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GIUNCHI Leonardo

17.01.1896 / Roma 18.03.1967

1920. Pugilato. Eliminato Primo Turno pesi leggeri

Detto Leo, appartenente ad una famiglia di circensi che gira l’Europa intera, fin da bambino impara giochi acrobatici, diventando poi un ottimo trapezista. Rientrato in Italia, si stabilisce con la famiglia a Roma, nel popolare quartiere della Garbatella ed inizia a praticare pugilato col CS Audace. I suoi primi successi datano subito dopo la fine della Grande Guerra: nel 1919 è difatti Campione Romano nella categoria dei “welters” (battendo in finale Matassi) e Campione dell’Italia Centro-Meridionale. Dotato di ottima tecnica al punto che viene definito “schermidore della boxe”. Nel 1920, diminuito leggermente di peso, gareggia nei “leggeri”. A metà marzo domina il Campionato dell’Italia Centrale e Meridionale a Roma, superando in finale Grasso per abbandono alla seconda ripresa. Appare in grado di emergere a livello nazionale. Difatti è così. La consacrazione definitiva si sviluppa per Giunchi ai tricolori di Milano, disputati al Teatro Lirico ai primi di luglio: in rapida successione batte Mariotti, Mascena ed in finale, ai punti ma nettamente, quel Bosisio che diventerà grande professionista[1].  La maglia azzurra è sua. Il CT della Nazionale è Celestino Caversazio ed il ritiro collegiale avviene a Ramello, sul Lago Maggiore, in una splendida villa con tutti i comfort e palestra annessa. Qui gli azzurri affinano la tecnica e rifiniscono la preparazione, con l’aiuto anche di professionisti del calibro di Spalla, Marzorati e Giussani. Giunchi affronta il 1 agosto ad Intra il professionista Piacentini nella “prova generale” di Anversa. Dovrebbe essere un match amichevole, quasi dimostrativo, ma tra i due, entrambi romani, non corre buon sangue: Giunchi è atterrato, ma si rialza in tre secondi e scatena una reazione furiosa. Il CT Caversazio fatica a separare i due contendenti. Giunchi comunque è in forma, può fare bene ai Giochi. Tuttavia i nostri non hanno mai combattuto all’estero e la trasferta si sviluppa tra mille difficoltà. Guidati dal CT Caversazio, grande maestro dell’Accademia Pugilistica Italiana, e da un dirigente che spende i pochi soldi destinati agli azzurri per suoi bisogni personali, gli azzurri svolgono un viaggio in treno (in terza classe) scomodo e non certo ottimale per un’adeguata preparazione. Oltre tutto la comitiva arriva ad Anversa soltanto alla vigilia delle gare.

Non c’è tempo per acclimatarsi e, forse, neppure per gareggiare dato che gli organizzatori non trovano i pugili italiani tra gli iscritti: la neonata Federazione aveva probabilmente dimenticato di segnalare i loro nomi al CIO! Seguono fasi concitate, c’è il rischio di aver fatto un viaggio a vuoto, ma proprio un azzurro, Garzena, trova la soluzione: interpella i dirigenti della Federazione Svizzera, che ben conosce perchè ha esordito proprio nella Confederazione, i quali si adoperano molto ed intercedono per i nostri che, alla fine, vengono ammessi alle gare. Tutti tranne il milanese Giuseppe Zanati che per soli due etti non rientra nel limite della sua categoria, i “gallo”, e può dunque solo assistere i compagni da bordo ring. Giunchi gareggia invece nei “leggeri” il cui limite di peso corrisponde a 61,2 kg. Il 21 agosto, all’esordio, perde col belga Van Muyzen ai punti e viene subito eliminato anche se il verdetto è alquanto discutibile perchè in molti avevano visto prevalere l’italiano. Ma le giurie, come sempre, strizzano l’occhio agli atleti di casa. L’oro va allo statunitense Mosberg, argento per il danese Johansen e bronzo al canadese Newton. Rientrato in Italia, Giunchi viene colpito dalla “spagnola”, la terribile pandemia dell’epoca, ma ne esce bene al punto che già a gennaio 1921 vince a Milano la “Coppa Grassi”. Giunchi si conferma: il 16 aprile supera ai punti l’altro olimpionico Garzena (bronzo ad Anversa) ed a metà giugno guadagna un altro titolo italiano, battendo a Roma in finale il piemontese Bonino tra l’entusiasmo generale. Giunchi passa professionisti nell’aprile del 1922 ed un anno dopo, il 24 marzo 1923, conquista il titolo italiano dei “piuma”, sconfiggendo Vitale. Sviluppa poi una discreta carriera, gareggiando molto anche all’estero sia pure con alterna fortuna. A metà degli anni Venti si trasferisce negli USA dove diventa lo sparring partner preferito del grande Mickey Walker[2]. Vero girovago, poliglotta e colto, combatte per mezza Europa e perfino nel Nord Africa, chiudendo la carriera in Egitto nell’estate del 1926. Il suo score non è certo immacolato: 53 incontri, 23 vittorie, 18 sconfitte, 7 pareggi. Infine rientra a Roma e rimane nel mondo della boxe, nella sua vecchia e cara “Audace”, anche come massaggiatore. Malato da tempo, si spegne alla soglia dei 70 anni.


[1] Mario Bosisio, nato a Milano il 12.08.1901. Più volte Campione Italiano, sarà anche Campione Europeo dei welter (tra il 1925 ed il 1927) e dei medi (tra il 1928 ed il 1931). Tra i pro ha disputato 129 incontri, vincendone 100 (38 per ko), perdendone 13 e pareggiandone 10

[2] Nato ad Elizabeth il 13.07.1901, soprannominato “the toy bulldog”. Campione del Mondo dei Welter tra 1922 e 1926, anno in cui diventa pure iridato dei Medi. Definito “pugile dell’anno” nel 1927. Il suo score è di 163 incontri, 131 vittorie (61 per k.o.), 25 sconfitte, 5 pareggi e 2 no-contest