GAIONI Giacomo
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Roverbella (MN) 26.04.1905 / Mantova 14.11.1988
1928. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Inseguimento a Squadre (con Facciani, Lusiani e Tasselli)
I suoi primordi sono ignoti, ma sino ai vent’anni non combina praticamente niente anche se può essere considerato allievo del grande pistard Verri[1] che ne segue le fasi iniziali. Gaioni poi preferisce gareggiare su strada. I suoi primi risultati significativi datano 1927: l’8 maggio si piazza secondo nel “Circuito del Mincio”, alle spalle di Donnini, poi (con troppo entusiasmo) azzarda la partecipazione al “Giro d’Italia” dove si ritira dopo poche tappe. Si cimenta comunque anche su pista. Il 29 maggio ad Este chiude terzo la gara di velocità, superato da Saoncella e Tasselli. Esattamente un mese dopo, il 29 giugno, vince l’americana a Cremona, con Donini. Alterna pista e strada, ma non raccoglie trionfi eclatanti. Si rivede su buoni livelli a fine stagione: il 1 novembre a Verona vince il “GP 40a Legione” anche se primo sul traguardo è Altissimo, poi squalificato per aver ricevute spinte irregolari. Cinque giorni dopo, Gaioni termina al settimo posto la “Coppa Boschetti” a Brescia, vince Rovida. Nel weekend successivo chiude al terzo posto il “Giro dei due comuni” a Ferrara, superato da Tasselli e Fiorini. Non pare un fulmine di guerra, sono tanti i dilettanti che possono vantare risultati similari. Inizia comunque bene il 1928: il 22 aprile vince la “Milano-Crema”. Il 17 maggio al velodromo di Bologna si impone nella velocità. Denota grande forza, un buon colpo di pedale, sprint e resistenza: di fisico prorompente, ha le caratteristiche del “passistone”, ma ancora non le ha sfruttate pienamente. Il 17 giugno è battuto da Meschini nella “Coppa Brom” a Mantova. Quando si comincia a parlare seriamente di Giochi e ad eseguire le preolimpiche al “Sempione”, Gaioni ci prova. Non è conosciuto, non ha grande esperienza su pista, ma è possente, veloce e resistente. Accolto con scetticismo dai tecnici, viene comunque testato: il 21 luglio, nell’ultima e decisiva preolimpica al “Sempione”, letteralmente “esplode” e ha anche fortuna. La caduta in allenamento di Piano, con conseguenze non rimediabili velocemente, scombussola i piani dei tecnici nella selezione degli inseguitori. Urge trovare rimedi e soprattutto passisti possenti. Vengono formati due quartetti di inseguimento e Gaioni vince praticamente da solo la prova, trascinando la sua squadra, con un finale fenomenale.
Come un fulmine a ciel sereno, Alfredo Corti, il marpione che cura la preparazione dei pistard e che ne ha viste di tutti i colori, capisce che è il momento di osare. Non può essere un abbaglio, questo sorprendente Gaioni pare perfetto come inseguitore: così viene immediatamente cooptato nella lista azzurra, guadagnando una maglia da titolare ai Giochi. Tutto in una giornata, da favola o quasi. Passano dieci giorni frenetici tra le ultime verifiche finchè si compone definitivamente il quartetto: con Gaioni troviamo Facciani, Lusiani (un altro che viene inserito all’ultimo momento) e Tasselli. C’è fiducia, anche perchè in questa specialità veniamo da due ori consecutivi e si sa che, come dice il proverbio, non c’è due senza tre. Le gare olimpiche di ciclismo su pista si disputano nell’Olympisch Stadion, appositamente attrezzato con un anello in cemento. Al via dell’inseguimento a squadre si presentano 12 nazioni. I nostri quattro azzurri esordiscono il 5 agosto contro la Lettonia, facilmente raggiunta dopo 3300 m di gara sui 4mila previsti. Gaioni è la “locomotiva” dei nostri, confermandosi vera forza della natura. La sera dello stesso giorno gli azzurri affrontano i quarti di finale e superano anche la Germania, con 110 m di vantaggio, con un tempo non eccezionale ma comunque buono (5’06”2). S’è perfezionato il sistema dei cambi, gli azzurri migliorano di giorno in giorno. Il 6 agosto tocca alla semifinale contro i temibili britannici che schierano i tre fratelli Wyld ed autori il giorno prima del nuovo record olimpico (5’01”6). È la sfida cruciale ed i nostri, ancora trascinati da un grandissimo Gaioni, partono all’attacco, guadagnando una dozzina di metri. I britannici tentano il recupero, a due giri dalla fine fora Tasselli, ma i tre superstiti non mollano e si aggiudicano la prova, sia pure con un tempo superiore di un secondo al record olimpico: poco importa, i britannici sono battuti per 30 metri. Poche ore dopo, la finale contro i padroni di casa olandesi, sorretti ovviamente da un gran tifo. Sfida incerta, dove ognuno fa pienamente la propria parte, con Tasselli che si rialza all’ultimo km dopo aver dato tutto. Alla fine i nostri prevalgono per una ventina di metri: è medaglia d’oro! La terza consecutiva per l’Italia in una disciplina nella quale ormai siamo maestri riconosciuti. Il bronzo va ai britannici, i grandi sconfitti del torneo.
Gaioni è salutato come il grande artefice del successo, il migliore e più continuo dei nostri. Dopo i festeggiamenti al ritorno in patria, Gaioni torna alla strada: il 7 ottobre chiude al terzo posto la “Coppa Serenia” a Seregno, sopravanzato da Rovida e Moretti. Il 14 ottobre è battuto da Tasselli nel circuito di Roncoferraro. E’ in forma: 14 giorni dopo difatti si aggiudica la “Coppa Cattaneo” a Crema, superando allo sprint il compagno di fuga Guerra[2]. Il 19 novembre chiude al terzo posto la “Coppa Pastore” a S. Martino di Cusnago, sopravanzato da Tasselli e Serra. Poi si dedica ai tentativi di primato, sfruttando le sue caratteristiche di possente passista. Dopo alcune prove infruttuose, l’11 dicembre, al Velodromo “Sempione”, realizza il nuovo record italiano dell’ora della categoria dilettanti, percorrendo 40,318 km. Un altro grande risultato che corona alla grande la sua strepitosa annata, lanciandolo al professionismo dove però, date le premesse, deluderà le attese. Rimane difatti un ottimo cronoman che però su strada non riesce ad emergere. Anzi, è proprio sulla pista che trova i suoi risultati migliori: il 6 ottobre 1929, ancora al “Sempione”, ottiene il primato italiano dell’ora (42,861 km), strappandolo niente meno che a Binda, ed il record mondiale dei 50 km (1h10’17”). Risultati importanti che non vengono ripetuti. Nel 1930 difatti tenta di dedicarsi con maggior costanza alle prove su strada, più redditizie economicamente, ma probabilmente sbaglia perchè non va oltre un 20° posto alla “Milano-Sanremo”. Al “Giro d’Italia” si ritira e solamente il 5° posto nel “Criterium d’Apertura” figura tra i suoi piazzamenti nei primi dieci. Negli anni seguenti non compare mai tra i primi degli ordini d’arrivo ed anche se continua a gareggiare, soprattutto su pista, per tutti gli anni ’30, non emerge più. Grandissimo passista, fin troppo specializzato nelle prove contro il tempo, non ha saputo trovare il giusto ritmo su strada. Per questo oggi la sua carriera rimane oscura a tutti, venendo considerato una sorta di meteora.
[1] Francesco Verri, nato a Mantova l’11.06.1885. Eccellente pistard. La sua grande annata è il 1906 quando tra i dilettanti vince tre ori ai “Giochi Intermedi” di Atene (velocità, giro di pista e 5km) oltre al titolo iridato di velocità. Da professionista si aggiudica otto tricolori di velocità e 3 “sei giorni” in America
[2] Si tratta proprio di Learco Guerra, nato a S. Nicolò Po (MN) il 14.10.1902. Giunto tardi al professionismo, dopo aver lavorato anni come muratore, otterrà 88 vittorie tra cui Mondiale 1931, “Sanremo” 1933, “Lombardia” 1934, “Giro d’Italia” 1934 e 5 tricolori su strada