Seleziona la tua lingua

Image
images/atleti/olympiabolario/frossi_piccola.jpg

FROSSI Annibale

Muzzana del Turgnano (UD) 06.07.1911 / Milano 26.02.1999

1936. Calcio. MEDAGLIA D’ORO

frossi grandeA 18 anni è in prima squadra dell’Udinese, conquistando la promozione in Serie B dove gioca nella stagione 1930-31. Si segnala come attaccante veloce, rapido, sveglio, opportunista e con un gran fiuto del gol. Ha però un handicap: fortemente miope, gioca con gli occhiali (evento inusuale) che tiene fissamente legati alla testa con un cordino intorno al capo. Nel 1931-32 passa al Padova, ancora in Serie B, ma ottiene la promozione. Nel 1932-33 dunque esordisce in Serie A coi patavini: gioca 17 partite e segna un gol, giungendo 14°. L’anno seguente espleta il servizio militare a Bari e trova un ingaggio con la squadra locale, in Serie B dove comunque continua a segnare (12 gol in 30 partite). Nel 1934-35 torna al Padova che, nonostante i suoi 14 gol, retrocede in Serie C. Frossi non sembra emergere tanto più che viene richiamato in servizio militare per la Guerra d’Etiopia: caporal maggiore, si trova a Napoli sul piroscafo “Saturnia” che deve trasportare truppe in Africa, quando incontra il gerarca Serena il quale, apprese le sue qualità di calciatore, lo scrittura immediatamente per la squadra della sua città, L’Aquila. Così, invece che in Etiopia, nel 1935-36 Frossi finisce in Abruzzo, di nuovo in serie B, dove segna 9 reti in 34 presenze. Qui lo scova il CT Pozzo che sta cercando di allestire la squadra olimpica non senza difficoltà. Il regolamento difatti esclude i professionisti e soprattutto coloro che abbiano già giocato in Nazionale; oltre tutto bisogna essere iscritti all’Università. Frossi lo è, sta studiando Giurisprudenza e dunque Pozzo lo inserisce tra i 22 per Berlino, fornendogli inoltre un paio di lenti infrangibili per i suoi occhiali. Neanche Pozzo, probabilmente, immagina quanto questa mossa si rivelerà vincente. Nel ritiro collegiale preolimpico di Merano si affinano amalgama e schemi, poi tutti in Germania: si parte il 27 luglio da Verona, in treno. Il torneo olimpico di calcio si gioca interamente a Berlino, nei vari stadi della città.

Al via 16 nazioni, con eliminazione diretta. L’Italia esordisce alle 17.30 del 3 agosto contro gli Stati Uniti, al “Poststadion”, situato nel sobborgo di Moabit, nella parte nord-occidentale della capitale tedesca. Arbitro il tedesco Weingartner, spettatori 9mila. La partita sembra scontata, ma gli azzurri la affrontano con poca determinazione e gli americani non sono poi così sprovveduti come si pensava. Così il primo tempo termina 0-0. La sfuriata di Pozzo negli spogliatoi sembra avere effetto ed i nostri tornano in campo grintosi e dinamici, ma al 53°, a seguito di un brutto fallo proprio di Piccini si genera un parapiglia generale. L’arbitro, un po’ a caso, espelle Rava che in questo modo stabilisce un record poco esemplare: è difatti il primo azzurro mai espulso in una gara internazionale. Sembra un brutto colpo per gli azzurri, ma passano appena due minuti e segna Frossi. Gli americani tentano inutilmente di realizzare il pareggio, i nostri controllano ed alla fine, soffrendo un po’ troppo, vinciamo 1-0. Mai visto Pozzo infuriato coi suoi giocatori come nei giorni che seguono quel primo match. La strigliata però funziona. Il 7 agosto, al “Mommenstadion” di Grunewald (periferia occidentale di Berlino), affrontiamo il Giappone che a sorpresa ha eliminato i quotati svedesi (3-2). Di fronte ad 8mila spettatori e con arbitro proprio uno svedese, Olsson, stavolta non la prendiamo sottogamba e strapazziamo i nipponici 8-0. Biagi ne segna addirittura quattro (32°, 57°, 81° e 82°)[1], Frossi tre (14°, 75° e 80°) mentre chiude il conto Cappelli (89°) che poi si infortuna malamente causa l’inutile e proditorio fallo di un avversario. Entriamo dunque nei quarti a vele spiegate. Il 10 agosto tocca alla Norvegia ed il gioco si fa duro: gli scandinavi difatti hanno portato in pratica la loro Nazionale maggiore. Si gioca all’Olympiastadion di fronte a ben 95mila spettatori, arbitra l’ungherese Hertzka. Cominciamo bene ed al 15° Negro ci porta in vantaggio. Il primo tempo si chiude 1-0, ma i norvegesi sono tosti e pareggiano con Brustad al 58°. Il risultato non cambia, si va ai supplementari ed al 96° decide tutto ancora Frossi che si sta rivelando il nostro goleador. La difesa regge l’assalto finale scandinavo e ci guadagnamo il passaggio del turno. Siamo già andati al di là di ogni aspettativa, ma Pozzo tiene sulla corda i nostri, cerca di gasarli psicologicamente, di non farli mollare. A sdrammatizzare l’attesa ci pensa niente meno che Jesse Owens, l’eroe afroamericano di quei Giochi con 4 medaglie d’oro (100, 200, 4x100 e lungo), il quale al Villaggio Olimpico è diventato amico degli azzurri con cui passa le serate a suonare la chitarra, cantare e ballare.

La vigilia passa così senza troppo stress ed il 15 agosto i nostri sono pronti a giocarsi l’oro con la temibile Austria. Si rigioca ovviamente all’Olympiastadion, arbitra il tedesco Bauwens di fronte a 85mila spettatori. Incontro equilibrato e teso, non si sblocca: il primo tempo finisce 0-0. Ci pensa, guarda caso, ancora Frossi che al 70° porta in vantaggio l’Italia, riprendendo la respinta del portiere Kainberger dopo un tiro di Bertoni. Qualcuno pensa che sia fatta, ma l’Austria è forte, si riversa in attacco e pareggia dieci minuti dopo con l’altro Kainberger, fratello del portiere[2]. Si va, di nuovo, ai supplementari. Pozzo rincuora i nostri da par suo, li stimola per l’ultima volta all’impresa: il morale è alto, nessuno trema, la “squadra” non molla. Si torna in campo col piglio vincente e dopo due minuti segna, ovviamente, Frossi. Poi è tempo solo di resistere e la difesa non tradisce. Il risultato non cambia: Italia-Austria 2-1, medaglia d’oro! Il bronzo va alla Norvegia che supera 3-2 la Polonia nella “finalina”. Il sogno s’è realizzato: una squadra di universitari, molti dei quali non avranno carriere eccezionali, ha vinto i Giochi. Il momento è talmente storico che...non si ripeterà più. Frossi in questo contesto è stato grandissimo protagonista, la superstar assoluta dei nostri: 7 gol in 4 partite! Non che abbia vinto da solo, però è stato il catalizzatore massimo che ha esaltato il nostro gioco: il suo fiuto del gol è uscito al momento opportuno, rappresentando il simbolo dell’impresa, una sorta di Paolo Rossi del magico 1982. I due tra l’altro in parte si somigliano come tipo di gioco ed istinto della rete. Come “Pablito” difatti Frossi è il capo-cannoniere del torneo, il goleador della squadra vincente ed in sostanza il calciatore del momento. Le sue grandi prestazioni ovviamente hanno una grande eco in Italia: Frossi passa all’Inter, che in quel periodo si chiama Ambrosiana per volontà del regime fascista, di cui diventa perno fondamentale dell’attacco. Grazie anche ai gol di Frossi, l’Inter vince due scudetti (1937-38 e 1939-40) ed una Coppa Italia (1938-39), tornando ai vertici del calcio italiano. Dal 1936 al 1942 Frossi gioca 125 partite in nerazzurro, condite da 40 reti. Con la Nazionale invece gioca solo un’altra volta, il 25 aprile 1937 a Torino, contro l’Ungheria: vinciamo 2-0, con un suo gol. Poi a 31 anni, e con la guerra di mezzo, inizia inevitabilmente il declino: nel 1942 Frossi finisce alla Pro Patria, in serie B e quindi nel 1945 al Como con cui comunque continua a segnare ed a vincere (Torneo Lombardo). Appese le scarpette al chiodo, diventa allenatore, tra molte ombre e poche luci. Inizia in serie C (Luino, Mortara, Monza), quindi approda al Torino ed all’Inter, ma senza squilli. Continua con Genoa e Napoli, per finire a Modena e Trieste: niente di eccezionale. Laureato in Legge, lavora come dirigente all’Alfa Romeo. Negli anni ’60 diventa giornalista ed opinionista televisivo, dissertando con attenzione e capacità sull’evoluzione calcistica. La sua figura comunque rimane per sempre ancorata a quel magico titolo di capocannoniere olimpico.


[1] In tutta la storia della Nazionale sono sei i calciatori che hanno realizzato 4 gol in una sola partita: con Biagi troviamo Riva, Bettega, Pernigo, Sivori ed Orlando

[2] Il portiere si chiama Edi, l’attaccante Karl