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LEONE Pietro

Massazza (BI) 31.01.1888 / Torino 03.02.1958

1912. Calcio. Eliminato Primo Turno (9° p.m.)

Già a 17 anni gioca nella squadra B della gloriosa Pro Vercelli, a quel tempo tra le compagini più forti d’Italia. Nel campionato 1905 il suo esordio in prima squadra, due presenze. Protagonista del periodo eroico delle “casacche bianche” vercellesi con cui vince cinque campionati di fila, dal 1908 al 1913, ottenendo 112 presenze e segnando un gol, divenendo anche capitano della compagine e segnalandosi come perno fondamentale del centrocampo: insieme a Milano ed Ara[1] costituisce una linea mediana rimasta famosa nel tempo per forza, grinta, abnegazione. Leone è un motorino instancabile, grande lottatore, dinamico e pugnace. Il suo esordio in Nazionale, il 6 gennaio 1911 all’Arena di Milano contro l’Ungheria, coincide con un evento importante nella storia del nostro calcio: i nostri perdono 1-0, ma indossano per la prima volta la maglia azzurra con lo scudo sabaudo[2]. Leone è in campo anche nell’ultima partita che la Nazionale gioca prima dei Giochi di Stoccolma, il 17 marzo 1912, perdendo contro la Francia 4-3 a Torino, sollevando un moto di delusione nella Commissione Tecnica incaricata di preparare la spedizione olimpica. Tra ritardi e polemiche, alla fine la gestione della squadra viene affidata a Vittorio Pozzo, alla sua prima esperienza sulla panchina della Nazionale, che nei suoi ricordi descrive Leone “forte come un torello, tozzo, impetuoso e generoso”. Ovviamente lo inserisce nella lista dei calciatori per i Giochi cui prendono parte 11 nazioni in un torneo ad eliminazione diretta. Il sorteggio pone di fronte ai nostri i finlandesi. La gara si gioca il 29 giugno alle 11 di mattina, al Tranebergs Idrottsplats, nella parte settentrionale di Stoccolma, di fronte a 600 spettatori. È il primo match in assoluto del torneo. Sulla carta non sembra una partita impossibile, ma le cose si mettono subito male: i finnici passano in vantaggio dopo appena due minuti di gioco, con Ohman. Pareggia Bontadini al 10’, quindi Sardi capovolge il risultato a 25’. Soinio impatta al 40’. Il secondo tempo trascorre senza ulteriori reti.

Si va ai supplementari ed al termine del primo extra-time segna Wiberg. I nostri non riescono a pareggiare e vengono malamente eliminati al primo turno. Il torneo verrà vinto, anzi dominato, dai maestri inglesi. L’Italia è relegata nel torneo di consolazione. Il 1 luglio, al Rasunda Idrottsplats di Solna, alle ore 19, di fronte a 2500 spettatori, vinciamo contro i padroni di casa svedesi 1-0, con rete di Sardi al 15’ del primo tempo. Segue il 3 luglio la semifinale del torneo di consolazione, alle 19, all’Olympiastadion di Stoccolma, di fronte a 3500 spettatori, contro l’Austria che vince nettamente 5-1, con doppietta di Grundwald. Per i nostri la rete della bandiera è segnata da Berardo, all’82°, quando ormai non c’è più storia. Leone prende parte alle tre partite, dando sempre il suo apporto di spinta e contrasto a centrocampo. Il torneo degli azzurri è però deludente, inutile negarlo, complice anche un’organizzazione logistica alquanto carente e, si vocifera, qualche “distrazione” di troppo dei calciatori con le bellezze scandinave. Con l’esperienza olimpica Leone ha praticamente raggiunto il culmine della sua carriera: vincerà comunque ancora uno scudetto con le “casacche bianche” ed il 1 maggio 1913 sarà in campo a Torino in un’altra partita importante dal punto di vista storico-statistico: la nostra Nazionale supera il Belgio 1-0 ed è costituita per 9/11 da giocatori della Pro Vercelli[3], indubbiamente la squadra-faro a cavallo del 1910. Proprio in quel 1913 però Leone è costretto a porre fine alla sua brillante carriera: diplomato geometra, vince difatti un concorso alla Società Irrigazione Ovest Sesia e l’impiego, a detta degli irremovibili ed antiquati dirigenti, è incompatibile col gioco del calcio, giudicato ancora come uno sport “poco dignitoso” dalla società perbenista dell’epoca. Leone dunque appende le scarpette al chiodo, ma con un palmares di tutto rispetto (5 scudetti e 9 partite in Nazionale) cui, in definitiva, è mancato solo un migliore risultato ai Giochi.


[1] La leggenda vuole che sia lui a coniare il celebre detto “il calcio non è uno sport per signorine”

[2] In precedenza difatti la Nazionale italiana di calcio giocava in maglia bianca

[3] Gli unici due “estranei” sono il milanista De Vecchi ed il doriano Fresia. La rete vincente è segnata da Ara, al 53°


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