LEVRATTO Virgilio Felice
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Carcare (SV) 26.10.1904 / Genova 30.06.1968
1924. Calcio. Eliminato Quarti di Finale
1928. Calcio. MEDAGLIA DI BRONZO
Nasce a Carcare in una famiglia di umili origini: il padre è un calzolaio. Dopo pochi anni i Levratto si trasferiscono a Vado Ligure dove il giovane Felice (diverrà noto con questo nome) inizia subito a giocare a pallone per le strade della cittadina. Giovanissimo, si tessera per la Savoia di Vado dalla quale passa alla Lampos. Negli anni della Prima Guerra Mondiale Levratto cresce forte e robusto, soprattutto mette in mostra doti innate di attaccante puro, con un sinistro al fulmicotone (difatti è mancino). Se ne accorge Nicolò Gambetta, presidente del FC Vado, che lo tessera già nel 1918. Il Vado gioca in Promozione (una sorta di “terza serie” dell’epoca) e non è una squadra di primo livello, ma Levratto in breve ne diventa il trascinatore, segnando gol a raffica. La prima stagione d’oro per Levratto ed il Vado è il 1921-22 quando si sviluppa un duplice successo, favorito dalla realtà contingente che sta vivendo il calcio italiano: s’è verificata difatti una vera e propria scissione, con le squadre più titolate che hanno fondato una loro “lega”, la Confederazione Calcistica Italiana (CCI). Ciò che è rimasto, non molto per la verità a livello tecnico, è affiliato ancora alla FIGC e dunque in quella stagione si disputano due Campionati[1]. In quel torneo FIGC comunque il Vado vince il campionato di Promozione, guadagnandosi l’accesso alla serie superiore, e pure la Coppa Italia, appena istituita. Nella finale di questa competizione si verifica un fatto clamoroso e leggendario. Il Vado, in casa, affronta l’Udinese: tempi regolamentari e supplementari si chiudono sullo 0 a 0. Il regolamento del tempo prevede che si vada ad oltranza, con una sorta di golden gol: chi segna per primo, vince. Levratto si rivela match-winner, con un potentissimo tiro che s’infila nel sette ma, aspetto ancor più clamoroso, il pallone, data la violenza del tiro, sfonda la reti e colpisce la Torre di Scolta, oltre il muro dello stadio. Nasce qui la fama dello “sfondareti”, appellativo con cui sarà sempre chiamato Levratto, portato in trionfo dai suoi tifosi dopo la conquista del trofeo. Nel 1922-23 e 1923-24 Levratto gioca ancora nel Vado, in Seconda Divisione, confermandosi goleador provetto e solleticando l’interesse dei grandi club. Segna 53 gol in 50 partite! Pare però ancora “crudo tecnicamente” come lo definisce nei suoi ricordi Vittorio Pozzo, uno dei suoi primi estimatori. Alla soglia dei vent’anni non è ancora maturato, pur essendo “un fascio di muscoli, veloce, robusto, massiccio” come lo stesso Pozzo puntualizza. Da buon alpino, se c’è una dote che non manca a Pozzo, divenuto nel febbraio 1924 Commissario Unico della nostra Nazionale, è il coraggio. Perchè ci vuole coraggio, oltre che intuito e bravura, a pescare un giocatore nella Seconda Divisione, sorta di “serie B” dell’epoca, e portarlo in Nazionale ai Giochi di Parigi. È quanto accade appunto a Levratto che viene “provato” da Pozzo in alcuni raduni collegiali ed in partite amichevoli non ufficiali. Alla fine, proprio all’ultimo momento, se non altro per fare esperienza, il 19enne Levratto entra nella lista dei 22 selezionati.
Al torneo olimpico di calcio partecipano 22 nazioni, col criterio dell’eliminazione diretta e ripetizione della partita in caso di parità dopo i tempi supplementari. Pochi lo sanno, ma questo torneo ha valenza, per la FIFA, di Campionato del Mondo. Sotto la supervisione di Pozzo, gli italiani fanno le cose per bene al punto che il CU si avvale della collaborazione di due allenatori di primo piano come gli inglesi Garbutt e Burgess, rispettivamente mister di Genoa e Padova. Ma non tutto fila per il verso giusto: l’alloggio scelto per i nostri, una lussuosa villa nei pressi della Porte Maillot, ha i letti...troppo piccoli. Si trova dunque in fretta e furia un albergo che può accogliere l’intera comitiva ma è situato nella zona di Pigalle dove certamente non mancano le “distrazioni”. Memore dei misfatti di Stoccolma, Pozzo esercita sui calciatori una ferra sorveglianza cui nessuno riesce a sottrarsi. I nostri sembrano in forma e c’è moderata fiducia intorno a loro, ma il sorteggio non è benevolo visto che ci presenta al primo turno la Spagna, guidata dal celebre Zamora in porta. Il 25 maggio alle 15.30, allo stadio di Colombes, di fronte a 19mila spettatori, arbitro il francese Slawick, affrontiamo dunque gli iberici, con Levratto all’esordio in azzurro, nel ruolo di ala sinistra. Come previsto, non è una partita facile, risulta maschia, come si diceva in quel tempo, ricca di contrasti, falli, mischie. Incontro equilibrato che solo un episodio può decidere. Non lo fa l’espulsione dello spagnolo Larraza, autore di un fallaccio. Gli iberici si rintanano in difesa. L’episodio arriva all’84’ e ci è favorevole. In piena area di rigore, nel tentativo di fermare l’avanzata di Magnozzi che sta per tirare a colpo sicuro, Vallana colpisce il pallone con violenza ma in modo scomposto e la sfera termina in rete. Autogol! Italia 1, Spagna 0. I nostri resistono al disperato assalto iberico e passano il turno, seppur con fatica e fortuna. Il 29 giugno tocca agli ottavi di finale e stavolta l’avversario appare più abbordabile, il Lussemburgo. Si gioca allo stadio Pershing, teatro dei “Giochi Interalleati” del 1919. Solo 4mila gli spettatori, per un incontro poco interessante. Si parte alle 14.15. Solo due cambi nel nostro undici: entrano De Vecchi e Baldi, escono Caligaris e Burlando, entrambi acciaccati. Dunque Levratto di nuovo in campo. La partita si mette subito bene: il primo gol è di Baloncieri, 20’ dopo il fischio iniziale del francese Richard. Al 38’ raddoppia Della Valle ed i nostri controllano agevolmente la partita sino alla fine. In questo match si verifica un altro episodio leggendario che ha per protagonista Levratto che, con tiro dei suoi, colpisce al viso il portiere avversario Bausch. Il lussemburghese stramazza al suolo, con la lingua tagliata dai denti (fortunatamente solo un piccolo pezzo). Ripresosi e rialzatosi, quando si ritrova davanti Levratto pronto al tiro, Bausch si rifugia...dietro il palo, impaurito. Pare che Levratto, impietositosi, abbia tirato fuori. Episodio ai limiti della verità e sul quale la stampa ha sempre ricamato moltissimo, amplificando la fama di Levratto “ammazza-portieri”. Comunque siamo nei quarti e qualcuno fa un pensierino alla medaglia.
Il 2 giugno si gioca contro la Svizzera allo stadio Bergeyre di fronte ad 8mila spettatori, arbitra l’olandese Mutters. In campo gli stessi del match con la Spagna e dunque terza presenza consecutiva per Levratto. Non sembra una partita impossibile, ma i nostri hanno perso intensità ed il primo tempo scorre via scialbo, con pochi sussulti, fermo sullo 0-0. Il rientro dagli spogliatoi è scoppiettante: al 47’ Sturzenegger sorprende gli azzurri e segna. Dopo cinque minuti pareggia Della Valle. Poi una disattenzione difensiva di Caligaris regala la palla agli svizzeri, un cross ed Abegglen, appostato in piena aria, di testa infila il 2-1. Proteste dei nostri per un fuorigioco che però non viene riscontrato dall’arbitro. È la rete decisiva: gli svizzeri si difendono con ordine, gli azzurri non recuperano e vengono eliminati. Gli svizzeri comunque saranno protagonisti di un grande torneo, ottenendo l’argento dopo aver perso 3-0 la finale contro i formidabili uruguaiani ai quali spetta il primo titolo di “Campioni del Mondo” (con tanto di stella sulla loro maglia, approvata dalla FIFA). Il bronzo va alla Svezia che, dopo il primo match chiuso 1-1, supera 3-1 i Paesi Bassi nell’apposito replay. Per gli azzurri una partecipazione olimpica non eccezionale ma che permette al CU Pozzo e ad alcuni giocatori di accumulare una fondamentale esperienza che poi, col tempo, si riverbererà sull’intero movimento calcistico italiano. L’esperienza, ovviamente, è fondamentale soprattutto per Levratto che, pur non segnando, s’è messo in mostra ed entrato a vele spiegate nel giro azzurro. Ormai è pronto per il grande salto: si complica firmando più cartellini, ma alla fine la FIGC ritiene valido quello col Verona e dunque nel 1924-25 Levratto gioca con i gialloblu, squadra di seconda fascia: buono ma non eccezionale il suo torneo, con 20 presenze e 10 gol. Nel 1925-26 la svolta della sua carriera col passaggio al Genoa, uno squadrone del periodo: due anni prima ha vinto il Campionato e nel 1924-25 è stato battuto in finale dal Bologna nel girone di Lega Nord. Ma l’arrivo di Levratto coincide con l’inizio del calo di rendimento della squadra. Levratto fa appieno il suo dovere: nel 1925-26 segna 10 gol in 22 presenze, nel 1926-27 gioca 27 partite e realizza 17 gol, ma il Genoa (che nel frattempo è diventato Genova 1893 per volontà del governo fascista e della sua strampalata idea di italianizzare tutti i nomi stranieri) non raggiunge più la finale del torneo. Levratto si “consola” in Nazionale dove ormai Pozzo lo ritiene titolare fisso: il 22 marzo 1925 segna due gol nel clamoroso 7-0 che gli azzurri infliggono alla Francia. Levratto realizza una doppietta anche il 18 luglio 1926 quando a Stoccolma i nostri perdono 5-3 con la Svezia. Segna poi il gol della bandiera nel 3-1 subito a Praga dalla Cecoslovacchia il 28 ottobre 1926. Infine altra doppietta il 17 aprile 1927 nel 3-1 contro il Portogallo a Milano. Levratto è ormai una colonna del nostro attacco ed affronta con fiducia la stagione 1927-28 che deve portare ai Giochi. Il CT Rangone lo considera titolare fisso, ma le partite di avvicinamento ad Amsterdam vanno a corrente alternata e soprattutto Levratto si inceppa, non segna più.
Il 23 ottobre 1927 pareggiamo 2-2 a Praga con la Cecoslovacchia, il 6 novembre siamo sconfitti 0-1 a Bologna dall’Austria, il 1 gennaio 1928 a Genova superiamo 3-2 la Svizzera ed il 25 marzo a Roma cogliamo una bella vittoria sull’Ungheria per 4-3. Dunque realizziamo diversi gol, ma nessuno ad opera di Levratto. Le ultime due partite di preparazione vanno ancora peggio: il 15 aprile perdiamo 4-1 ad Oporto col Portogallo e sette giorni impattiamo 1-1 a Gijon con la Spagna. Otto partite, zero reti per Levratto che però col Genoa è ancora una macchina da gol: 29 presenze e 20 reti nel Campionato 1927-28, coi rossoblu secondi alle spalle del Torino. Nonostante in azzurro sia a secco da tanto tempo, Levratto è insostituibile e guida i nostri anche ai Giochi. Al torneo olimpico di calcio, con la formula ad eliminazione diretta, partecipano 17 nazioni e, data la complessità, è la prima competizione ad iniziare, addirittura il 27 maggio. Gli azzurri, con Levratto in campo, esordiscono il 29 maggio negli ottavi, contro la Francia e non è una partita facile. Si gioca alle 14 all’Olympisch Stadion di fronte a 2500 spettatori, arbitra il belga Christophe. L’inizio è sconvolgente: dopo 20 minuti siamo sotto 2-0 causa una doppietta dello scatenato Brouzes. La reazione dei nostri è veemente: al 21’ accorcia Rossetti ed al 39’ pareggia proprio Levratto che così ritrova la rete in azzurro. All’ultimo minuto del primo tempo rovesciamo il risultato con Banchero. Si va al riposo sul 3-2. Dopo un quarto d’ora della ripresa Baloncieri mette il suo sigillo, ma c’è ancora da soffrire perchè un minuto dopo accorcia Dauphin. Manca mezz’ora alla fine ma i nostri controllano e vincono 4-3. Il 1 giugno altro incontro difficile e complicato: nei quarti affrontiamo la Spagna. Si rigioca all’Olympisch Stadion, stavolta con inizio alle 19, di fronte a 3388 spettatori paganti. Arbitra l’uruguaiano Lombardi (di chiare origini italiane). Levratto è al suo posto che non mollerà più sino a fine torneo. La Spagna è avversario ostico: al 21’ passa in vantaggio con Zaldua. Si va al riposo sullo 0-1. Nella ripresa ci pensa ancora Baloncieri che pareggia al 63’. Il risultato non cambia, neanche dopo i supplementari. In quel tempo non sono previsti i rigori e la partita si ripete tre giorni dopo, il 4 giugno, nella stessa sede, con inizio alle 14, davanti a 4770 spettatori. Arbitro l’olandese Boekman. Stavolta non c’è partita, la Spagna è annientata: vinciamo 7-1. Il primo tempo termina 4-0 per le reti di Magnozzi al 10’, Schiavio al 15’, Baloncieri al 18’ e Bernardini al 40’. La Spagna accorcia alla prima azione della ripresa con Yemo, ma nel finale i nostri dilagano: al 73’ segna Rivolta e poi Levratto chiude con una doppietta (82’ e 84’). Siamo in semifinale e la medaglia pare vicina. Il 7 giugno, all’Olympisch Stadion, con inizio alle 19, ci tocca però il fortissimo Uruguay, campione in carica. 15.290 spettatori, arbitra l’olandese Eijmers. Baloncieri (ancora lui) ci fa sognare e segna dopo 9’. Il sogno dura appena nove minuti perchè Cea pareggia. Gli uruguayani sono forti e tessono con abilità la loro trama offensiva: al 28’ Campolo ed al 31’ Scarone sembrano mettere la parola fine alla disfida. I nostri si rinfrancano nel riposo e ci provano: dopo un quarto d’ora della ripresa Levratto ci porta sul 2-3. L’impresa pare possibile, ma il risultato non cambia. L’Uruguay vince 3-2, ma non abbiamo demeritato. Siamo così relegati alla “finalina” per il bronzo dove troviamo il sorprendente Egitto. Sulla carta l’avversario sembra malleabile (ne ha presi sei dall’Argentina nell’altra semifinale).
Si gioca il 9 giugno all’Olympisch Stadion, con inizio alle 16, arbitro il belga Langenus, spettatori paganti 6378. In effetti vinciamo facile anche se gli africani non sono così sprovveduti ed all’inizio ci fanno soffrire. Dopo sei minuti segna Schiavio, ma dopo altri sei minuti pareggia Riadh. Al 14’ Baloncieri riporta avanti gli azzurri ma ancora Riadh pareggia due minuti dopo. Una doppietta di Banchero, al 19’ ed al 39’, indirizza la partita nel verso giusto. Schiavio, al 42’, e di nuovo Banchero, al 44’, chiudono i conti. La ripresa ha poca storia: Baloncieri (al 52’) e Schiavio (al 58’) arrotondano il punteggio, con El-Ezam (al 60’) a salvare la bandiera. Una tripletta di Magnozzi (72’, 80’ e 88’) fissa definitivamente il risultato in un clamoroso 11-3 che ci regala un bel bronzo, a dimostrazione della crescita internazionale sviluppata dal nostro movimento calcistico. L’oro va di nuovo all’Uruguay che così si laurea nuovamente “Campione del Mondo”: difatti, come quattro anni prima, anche questo torneo olimpico ha valenza di Mondiale, secondo quanto stabilito dalla FIFA. Ma che fatica per la “celeste”! La finale tra Uruguay e Argentina del 10 giugno termina difatti 1-1 ed è necessaria la ripetizione, tre giorni più tardi, che va agli uruguagi per 2-1. Quegli stessi uruguagi che due anni dopo, superando di nuovo i tradizionali rivali argentini, guadagneranno anche il primo “vero” Campionato del Mondo. Intanto l’Italia inizia ad emergere, rinfrancata dal bronzo olimpico, il primo alloro intercontinentale del nostro calcio. Per Levratto un gran bel torneo: 5 partite giocate su 5, 4 gol ed una medaglia in più al collo. La sua carriera ha comunque raggiunto l’acme: gioca in Nazionale altre due sole partite, l’ultima il 2 dicembre 1928 a Milano contro i Paesi Bassi, vinta 3-2. Con gli azzurri totalizza 28 presenze ed 11 reti. Inoltre il Genoa inizia a perdere colpi. Dopo un torneo apatico, nel 1929-30 i rossoblu chiudono al secondo posto il primo Campionato disputato a girone unico, vinto dall’Inter (che ha cambiato nome in Ambrosiana), ma poi tornano nell’ombra. Proprio ai nerazzurri Levratto passa nel 1932, dopo aver collezionato col Genoa 188 presenze e 86 gol. Con l’Ambrosiana totalizza 63 presenze e 25 reti in due anni, finendo in entrambe le occasioni al secondo posto dietro la formidabile Juventus. Nel 1934-35 Levratto va alla Lazio, ma ormai ha dato il meglio di sé: 50 partite ed 8 gol. Savona in Serie C (dove si cala anche nel ruolo di allenatore), Stabia e Cavese le sue ultime squadre. Nel dopoguerra allena molte squadre in serie minori, anche al Sud (Messina, Lecce) finchè chiude l’attività alla fine degli anni ’60.
[1] In seguito, avvenuta la riunificazione delle leghe, entrambi i vincitori dei Campionati, Pro Vercelli e Novese, saranno considerati ufficiali e dunque inseriti nell’Albo d’Oro