LAVENI Giuseppe
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Milano 1877 / deceduto
1924. Tiro a Segno. 10° p.m. Fucile a Terra 600 m, 10° Fucile a Squadre a Terra, 61° p.m. Carabina di Piccolo Calibro
Sin dalla prima decade del Novecento si segnala come specialista del fucile di grosso calibro. Il suo primo risultato importante a livello internazionale è la partecipazione ai Mondiali di Loosduinen, Paesi Bassi, nel 1910: chiude 19° della generale nel fucile da tre posizioni, con l’Italia quinta nella classifica a squadre. Se nella posizione in ginocchio Laveni si difende, 13°, va male a terra (18°) e soprattutto in piedi (24°), per una prestazione ai limiti della sufficienza. Ci riprova l’anno seguente, a Roma: buon 9° nella generale, vinta dallo svizzero Staheli, con l’Italia solo sesta. Laveni comunque è il migliore dei nostri, confermando come nella posizione in ginocchio (5° e bronzo di squadra) sia una sicurezza, ma pregiudicando la sua performance a terra (21°) mentre in piedi chiude 12°. Stavolta la sufficienza è piena. Male, anzi malissimo, invece nel 1912 ai Mondiali di Biarritz: solo 33° nella generale, con l’Italia quarta. Assente a Camp Perry (USA) nel 1913 ed a Vyborg, Russia, nel 1914, Laveni ha modo di ripresentarsi ai Mondiali solo dopo la Prima Guerra Mondiale. Però ricomincia, per così dire, da dove aveva lasciato ovvero con un piazzamento mediocre: a Lione nel 1921 chiude difatti 25° nella generale, ancora e sempre col suo amato fucile di grosso calibro da tre posizioni. Per l’Italia un’altra “medaglia di legno” che, con un po’ più di attenzione anche da parte di Laveni, avrebbe potuto trasformarsi almeno in un bronzo. La storia non cambia a Milano nel 1922: 32°, con l’Italia settima. Laveni illude nella prova col fucile d’ordinanza tre posizioni: è bravissimo a terra (4°), ma le pessime prestazioni nelle altre posizioni gli pregiudicano un posto tra i primi 10 della generale. Disertati, come tutti i tiratori italiani, i mondiali in America del 1923, Laveni si prepara ai Giochi di Parigi. Il 30 marzo 1924 brilla nella preolimpionica del Gruppo Tiratori Milanesi ed inizia ad essere preso in considerazione per la maglia azzurra: alla fine si guadagna la convocazione per i vari ritiri collegiali, svolti tra Pisa e Viareggio dove viene utilizzato il Balipedio, struttura della Marina Militare, che offre ampi spazi di tiro. Laveni si disimpegna bene ed alla fine si guadagna il viaggio in Francia. Sulla via per Parigi, i nostri si fermano a Reims dove a metà giugno si disputano i Mondiali. Tra l’altro quel poligono sarà teatro pure delle prove olimpiche. Gli azzurri non brillano. Nella prova col fucile da tre posizioni chiudono ottavi nella classifica a squadre ben lontani dagli USA vincitori. Laveni si piazza 36° nella generale, vinta dallo statunitense Fisher e non è certo un risultato degno di nota. Nelle tre posizioni si classifica sempre oltre il 30° posto[1] e ciò ovviamente non è un bel viatico per i Giochi dove, in effetti, assistiamo ad un’altra debacle.
Le prove di tiro olimpiche a segno si svolgono in due diversi siti, entrambi nelle vicinanze di Reims: quelle col fucile al poligono militare di Chalons, a Mourmelon-le-Grand, e quelle con la carabina al Parc des Sports di Tinqueux. Laveni esordisce il 23 giugno nella gara con la carabina di piccolo calibro cui prendono parte 66 tiratori di 19 nazioni. Si spara da 50 m, posizione a terra, 40 colpi totali e punteggio massimo ottenibile 400. Laveni va male, anzi malissimo: è il peggiore degli azzurri e totalizza 357 punti che lo collocano al 61° posto a pari merito, a fondo classifica. L’oro va al francese Coquelin de Lisle che, con 398 punti, ottiene il nuovo record del mondo. L’argento è dello statunitense Dinwiddie (396) ed il bronzo va allo svizzero Hartmann (394). Punteggi inavvicinabili per Laveni la cui prestazione risulta evidentemente insufficiente. Laveni cerca il riscatto il 26 giugno quando inizia la gara col fucile a squadre che si protrae anche il giorno seguente. Con lui gareggiano Ticchi, De Ranieri, Isnardi e Coletti-Conti. Si sparano 10 colpi per serie, a terra, da 400 m, 600 m e 800 m. Il punteggio massimo ottenibile per un singolo tiratore è 150 che, ovviamente, diventano 750 per la squadra. È un’altra delusione. Otteniamo 578 punti e chiudiamo al decimo posto. Trionfano gli statunitensi, grazie al loro famoso fucile Springfield, con 676 punti davanti alla Francia ed alla sorprendente Haiti che, invasa dagli USA durante la Prima Guerra Mondiale, ha schierato tiratori istruiti per anni dai Marines, evidentemente con grande profitto. Il migliore dei nostri è De Ranieri che totalizza 122 punti mentre Laveni ne ottiene 116. Laveni chiude le sue fatiche olimpiche quello stesso 27 giugno nella prova col fucile a terra da 600 m cui partecipano 73 tiratori di 19 paesi. Si eseguono 20 tiri ed il punteggio massimo è 100. È la gara in cui Laveni si comporta meglio. Con 86 punti chiude difatti 10° a pari merito. Vince lo statunitense Fisher, con 95, dopo spareggio col connazionale Osburn mentre il bronzo va al danese Larsen che ottiene 93 punti. In definitiva per Laveni una partecipazione olimpica con più ombre che luci, ma in linea con le sue prestazioni precedenti.
Continua a gareggiare per qualche stagione, con risultati altalenanti. Alla fine di ottobre del 1925 è nella squadra della “Società Mandamentale” di Milano che alla Cagnola meneghina si aggiudica lo “Scudo Lombardo”. In quella stessa annata Laveni ai Mondiali del 1925, a San Gallo in Svizzera, chiude 35° la generale del fucile grosso calibro tre posizioni, con l’Italia settima a squadre. L’anno seguente Laveni è ancora sulla breccia: il 15 giugno partecipa, al poligono meneghino della Cagnola, all’incontro Italia-Svizzera, col fucile, vinto dai nostri 4413 a 4372, con un discreto apporto anche da parte di Laveni, non certo il peggiore. Inoltre il 7 novembre vince il campionato sociale della Mandamentale di Milano nell’arma libera mentre giunge secondo nella carabina, alle spalle di Trasi. Nel 1927 è ancora tra i migliori. Il 27 marzo alla Cagnola vince sia con l’arma libera che con la carabina piccolo calibro: con queste due armi si aggiudica anche i campionati sociali della “Mandamentale” milanese il 1 maggio. Ritrova quindi i Mondiali che stavolta si disputano a Roma, ma non ha molta fortuna: col fucile grosso calibro tre posizioni chiude 36° nella generale, con l’Italia sesta. A livello locale continua a primeggiare: il 10 luglio si aggiudica il campionato milanese con arma libera e carabina piccolo calibro con cui il 2 novembre si impone al Martinetto di Torino. L’11 dicembre primeggia alla Cagnola nell’arma libera mentre col fucile e la carabina viene battuto da Dell’Orto. Stessa situazione il 25 marzo 1928, nello stesso poligono dove vince pure col fucile91. Il weekend successivo gareggia, con la carabina 22, nell’incontro Milano-Torino, vinto dai meneghini. È questo l’ultimo risultato importante di Laveni in una carriera più che significativa seppur con pochi acuti: non riuscirà a qualificarsi per i Giochi nel 1928 nè nel 1932 dove comunque sarà indicato come riserva.
[1] Per la precisione: 39° a terra, 36° in ginocchio e 32° in piedi