GLIUBICH Vittorio
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Zara 18.04.1902 / deceduto nel 1984
1924. Canottaggio. MEDAGLIA DI BRONZO otto con
Nato[1] in territorio allora appartenente all’Impero Austro-Ungarico, poi passato all’Italia a seguito della Prima Guerra Mondiale. Gli zaratini dopo il conflitto sono italiani a tutti gli effetti. Pur non essendo un marcantonio, Gliubich ha un fisico ben costruito e per l’epoca ha un’altezza al di sopra della media (1,75m) ma con fisionomia longilinea (72kg). A Zara, sin da fine ‘800, esiste una grande tradizione di canottaggio e la sua compagine più rappresentativa è la Diadora, fondata nel 1898, di forte matrice irredentista e che prende il nome dall’antica dizione latina della città dalmata. Gliubich è inevitabilmente attratto da questo ambiente, anche perchè la Diadora miete successi a raffica anche ai tricolori[2]. Quando Gliubich ha 21 anni, il prof. Miller, deus-ex-machina della compagine zaratina, lo giudica adatto per salire a bordo dell’otto sociale di cui egli è il capovoga, in sostituzione di Sofonio. Non si sbaglia. Il 15 agosto 1923, con Gliubich e Miller a bordo, l’otto della Diadora vince il campionato giuliano. Si ripetono il 26 agosto a Como, nelle acque di Villa d’Este, per i tricolori. Non solo: il 2 settembre, nelle stesse acque, vincono pure il titolo europeo, resistendo per un soffio al tentativo di rimonta degli svizzeri. È l’annata della consacrazione assoluta per un armo storico in cui Gliubich fa pienamente la sua parte. Nel 1924 la Diadora, sotto la guida del prof. Miller che per vari motivi (anche burocratici in relazione al suo lavoro a scuola) è costretto a non salire più in barca, si prepara scrupolosamente per i Giochi. L’otto, con Gliubich a bordo e addirittura capovoga, vince l’apposita selezione olimpica, disputata il 22 giugno a Sesto Calende, sulle acque del Lago Maggiore. La Diadora vince nettamente, precedendo di 9” i piacentini della “Nino Bixio”, garantendosi il diritto di rappresentare l’Italia ai Giochi.
Le gare olimpiche si disputano sulla Senna ad Argenteuil, nel tratto di fiume immortalato dai celebri quadri degli Impressionisti, a nord-ovest di Parigi. Alla prova dell’“otto” prendono parte 10 nazioni. Con Gliubich, confermato nel delicato ruolo di capovoga, gareggiano i tre fratelli Cattalinich (vero “motore” della squadra), Crivelli, Ivanov, Sorich, Toniatti ed il timoniere Galasso. Grande prova degli azzurri nella batteria, che in realtà è una semifinale, il 15 luglio: nettamente primi, col tempo di 6’06” e sei secondi di margine, davanti ad Australia e Spagna. Gli aussie non perdevano una gara da 4 anni! Tutto questo fa ben sperare per la finale, disputata il 17 luglio. In effetti, a parte gli stratosferici USA (tra i quali c’è pure Babe Rockefeller, rampollo della celebre dinastia di miliardari), la lotta per le piazze d’onore è accesa ed incerta. Il Canada guadagna l’argento ma il bronzo, a poca distanza, è azzurro davanti ad un armo importante come quello della Gran Bretagna. Grande prova dei nostri, con una condotta di gara giudiziosa e che, senza un’embardé che ha provocato un forte rallentamento a metà gara, avrebbe potuto essere anche migliore. Inoltre la medaglia è piena di significato anche “politico”, essendo l’otto costituito prevalentemente da elementi zaratini. Una bella prestazione che corona gli sforzi e la passione dell’intero movimento canottiero delle terre redente, con grande soddisfazione anche in chiave propagandistica. La bella storia però finisce qui. I tre fratelli Cattalinich, la spina dorsale dell’armo, sono costretti a fermarsi perchè impegnati a risistemare i capannoni del cantiere di famiglia, semidistrutti da un violento temporale estivo. L’otto della Diadora dunque si sfalda e non può partecipare agli Europei di Zurigo dove sussistevano grandi possibilità di vittoria. Con la fine della compagine termina anche la carriera di Gliubich ad alti livelli.
[1] Nato come Viktor Ljubic
[2] La Diadora vince tre campionati nazionali di “jole a otto” (1920-1921-1922) ed il titolo nell’otto del 1922