GARDINI Renato
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Bologna 10.03.1889 / Santos (Brasile) 29.09.1940
1912. Lotta greco-romana. Eliminato Quarto Turno pesi mediomassimi
Tesserato per la “Sempre Avanti!” di Bologna, è un atleta a 360°. Pratica difatti, sin da giovane, diversi sport: podismo, calcio, lotta, pugilato, salti e lanci. Inizia comunque a distinguersi nella lotta che ha imparato ad amare da bambino, vedendo i campioni felsinei esibirsi sull’apposito palco montato al parco della Montagnola sin dalla fine dell’800, con grande entusiasmo e concorso di pubblico. Su quel palco poi ci sale lui e si vede subito che non è solo una “speranza”. Nel 1907 a Genova, nei tricolori, è tra i migliori e l’anno seguente è battuto solo da Porro (futuro oro olimpico) nel campionato italiano dei pesi “minimi”, la categoria più bassa di peso, che valgono anche come selezione per i Giochi di Londra. Cresciuto di peso e rinforzatosi muscolarmente, Gardini inizia il 1909 con un bel trionfo nel casalingo torneo di Bologna dove esordisce nei pesi “medi”, dando spettacolo: supera Testoni in appena 16”. Alla fine del torneo viene organizzato un match tra Gardini e Porro, vincitore nei pesi “minimi”, per stabilire chi sia il più forte lottatore italiano: dopo 1h35’ di sfida emozionante, con alterne vicende, l’incontro termina in parità, tra l’entusiasmo generale. Gardini è ormai tra i migliori lottatori a livello nazionale. A settembre ritrova Porro, in un torneo a Brescia, e stavolta lo batte, favorito dai 10 kg (e più) di peso a suo favore. Chiude l’ottima annata con un altro successo nella sua Bologna dove ormai è un idolo. Poi va militare a Verona. Ottenuta una licenza, ancorché a corto di preparazione, nel maggio 1910 gareggia nel “Campionato Alta Italia” di Acqui: vince nei “medi” ed affronta Piazza, più pesante di lui, nell’incontro per il titolo assoluto. Dopo venti minuti incertissimi, il titolo viene attribuito per sorteggio e se lo aggiudica Gardini. Rientrato in caserma, ne esce alla fine di novembre per gareggiare nell’importante torneo organizzato a Bologna dalla “Virtus”. Si tratta di un altro trionfo: imbattuto, non solo domina tra i “medi”, vincendo diversi incontri nel giro di pochi minuti, ma si assicura anche la vittoria assoluta del torneo, ovvero la “Coppa Forza e Costanza”, battendo anche i vincitori delle altre categorie. Gardini si rivede a maggio del 1911, nel concorso ginnico federale di Torino dove, favorito dalle sue doti di lottatore, trionfa nel Pentathlon Reale. In realtà il suo trionfo scatena diverse polemiche su un regolamento che privilegia troppo la lotta, ultima prova del programma, rispetto alle altre discipline: talora gli avversari, certi di una sconfitta forse pure dolorosa, si rifiutano di gareggiare contro di lui.
Ancora militare, riesce ad avere saltuarie licenze per gareggiare: in agosto vince il torneo di lotta a Pistoia, organizzato in concomitanza col congresso ginnico federale, facendo sua anche la classifica finale di tutte le categorie. In quel concorso trova pure il tempo di gareggiare nel giavellotto dove chiude terzo. Ha pochi rivali, tanto più a livello locale: a fine annata fa incetta di successi (disco, giavellotto, gara atletica) nei campionati sociali della sua “Virtus”. Costretto a disertare i tricolori di lotta per una malattia, si dispera e piange come un bambino, suscitando unanime simpatia ai giornalisti che inutilmente cercano di rincuorarlo. Nell’annata olimpica si impongono delle scelte: Gardini è valido in diverse discipline, anche se la lotta rimane il suo campo migliore. Ma, per il momento, non intende rinunciare a niente. Alle selezioni “ginniche” di Roma per i Giochi, disputate l’8 e 9 giugno, vince il Pentathlon Reale. Ma è la lotta il campo che lo attrae maggiormente e difatti si presenta anche alle selezioni olimpiche di questo sport che si tengono a Roma il 22 e 23 giugno: non ha difficoltà ad imporsi, superando di slancio Arpé e Bianchi, guadagnandosi meritatamente il pass per Stoccolma. Teoricamente, potrebbe gareggiare in due sport diversi, lotta e pentathlon, ma non lo fa, prediligendo la disciplina di combattimento. Le prove di lotta dei Giochi di Stoccolma si svolgono all’interno dell’Olympiastadion, in apposite piazzole. Il torneo ha una regola alquanto particolare, la cosiddetta “doppia eliminazione”: chi perde due incontri viene escluso ed i rimanenti (massimo tre) disputano il turno conclusivo. Alla gara dei pesi massimi leggeri, di peso limite pari a 82,5 kg, prendono parte 29 lottatori di 12 nazioni. Nel primo turno, l’8 luglio, Gardini supera agevolmente l’austriaco Trestler, atterrandolo in appena due minuti. Poi, lo stesso giorno, prevale sul finlandese Lind, in 4’30”. Il 9 luglio invece perde con lo svedese Nilsson che lo atterra dopo un match incerto ed equilibrato, al 17° minuto di gara. L’incontro si chiude in modo anomalo: Gardini atterra l’avversario ed un giudice lo dichiara vincitore. Ma gli altri due giurati, svedesi, non sono d’accordo e gli impongono di continuare. Nilsson approfitta dello scoramento di Gardini, rilassatosi un attimo, per sorprenderlo con una mossa al limite del regolamento che gli vale la vittoria. A niente valgono le proteste azzurre, gli svedesi ridono sotto i baffi. Tra l’altro i favoritismi dei giudici svedesi verso i connazionali, e generalmente verso i nordici, continuano per tutto il torneo in tutte le categorie di peso. Gardini perde concentrazione, ha un compito difficile e la sua corsa termina con un altro svedese, Ahlgren, che il 10 luglio lo atterra in 4’30”. Ahlgren poi sarà argento, al termine di una finale che lascerà altri strascichi polemici[1], gettando forti ombre sull’intero torneo olimpico.
Le polemiche sono talmente forti che al rientro dei nostri in Italia, il 28 luglio, viene organizzata una serata benefica al Teatro Garisenda di Bologna dove Gardini ed Arpé, tra i più penalizzati a Stoccolma, si esibiscono in assalti accademici, mostrando i colpi “proibiti” che la giuria prezzolata ha ammesso per i loro avversari nordici. Applausi a scena aperta e grande rammarico. In autunno Gardini tenta l’avventura in Libia, appena conquistata dalle nostre truppe, ed apre un ristorante a Tripoli dove però rimane giusto il tempo di svernare. Rientra infatti in Italia a metà marzo, tornando subito ad allenarsi. Ritrova presto la forma vincente: il 22 maggio rivince il Pentathlon Reale al concorso ginnico federale di Milano, grazie alle sue grandi doti di lottatore che gli permettono di recuperare il terreno perduto nelle prove atletiche. A luglio domina poi il torneo di lotta a Roma, svoltosi nello Stadium (o “Stadio Nazionale”), aggiudicandosi il successo assoluto. Si rivede il 21 settembre ai tricolori di lanci della FISA a Milano, sul campo dell’US Milanese, dove è secondo nel giavellotto dietro Pasutti[2]. Gardini ha una forza smisurata, muscoli di acciaio e mani di ferro: prova ne sia il realizzare un record del tutto particolare. In quel periodo difatti suscita interesse uno “sport” alquanto stravagante: la rottura di mazzi di carte con le mani. Una sera dei primi di ottobre del 1913 Gardini, di fronte ad una platea attenta e partecipe, lacera ben 140 carte “francesi”, tutte insieme, con la sola forza delle mani, battendo il primato precedente che apparteneva al francese Anthoine con 135. Stranezze da belle epoque. Gardini è inevitabilmente il favorito del Campionato Italiano di lotta che si svolge a novembre a Genova, nella palestra della “Colombo”. Ha però un atteggiamento ambiguo, machiavellico, di pura strategia: nel torneo dei “massimi” si impegna relativamente, vince facilmente qualche incontro con avversari mediocri ma nel match più difficile, col bolognese Testoni, lascia l’iniziativa all’avversario, risparmia energie e perde ai punti, “regalando” così il titolo al concittadino (con inevitabili polemiche). Tutto calcolato: nel girone che vale il titolo assoluto, in cui gareggiano i migliori atleti di tutte le categorie, Gardini domina tutti gli incontri, anche quello con Testoni, e vola indisturbato ad essere nominato il più grande lottatore italiano del momento.
Ormai è famoso, ma non certo ricco. Oltre tutto innesca una polemica perchè non gli sono arrivati i premi vinti e promessi, perfino nei tricolori. Alla fine decide di dare una svolta a carriera e vita: nel febbraio 1914 si lancia nel professionismo, affrontando lotta libera, quella che in America chiamano wrestling o catch-as-you-can (e più brevemente catch), ma anche pugilato. In quest’ultimo sport si guadagna subito il nomignolo di stuzzica perchè ama provocare gli avversari durante il combattimento. Si dimostra comunque all’altezza: il 7 giugno 1914 all’esordio batte il quotato francese Bastide, sul campo dello Sterlino nella sua Bologna, per abbandono all’ottavo round. Ma è comunque la lotta il suo preferito terreno di battaglia: diventa difatti un primattore nelle varie prove per professionisti, venendo segnalato come l’erede del grande Pampuri, soprattutto dopo aver vinto il torneo di Milano senza perdere un incontro. Si tratta però di un tipo di lotta ben diverso dalla greco-romana, “libera” a tutti gli effetti, ma nella quale Gardini ha pochi rivali. Lo scoppio della guerra però blocca l’attività e Gardini viene inquadrato nel 12° Bersaglieri, reparto che si segnala spesso per attrarre su di sè sportivi, famosi e non. Lo sport, per il momento, passa in secondo piano. Alla fine della guerra però Gardini ci riprova: emigra subito in America e ha successo nel catch dove diventa Campione del Mondo nel 1920 a Boston (dove poi si sposa) e nel 1924 a Filadelfia. Negli anni Trenta rientra in Italia, stabilendosi a Milano, insegnando i fondamenti della lotta, ma continuando anche saltuariamente a combattere: il 1 marzo 1936 a Bologna vince un importante torneo tra professionisti, superando in finale il magiaro Nagy. Continua a combattere in giro per il mondo per qualche anno finchè la morte lo coglie improvvisamente a 51 anni d’età.
[1] La finale di questo torneo, tra il finlandese Bohling e lo stesso Ahlgren, è molto particolare: i due combattono per nove ore di fila, nell’incertezza più totale e senza slanci particolari. I giudici alla fine decidono di assegnare ad entrambi la sconfitta “per passività” e l’argento a pari merito. La medaglia d’oro dunque non viene attribuita, caso piuttosto raro in tutta la storia dei Giochi
[2] Oreste Passuti, bolognese, classe 1886. Sempre tesserato per la “Sempre Avanti!”, questo del 1913 è il suo unico titolo italiano. Ottimo lanciatore, troverà sempre avversari più forti sulla sua strada (Tugnoli, Lenzi) che lo relegheranno più volte ai posti d’onore anche ai tricolori. Ottimo “stileliberista” nel giavellotto, fu anche un buon pesista fino ai primi anni 20: nel 1923, a 37 anni, sarà ancora in grado di giungere 3° ai tricolori di getto del peso. Talora, erroneamente, anche sui giornali dell’epoca, il cognome è riportato come Pasciuti