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GHILARDI Alberto

Roma 25.08.1909 / Roma 30.06.1971

1932. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Inseguimento a Squadre (con Cimatti-Borsari-Pedretti)

ghilardi grandeVerace “romano de’ Roma”, nato sulla Via Tiburtina nel quartiere di S. Lorenzo. Ottiene i primi risultati importanti intorno ai vent’anni di età. Si fa le ossa al Motovelodromo Appio[1], denotando buona attitudine alla pista ed alle prove veloci: nel 1930 vi coglie alcuni successi in velocità ed eliminazione. Se a livello locale è spesso tra i migliori, le cose cambiano quando si confronta ai massimi livelli. Nel 1931 partecipa a varie prove dei tricolori di velocità, disputati quell’anno in un certo numero di gare che attribuiscono punti in base ai piazzamenti ottenuti, per una relativa classifica generale. Il 6 aprile, a Como, Ghilardi è al via della prima di queste prove, ma viene eliminato subito. Si comporta meglio nella seguente eliminazione dove viene superato solo da Altissimo. Ormai è entrato nel circuito dei tricolori, ma non riesce a giungere alle semifinali nemmeno a Crema il 12 aprile quando però vince l’individuale. Non cambia il discorso sette giorni dopo a Padova dove viene eliminato nei recuperi e chiude secondo l’individuale, battuto da Cimatti che sta diventando il suo rivale numero uno. Il 21 aprile a Carpi altra prova tricolore: stavolta esce in semifinale. Si piazza secondo nell’individuale alle spalle di Borsari. Il 10 maggio, a Verona, Ghilardi è nuovamente eliminato nei recuperi, ma vince l’individuale, in cui si sta specializzando, mentre quattro giorni dopo a Firenze giunge fino alle semifinali, per poi dominare l’americana a coppie assieme a Marcolini. Il 17 maggio a Roma nel Velodromo Appio, che lo ha visto crescere, coglie due secondi posti: nella prova tricolore di velocità, alle spalle dell’incontenibile Pellizzari, e nell’americana a coppie, ancora assieme a Marcolini, dove vincono Pellizzari-Cimatti. All’Appio è di casa e, tra l’entusiasmo generale, coglie un bel successo il 6 settembre quando nell’inseguimento supera l’iridato danese Hansen, aggiudicandosi pure l’individuale. Veloce e resistente, pare adatto alle brevi corse contro il tempo ed i tecnici federali segnano il suo nome sui loro taccuini in vista dei Giochi.

All’inizio del 1932 Ghilardi non decolla e si cimenta pure su strada: il 17 aprile chiude al secondo posto la “Targa Lori” a Roma, battuto da Girolami. Torna alla pista e cerca un posto ai Giochi anche se non pare semplice. Il 12 giugno a Crema, in una sorta di prima selezione, chiude solo settimo nel km da fermo, ma finisce terzo nell’inseguimento, risultato che lo riporta all’attenzione dei tecnici, su tutti Plinio Lattuada (delegato per il settore pista) ed il potente segretario UVI Vittorio Spositi. Partecipa così al ritiro collegiale di Verona, assieme ad altri “azzurrabili”. La decisiva preolimpica si svolge il 26 giugno a Pordenone. Ghilardi viene inserito in formazione assieme a Borsari, Cimatti e Pedretti: la squadra che, dopo i vari test veronesi, appare la più omogenea ed equilibrata. Si trovano di fronte cinque avversari (Lusiani, Bambagiotti, Consonni, Sacchi e Costa). Si decide tutto in questi 4km ad inseguimento. Vincono i 4, con circa 100m di margine: la compagine olimpica è fatta. Si pensa quindi al viaggio per l’America. Il 1 luglio tutti gli azzurri sono trasferiti su un treno speciale che li porta a Forlì dove vengono ufficialmente e pomposamente ricevuti dal Duce che li “carica”, augurando loro le migliori fortune nell’agone olimpico. Quindi un altro treno li riporta a Napoli dove nel pomeriggio del 2 luglio sono imbarcati sul transatlantico “Conte Biancamano”. Qui si allenano come possono, sul ponte della nave, cercando di tenersi in forma e mantenere attiva la muscolatura, soprattutto con piccole corse ed esercizi a corpo libero. I ciclisti sono i più fortunati perchè hanno a disposizione il cosiddetto home-trainer ovvero i rulli che, in cabina o all’aperto, permettono comunque di tenere le gambe in movimento.

L’11 luglio arrivano a New York dove rimangono due giorni tra festeggiamenti vari, accolti calorosamente dalla folta ed entusiasta comunità italo-americana. Il 13 ripartono in treno ed attraversano tutto il continente: Washington, St. Louis, Salt Lake City le tappe che finalmente portano il 17 luglio a Los Angeles. Qui iniziano gli allenamenti di rifinitura e nel clan azzurro monta la fiducia: l’amalgama del quartetto è perfetta, i cambi sincronizzati, si può andare lontano. Le gare olimpiche di ciclismo si disputano al “Rose Bowl” di Pasadena. Ghilardi partecipa all’inseguimento a squadre cui prendono parte solo 5 nazioni e la medaglia per gli azzurri è già nell’aria prima di iniziare. Con lui gareggiano Pedretti, Cimatti e Borsari. Il 2 agosto i nostri mostrano già di che pasta sono fatti: nelle qualificazioni ottengono difatti il miglior tempo, 4’52”9, che vale anche il nuovo record olimpico. Poche ore dopo in semifinale domano facilmente il Canada, quasi una passeggiata, con 10” di margine. Il 3 agosto è finale, contro la ben più solida Francia. Ma anche qui c’è poca partita: gli azzurri ottengono 4’53”0, chiudendo con due secondi abbondanti di margine. Un altro grande trionfo in questa particolarissima specialità: per l’Italia è il quarto oro consecutivo e sempre, ovviamente, con uomini diversi. Un trionfo assoluto. È difficile smaltire la sbornia olimpica, soprattutto con un oro al collo. Tra viaggio di ritorno, feste, ricevimenti e premiazioni varie (Duce e principe Umberto compresi), passano due mesi: di allenamenti neanche a parlarne, figurarsi delle gare. Così Ghilardi tira i remi in barca e torna in pista solo nel 1933, ancora tra i dilettanti, ma senza ritrovare l’eccellenza. Nel 1934 passa professionista, ottenendo qualche vittoria in corse di secondo piano[2]. Nel 1936 è tra i partecipanti al “Giro d’Italia”, ma non lo porta a termine. Poi sparisce di scena per una carriera in sostanza illuminata solo dalla gemma olimpica.


[1] Costruito nel 1910 in una zona allora semideserta, nel quartiere Tuscolano, appositamente per i Mondiali di ciclismo dell’anno seguente. Per lungo tempo ha rappresentato il fulcro ciclistico romano, ospitando anche tricolori ed arrivi di corse in linea. Il campo da calcio è stato utilizzato da diverse squadre capitoline, su tutte l’Audace ma anche l’AS Roma. Ristrutturato nel 1926, è rimasto attivo sino agli anni ’50. Demolito nel 1959 e sostituito dal Velodromo Olimpico

[2] Nel 1934 vince il GP dei Cesari, a pari merito con Cipriani, e la Roma-Genzano a cronometro