una squadra cui dà la sua impronta ferrea e determinata. Gli azzurri (o i neri...) segnano caterve di gol ad alcune squadre minori che fungono da sparring partner: 18-1 al Bolzano, 7-1 allo Spezia e 9-1 al “fascio italiano” di Berlino, raggiunta in treno con partenza da Verona il 27 luglio. I nostri sembrano pronti anche se molti, stampa compresa, appaiono piuttosto scettici alla vigilia. Il torneo olimpico di calcio si gioca interamente a Berlino, nei vari stadi della città. Al via 16 nazioni, con eliminazione diretta. L’Italia esordisce alle 17.30 del 3 agosto contro gli Stati Uniti, al “Poststadion”, situato nel sobborgo di Moabit, nella parte nord-occidentale della capitale tedesca. Arbitro il tedesco Weingartner, spettatori 9mila. La partita sembra scontata, ma gli azzurri la affrontano con poca determinazione e gli americani non sono poi così sprovveduti come si pensava. Così il primo tempo termina 0-0. La sfuriata di Pozzo negli spogliatoi sembra avere effetto ed i nostri tornano in campo grintosi e dinamici, ma al 53°, a seguito di un brutto fallo di Piccini si genera un parapiglia generale. L’arbitro, un po’ a caso, espelle proprio Rava che in questo modo stabilisce un record poco esemplare: è difatti il primo azzurro mai espulso in una gara internazionale.

Sembra un brutto colpo per gli azzurri, ma passano appena due minuti e segna Frossi. Gli americani tentano inutilmente di realizzare il pareggio, i nostri controllano ed alla fine, soffrendo un po’ troppo, vinciamo 1-0. Mai visto Pozzo infuriato coi suoi giocatori come nei giorni che seguono quel primo match. La strigliata però funziona. Il 7 agosto, al “Mommenstadion” di Grunewald (periferia occidentale di Berlino), affrontiamo il Giappone che a sorpresa ha eliminato i quotati svedesi (3-2). Di fronte ad 8mila spettatori e con arbitro proprio uno svedese, Olsson, stavolta non la prendiamo sottogamba e strapazziamo i nipponici 8-0. Biagi ne segna quattro (32°, 57°, 81° e 82°), Frossi tre (14°, 75° e 80°) mentre chiude il conto Cappelli (89°) che poi si infortuna malamente causa l’inutile e proditorio fallo di un avversario. Entriamo dunque nei quarti a vele spiegate. Il 10 agosto tocca alla Norvegia ed il gioco si fa duro: gli scandinavi difatti hanno portato in pratica la loro Nazionale maggiore. Si gioca all’Olympiastadion di fronte a ben 95mila spettatori, arbitra l’ungherese Hertzka. Cominciamo bene ed al 15° Negro ci porta in vantaggio. Il primo tempo si chiude 1-0, ma i norvegesi sono tosti e pareggiano con Brustad al 58°. Il risultato non cambia, si va ai supplementari ed al 96° decide tutto Frossi che si sta rivelando il nostro goleador. La difesa regge l’assalto finale scandinavo e ci guadagnamo il passaggio del turno. Siamo già andati al di là di ogni aspettativa, ma Pozzo tiene sulla corda i nostri, cerca di gasarli psicologicamente, di non farli mollare. A sdrammatizzare l’attesa ci pensa niente meno che Jesse Owens, l’eroe afroamericano di quei Giochi con 4 medaglie d’oro (100, 200, 4x100 e lungo), il quale al Villaggio Olimpico è diventato amico degli azzurri con cui passa le serate a suonare la chitarra, cantare e ballare. La vigilia passa così senza troppo stress ed il 15 agosto i nostri sono pronti a giocarsi l’oro con la temibile Austria.

Si rigioca ovviamente all’Olympiastadion, arbitra il tedesco Bauwens di fronte a 85mila spettatori. Incontro equilibrato e teso, non si sblocca: il primo tempo finisce 0-0. Ci pensa, guarda caso, ancora Frossi che al 70° porta in vantaggio l’Italia. Qualcuno pensa che sia fatta, ma l’Austria è forte, si riversa in attacco e pareggia dieci minuti dopo con Kainberger. Si va, di nuovo, ai supplementari. Pozzo rincuora i nostri da par suo, li stimola per l’ultima volta all’impresa: il morale è alto, nessuno trema, la “squadra” non molla. Si torna in campo col piglio vincente e dopo due minuti segna, ovviamente, Frossi. Poi è tempo solo di resistere e la difesa non tradisce. Il risultato non cambia: Italia-Austria 2-1, medaglia d’oro! Il bronzo va alla Norvegia che supera 3-2 la Polonia nella “finalina”. Il sogno s’è realizzato: una squadra di universitari, molti dei quali non avranno carriere eccezionali, ha vinto i Giochi. Il momento è talmente storico che...non si ripeterà più. Locatelli in questo contesto è stato grande protagonista, giocando tutte e quattro le partite, dando sicurezza e consistenza all’intero centrocampo. La sua medaglia è più che meritata. Proprio da questa fortunata esperienza Locatelli si lancia per una grande carriera. Solido ed affidabile, diviene titolare dell’Inter e della Nazionale. Coi nerazzurri, che in quel tempo si chiamano “Ambrosiana” per volere del regime fascista, vince due scudetti (1937-38 e 1939-40) ed una Coppa Italia (1938-39) mentre in azzurro guadagna niente meno che il Mondiale del 1938. È così uno dei quattro calciatori italiani (gli altri sono Foni, Bertoni e Rava) ad aver vinto titolo olimpico e mondiale a distanza di due anni, e non da comprimario. Gioca 22 volte in Nazionale, disputando la sua ultima partita il 1 dicembre 1940 a Genova contro l’Ungheria (1-1). Rimane all’Inter sino al 1941, totalizzando 146 presenze ed una rete. Poi passa alla Juventus dove nel biennio ’41-’43 gioca 56 partite e segna tre gol, vincendo la Coppa Italia 1941-42. Nel torneo 1943-44 è nel Brescia (solo 7 presenze), per tornare poi alla Juventus dove chiude la sua carriera nel 1949 (totalizzando 117 partite e 4 reti). Rimarrà in bianconero come osservatore e curatore del settore giovanile per oltre 15 anni.