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GIORGETTI Francesco

Varese 13.10.1902 / Bovisio Masciago (MB) 18.03.1983

1920. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Inseguimento a Squadre (con Carli, R. Ferrario, Magnani), 6° 50 km in pista, Eliminato Quarti di Finale Velocità

Da bambino si trasferisce a Bovisio, al seguito della famiglia, con il padre che vi trova lavoro come tipografo. Presto attratto dalla bicicletta e dalla metropoli meneghina, Giorgetti già da adolescente frequenta quotidianamente il Velodromo Sempione, fulcro dell’attività ciclistica negli anni di guerra, dove inizia ad apprendere i segreti della pista di cui sarà uno dei massimi interpreti per due decenni. Il ragazzo impara presto e nel 1920, a soli 17 anni, gareggia con i più forti pistard dilettanti italiani. Sorprende tutti nella prima riunione dell’annata al “Sempione” il 28 marzo: nella sua batteria di velocità, in pratica all’esordio ufficiale, Giorgetti supera niente meno che il tricolore in carica Rizzetto il quale, probabilmente, ha sottovalutato l’avversario. Vero che poi Giorgetti nella finale chiude solo terzo, però il suo tempo di 13” netti negli ultimi 200 metri, realizzato in batteria, sembra già una certezza più che una promessa. Nonostante un fisico asciutto, ancora da ragazzino imberbe, Giorgetti ha i numeri giusti, in altre parole possiede la classe dei predestinati. Il 5 aprile difatti, sempre al “Sempione”, torna a dare filo da torcere a Rizzetto, col quale battaglia a lungo, soccombendo di poco anche nella corsa a punti. Stessa storia il 25 aprile ed il 9 maggio: Giorgetti ha qualità, ma è inesperto e Rizzetto (che ha 10 anni più di lui!) è più scaltro e potente. I loro duelli comunque appassionano pubblico e tecnici. Il 16 maggio Giorgetti ha la meglio nello scratch e nella corsa a punti: la sua crescita è esponenziale, ogni gara lo vede sempre più forte. Non a caso il 27 maggio rivince lo scratch e soprattutto l’inseguimento a squadre dove si cimenta per la prima volta, assieme a Ferrario e Fusari. Giorgetti ormai conosce il “Sempione” come le sue tasche e spesso vi riesce a mettere la propria ruota davanti a tutti. Il 4 luglio domina scratch ed eliminazione: molti lo indicano come azzurro sicuro per i Giochi. Quattro giorni dopo, al “Sempione” si sviluppa una prova importante: in una gara di inseguimento a squadre Giorgetti gareggia assieme a Ferrario, Magnani e Citterio. I quattro superano agevolmente un altro quartetto guidato dal tricolore Bestetti e l’emergente Cavallotti (con loro anche i semisconosciuti Pavoni e Pozzi). L’UVI sta pensando di iscrivere ai Giochi una squadra nell’inseguimento e si sviluppano per questo i primi tentativi di amalgama, con il dirigente Bertolino incaricato della supervisione.

Non è perciò una sorpresa l’inserimento di Giorgetti nella lista degli azzurri per i Giochi da parte dell’apposita Commissione Tecnica, guidata dal Presidente dell’UVI Davidson. Per quanto giovane, non dimentichiamo che non ha ancora 18 anni, Giorgetti sembra in grado di ben figurare. Anzi, la sua convocazione raccoglie consensi unanimi, al contrario di altre scelte. Tanto per dimostrare la ragione della Commissione, il 21 luglio Giorgetti al “Sempione” si aggiudica la corsa a punti, davanti a molti selezionati. Gli azzurri si ritrovano per un ritiro collegiale a Torino, sotto la guida del CT Pavesi che valuta le carte a sua disposizione in alcune prove al neonato Motovelodromo. A detta di tutti, Giorgetti è il più forte e non può mancare nel quartetto dell’inseguimento a squadre: difatti il posto è suo. Il viaggio per Anversa avviene in treno, via Modane e Parigi. Tutto sembra procedere bene. Le prove ciclistiche olimpiche si svolgono al Garden City Velodroom di Wilrijk, sobborgo a sud di Anversa, su una pista in cemento di 400 m ed iniziano già prima della cerimonia di apertura, prevista il 15 agosto. La gara di velocità è la prima a svolgersi del programma e comincia il 9 agosto. Partecipano 37 ciclisti di 11 nazioni. Nella sua batteria Giorgetti è secondo, alle spalle del belga Verhoeven e davanti al sudafricano Smith, ma passa il turno e tra l’altro è l’unico italiano a riuscirci. Giunge secondo anche nel quarto di finale, battuto dal britannico Ryan e davanti al belga Binard: ma poichè accede al turno successivo solo il vincitore, Giorgetti è eliminato. L’oro va all’olandese Peeters (nato però proprio ad Anversa) che precede i britannici Johnson e Ryan. Benchè sia il più giovane dei nostri rappresentanti, Giorgetti è anche probabilmente il più interessante dal punto di vista tecnico: non a caso è l’unico che disputa le tre prove previste. Difatti lo stesso 9 agosto è schierato nel quartetto dell’inseguimento a squadre, sui 4 km: con lui dovrebbero correre Carli, Ferrario e Magnani. Otto le nazioni al via. Ma Magnani si sente male, ha un’indisposizione nella notte di vigilia: a norma di regolamento, non può essere sostituito perchè manca il dovuto preavviso. Così gli azzurri sono costretti a scendere in pista in tre contro quattro. Nel quarto di finale l’avversaria è la Francia. Nonostante l’inferiorità numerica, i nostri vincono agevolmente la prova, quasi raggiungendo gli avversari. Un trionfo che fa ben sperare. Il giorno seguente i nostri affrontano la semifinale col Sud Africa: sono in netto vantaggio quando un giudice si sbaglia e dà il colpo di pistola che segnala la fine della gara con un giro d’anticipo.

Poco male: l’Italia è comunque dichiarata vincitrice, dato il margine accumulato. In finale gli azzurri affrontano la Gran Bretagna ed è il caos. Dopo circa 1500m, con la situazione ancora incerta, il britannico White perde contatto dai suoi e rallenta vistosamente: il quartetto italiano gli arriva in scia ma, forse per un’incomprensione o forse volutamente, il britannico non si sposta ed in pratica ostruisce l’avanzata dei nostri che cercano di rimediare, prima urlando, poi alzando le braccia. Alla fine il britannico si sposta, ma gli italiani ovviamente hanno perso il ritmo, disunendosi. Mentre il francese Habent inforca la sua bici e si dirige rapidamente verso White, colpendolo con un pugno per il suo comportamento scorretto ed antisportivo, i tre britannici superstiti, favoriti dal forzato rallentamento degli avversari, filano via e tagliano per primi il traguardo, in 5’13”8 mentre i nostri, con un grande recupero che denota la loro superiorità, chiudono comunque vicini, in 5’14”2. Inevitabile la protesta ed il reclamo ufficiale. Tre sono i giudici: un britannico, un italiano ed un francese. Mentre i connazionali si schierano, ovviamente, a favore dei rispettivi quartetti, alla fine decide il francese il quale, giustamente, assegna l’oro all’Italia che inizia qui una grande tradizione in questa difficile e complessa specialità. Il bronzo va al sorprendente Sud Africa. Pochi minuti dopo Giorgetti chiude le sue fatiche olimpiche nella 50 km, disputata da 31 corridori di 10 paesi. Si parte tutti insieme, come in una gara su strada: non vi sono traguardi intermedi e vince dunque chi arriva primo al traguardo. La corsa è veloce, con molti scatti ma nessuno si avvantaggia. La metà dei concorrenti si ritira prima della fine. Al comando rimangono in una dozzina ed è volata. Il britannico Harvey si lancia ai 200 m ed entra per primo sul rettilineo finale dove è affiancato dal belga George. I due si toccano, Harvey si sbilancia e cade mentre il belga è primo sul traguardo. Dietro di lui è il caos: gli altri cercano di evitare il britannico a terra, allargano verso l’esterno, sbandano. L’altro britannico Alden colpisce la bici del connazionale a terra, cade pure lui, ma è il secondo a tagliare il traguardo. Terzo l’olandese Ikelaar che precede di mezza ruota il nostro Ferrario.

Giorgetti è sesto, preceduto anche dal canadese MacDonald. Più indietro Magnani, l’altro italiano rimasto in corsa dopo il ritiro di Gilardi. Peccato per i nostri, rimasti tagliati fuori dalla caduta, ma comunque troppo pavidi nell’impostare lo sprint. Giorgetti però imparerà presto la lezione e diventerà proprio un maestro delle volate in pista. Terzo nel tricolore di velocità il 5 settembre a Bologna, all’inizio del 1921 passa professionista con la prestigiosa “Legnano”. Tenta prima l’avventura su strada, ottenendo qualche discreta vittoria come il “Giro del Lago Lemano” in Svizzera e la “Coppa d’Inverno” che tradizionalmente chiude la stagione ciclistica. Mostrando troppe in difficoltà in salita per essere competitivo nelle prove più importanti, negli anni seguenti Giorgetti vira decisamente sulla pista e ne ha ben donde. Intorno al 1925 si trasferisce in America e diventa un re delle “sei giorni”, un idolo del celebre Madison Square Garden di New York dove spesso è accolto dalla canzone “Georgette” composta appositamente per lui. Gareggia e vince in tutti gli USA: alla fine sono 14 le “sei giorni” conquistate, in coppia coi più forti specialisti del momento anche se certe “pastette” in più di un’occasione gli tolgono successi meritati. Per anni fa la spola tra Stati Uniti ed Italia dove guadagna due titoli nazionali di mezzofondo (1933 e 1941), specialità in cui è pure argento iridato (nello stesso 1933). Ricco e famoso, nel 1938 viene nominato Cavaliere della Corona d’Italia per aver saputo mantenere alto l’onore del nostro paese all’estero e viene esaltato pure da Mussolini in persona. Giorgetti chiude l’attività solo nel 1948, rimanendo tra i più grandi interpreti della pista di tutti i tempi, e non solo a livello nazionale. Nel 1998, a 15 anni dalla scomparsa, Bovisio lo ha omaggiato dedicandogli un monumento ed una piazza nella zona degli impianti sportivi. 


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