LEOPARDI Orlando
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Roma 01.08.1902 / Padova 01.08.1972
1924. Pugilato. Eliminato Primo Turno pesi medi
Nato a Roma dove comincia l’attività pugilistica con la “Macao” e viene soprannominato “cuccumello[1]”, ma poi si trasferisce a La Spezia, dove è marinaio, e nei primi anni Venti continua a combattere. Si tessera per la Virtus e gareggia nei “medi” per tutta la Liguria, con buon successo. Poco noto, “esplode” letteralmente ai tricolori di Firenze del 1924, disputati al Politeama nella metà di marzo: sorprende tutti, vince con Piccini, Besaglia ed Oldani finchè in finale supera ai punti anche il quotato marchigiano Bonfigli. Questo nonostante, per un ritardo nel programma, Leopardi debba sostenere addirittura tre incontri in un solo giorno. I tecnici lo giudicano bene, anche per la sua generosità: dà sempre tutto sul ring da dove scende spesso esausto, sfinito per le energie profuse. Con la maglia tricolore arriva anche inevitabilmente quella azzurra. Leopardi infatti è tra i 30 azzurrabili che, sotto la guida del CT Bianchi e dell’allenatore in seconda Zanatti, svolgono l’apposito ritiro collegiale a Bellusco, nella villa Bartesaghi di proprietà del cav. Ostali (vice-presidente della FIP), attrezzata a palestra con tanto di ring in giardino e punching ball. Non mancano scherzi e divertimento, con frequenti bagni nel vicino Adda. Poco a poco, tra abbracci e lacrime di commiato, i trenta devono essere “dimezzati”, rimandando a casa coloro i quali non dimostrano di essere pronti al punto giusto per i Giochi. Non è mai semplice escludere qualcuno, ma è la dura legge dello sport ed il CT compie il suo lavoro con giudizio severo ma imparziale. Leopardi rischia di essere “tagliato”: non perchè non sia all’altezza, anzi sul ring è spesso tra i migliori, ma per il suo carattere ombroso ed irritabile. Si segnala difatti soprattutto per la sua irascibilità: molto permaloso, non esita a prendersela con i compagni, che ovviamente lo prendono di mira appositamente, ed a menare pugni a destra e a manca. Tutto però è a livello di scherzo e rientra in breve tempo nei limiti della decenza, con qualche sberleffo, qualche ingiuria e molti sorrisi ed abbracci conclusivi.
Alla fine, ineccepibile sotto il profilo tecnico, Leopardi si guadagna il viaggio a Parigi dove arrivano 16 pugili, in pratica due per categoria: a far compagnia nei “medi” a Leopardi c’è proprio quel Bonfigli da lui battuto ai tricolori. Le gare olimpiche di pugilato si svolgono al famoso Vel d’Hiv, il velodromo d’inverno teatro di numerose competizioni ciclistiche di rilievo, in un caldo torrido. Il torneo dei medi (peso-limite 72,575 kg) è ad eliminazione diretta e vi partecipano 23 pugili di 14 nazioni. Il 15 luglio, nel primo turno, Leopardi è sconfitto dal canadese Henning ai punti e viene quindi eliminato. Non certo una prestazione memorabile anche se il match è equilibrato e l’azzurro comunque non sfigura. L’oro va al britannico Mallinn sul connazionale Elliott mentre il bronzo è appannaggio del belga Beecken. Dopo i Giochi, Leopardi non molla. Il 10 novembre al Politeama Milanese, nell’incontro Italia-Francia, batte Danet ai punti e le due nazionali impattano 4-4 il computo finale. Leopardi si conferma il 23 novembre a Firenze dove si aggiudica la “Coppa del Re”, dominando in finale Sibilla, costretto all’abbandono. Leopardi rimane tra i dilettanti per un’altra stagione e ne ha ben donde. Nel giro di una settimana, nella prima decade di maggio del 1925, vince il Campionato dell’Italia Centro-Meridionale ad Ancona, battendo Summa, ed il titolo italiano a Firenze, superando il milanese Toscani. Riveste anche la maglia azzurra in incontri internazionali, con alterna fortuna: il 29 maggio batte l’austriaco Stauffer e l’8 luglio perde col francese Dubois. Passa quindi professionista, combattendo una sessantina di incontri senza però raggiungere vertici importanti. Gareggia comunque in mezzo mondo, dalla Tunisia alla Romania, dall’Argentina all’Australia oltre ovviamente all’Europa. È un buon pugile, un valido mestierante, che alterna vittorie a sconfitte. Chiude la sua carriera a L’Aquila l’8 dicembre 1935, vincendo ai punti contro il romeno Jorgulescu. Niente di eccezionale il suo score: 28 vittorie, 24 sconfitte, 9 pareggi.
[1] La cuccumella a Roma è un recipiente tondeggiante usato in cucina per bevande. Quindi Leopardi potrebbe essere stato soprannominato così perchè un po’ cicciotello da bambino. Un’altra versione per spiegare il soprannome, ricavata dall’Enciclopedia Treccani e più plausibile, può essere dovuta al fatto che “avere la cuccumella” significa essere nervosi ed irascibili. E Leopardi non era certo un tipo tranquillo come si evince da quanto riportato nella scheda per cui il nomignolo potrebbe essere dovuto proprio al suo carattere focoso