GUINDANI Giuseppe
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Cremona 19.03.1895 / Massaua (Etiopia) 19.10.1957
1920. Ciclismo. 5° Prova a Squadre, 32° Prova Individuale su Strada (crono)
Detto Pino, disputa le prima gare intorno ai 17 anni di età e nel 1914, tesserato per la “SS Gussola”, coglie la prima vittoria di un certo rilievo, nella “Coppa Riccardi” a Parma. Poi entra nell’orbita del “Club Ciclistico Cremonese” ed in particolare di Cesare Castellani, deus-ex-machina del ciclismo all’ombra del Torrazzo ed ex ciclista di mediocre livello nella prima decade del Novecento. Guindani, detto “il bel Pino” anche per l’interesse che sembra suscitare nel gentil sesso, ha buone qualità ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ed il conseguente ingresso nel conflitto da parte del nostro paese, blocca la sua attività agonistica (ed ovviamente non è il solo cui accade). Arruolato nel Genio, segue un corso per automobilisti e diventa talmente bravo da essere inserito nel Comando d’Armata, agli ordini diretti del Gen. Capello che ha sempre avuto un occhio di riguardo per lo sport e per la ginnastica in particolare[1]. Terminata finalmente la guerra, Guindani torna a Cremona e riprende a correre da dilettante, nonostante la sua età, 24 anni suonati, non sia proprio più quella di un ragazzino di belle speranze. La guerra gli ha probabilmente tolto le migliori opportunità e questo è un destino patito da tutta la sua generazione. All’inizio del 1919 sembra stentare: il 13 aprile chiude soltanto 23° la “Milano-Torino” vinta da Tonani. Difatti non ingrana e torna alla ribalta solo il 7 settembre quando vince il “Circuito dei Colli Emiliani” a Reggio Emilia. Tredici giorni dopo, giunge 4° nella “Coppa Bernocchi” vinta allo sprint da Ferrario e quindi si piazza terzo nella “Milano-Cremona” vinta da un altro Guindani, Dante[2]. Giuseppe, o Pino se preferite, chiude poi 7° la “Salsomaggiore-Spezia” del 28 settembre dopo essere rimasto attardato sulla Cisa (vince Gay). Stesso risultato nella “Coppa Principe Ereditario” a Brescia del 19 ottobre: è nel gruppetto di testa che si contende la vittoria allo sprint, ma chiude penultimo. Sette giorni prima era arrivato 6° nel “Trofeo Morgagni-Ridolfi” a Forlì. Non sembra un campione, ma neppure un mediocre: è un buon corridore che se trova la giornata giusta, la gamba buona come si dice in gergo, può anche ambire alla vittoria. Ma nel 1920, annata olimpica, Guindani non sembra progredire: il primo risultato significativo è il 10° posto nella “Coppa Appennino” a Vignola del 29 giugno. Guindani, come tutti in quell’annata, ha un sogno: andare ai Giochi. Per questo il 15 luglio si reca a Novi Ligure dove si disputa l’apposita prova di selezione, sul percorso Novi-Serravalle-Tortona-Novi, un circuito da ripetere 4 volte per complessivi 180 km, a cronometro, sulla falsariga di quanto si svolgerà in Belgio. Guindani chiude 7°, a 21’ dal vincitore Gay. Non pare una prestazione-monstre, ma a sorpresa il suo nome figura nella lista degli azzurri per Anversa, stilata dall’apposita Commissione Tecnica guidata dal Presidente dell’UVI Davidson. Tra tutte, è la selezione che più fa discutere, soprattutto perchè viene lasciato fuori Scaioni[3], giunto sesto e dunque davanti allo stesso Guindani.
Gli azzurri, inizialmente riunitisi proprio nella stessa Novi, si ritrovano per un ritiro collegiale a Torino, sotto la guida del CT Pavesi che valuta le carte a sua disposizione in alcune prove al neonato Motovelodromo e nelle strade circostanti. Il viaggio per Anversa avviene in treno, via Modane e Parigi. Tutto sembra procedere bene. Alla vigilia della prova su strada, non senza sorpresa, il CT Pavesi decide di promuovere titolare Guindani al posto del milanese Berti, apparso in leggera difficoltà nelle ultime sgambate. La scelta è giudicata poco comprensibile da molti tecnici e non avranno tutti i torti. Le classifiche ciclistiche sono due, una individuale ed una a squadre, ottenuta dalla somma dei tempi dei corridori di ogni nazione giunti al traguardo. La gara si svolge il 13 agosto, a cronometro lungo ben 175 km: si parte da Merksem e si arriva ad Anversa, nei pressi del velodromo, passando per Tornhout, Molt. Heist-op-den-Berg e Lierre. 46 i partenti di 12 nazioni. Percorso sostanzialmente pianeggiante, per cronomen possenti. Oltre tutto si gareggia a pignone fisso ed è favorito chi ha studiato bene ogni dettaglio. Non certo i nostri che montano pignoni inadatti mentre, al contrario, gli avversari utilizzano addirittura bici da pista e rapporti quasi da stayers. Basti dire che gli azzurri sviluppano 5,80 m col loro rapporto contro i 7 metri sviluppati dagli altri. Un abisso che si riverbera nelle prestazioni. Il tracciato è attraversato più volte dai binari del treno, con relativi passaggi a livello: le pause inevitabili, prodotte dalla chiusura delle sbarre, saranno opportunamente conteggiate dai giudici e tolte dal computo generale del tempo impiegato. Come vedremo, risulteranno decisive. Non per i nostri che si trovano a mal partito e giungono lontani dai primi: Guindani poi, a disagio per tutta la corsa, è il peggiore, chiudendo 32° a ben 41’49” dal vincitore, lo svedese Stenqvist che impiega 4h40’01”, ottenendo una media prossima ai 34 orari. In realtà il tempo migliore è realizzato dal sudafricano Kaltenbrunn che festeggia la vittoria col suo entourage prima che però la giuria tolga, come da regolamento, i 4’01” in cui lo svedese è stato costretto a fermarsi per il passaggio di un treno. Dunque oro a Stenqvist, argento allo scornato sudafricano (alla fine con un ritardo di 1’25”) e bronzo per il francese Canteloube, a 2’53” dal primo. Nessuno dei medagliati avrà una carriera significativa a livello professionistico. La prova a squadre va invece alla Francia su Svezia e Belgio, con l’Italia solo quinta, dietro anche alla Danimarca, e con un distacco dal bronzo di quasi un’ora, un’enormità per il nostro ciclismo che esce da questa edizione con le ossa rotte, almeno su strada visto che il quartetto degli inseguitori conquista l’oro. Come ne esce male, anzi malissimo, Guindani la cui prova, pur con qualche attenuante, è ben lontana dalla sufficienza. D’altra parte rimarrà insufficiente anche la sua carriera. Nel 1921, ancora dilettante, si difende discretamente, con tre vittorie di buon livello (“Giro del Chianti”, “Coppa Busseto” e “Giro della Provincia di Mantova”), ma l’anno seguente passa professionista e tutto cambia. Si ritira difatti al “Giro d’Italia” e chiude 19° il “Lombardia”, unico suo piazzamento in una corsa-monumento. Guindani continuerà poi a correre per qualche stagione, rimanendo però sempre nell’ombra.
[1] Luigi Capello, nato ad Intra il 14.04.1859. Fervente cultore della ginnastica, dirige i concorsi ginnici militari del 1908 e 1911. A lungo dirigente della FGNI e fautore del soldato-ginnasta. Già protagonista della guerra italo-turca in Libia, si distingue nelle battaglie dell’Isonzo nella Prima Guerra Mondiale, ma il suo prestigio viene fortemente incrinato dalla disfatta di Caporetto della quale viene ritenuto corresponsabile e con la quale in pratica termina la sua carriera militare. Tra i primi aderenti al movimento fascista, verrà poi coinvolto nell’attentato a Mussolini da parte di Zaniboni e condannato a 30 anni di carcere, poi parzialmente amnistiati
[2] Dante Guindani, nato a Cremona l’11.06.1899. In quel 1919 aveva preso parte al Giro d’Italia, ritirandosi nella seconda tappa. Nel 1921 sarà primo nella Coppa Del Grande. Morirà il 4 febbraio 1929, a 30 anni non ancora compiuti. Da molti (allora come adesso) ritenuto fratello di Giuseppe, in realtà i due non erano neppure lontani parenti
[3] Punto nell’orgoglio, tre giorni dopo Scaioni vince in solitario il “Trofeo Morgagni-Ridolfi” a Forlì, staccando anche Gay, ma la Commissione Tecnica è irremovibile e lo esclude definitivamente dai Giochi