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FERRARIS Pio

Torino 19.05.1899 / Torino 05.02.1957

1920. Calcio. 4°

Proveniente da un’agiata famiglia di banchieri, vedrà sempre il calcio come un divertimento nel quale peraltro si impegnerà sempre al massimo. Anche i fratelli maggiori Mario[1] ed Alfredo[2] sono stati calciatori. Proprio sulle loro orme, Pio già a sedici anni è tesserato per la Juventus ma, complice la guerra, il primo Campionato in cui milita in bianconero è quello del 1919-20. Rivela subito ottime qualità di attaccante senza macchia e senza paura: 18 presenze e 15 reti tra cui una tripletta all’US Milanese (3-0) ed una quaterna al Padova (6-1), entrambe negli incontri casalinghi. Le sue caratteristiche paiono subito evidenti: dotato di ottima tecnica e grandissimo fiuto del gol, sa trovare sempre la porta anche da posizioni difficili; astuto ed imprevedibile, si disimpegna bene anche di testa. Un attaccante dunque completo, capace di sfruttare al meglio anche gli errori avversari. Tali peculiarità non sfuggono a Giuseppe Milano, l’ex colonna della Pro Vercelli con la quale ha vinto cinque campionati, che dal marzo 1920 è stato designato come CT della nostra Nazionale da un’apposita Commissione Tecnica la quale, incaricata dalla FIGC, ne segue e dirige ogni mossa. È comunque Milano ad andare in panchina, a scegliere la formazione e ad inserire Ferraris nella lista dei 22 azzurri per i Giochi dove i nostri, dopo una sconfitta per 3-0 con la Svizzera ed uno stentato 1-1 con i Paesi Bassi come ultime uscite, non arrivano certo da favoriti. Il torneo è ad eliminazione diretta: ottavi, quarti, semifinale e finale che assegna la medaglia d’oro. Per le altre medaglie, in maniera macchinosa, è previsto un mini-torneo di consolazione tra tutte le perdenti dai quarti in avanti. Al via 14 nazioni visto che Svizzera e Polonia, invitate, rinunciano all’ultimo momento, permettendo a Francia e Belgio, le loro avversarie designate, di accedere subito ai quarti di finale. L’Italia invece deve giocarsela ed il sorteggio è benevolo: il 28 agosto, alle 15.20, all’Ottenstadion di Gand, affrontiamo l’Egitto, con Ferraris in panchina.

Non sembra un avversario temibile e la partita si mette subito bene: al 25’ segna Baloncieri. Ma da questo momento iniziano i problemi: gli egiziani masticano calcio discretamente, non si disuniscono e dopo appena cinque minuti Osman pareggia. Si va al riposo sull’1-1, tra la sorpresa generale. Ci pensa il centravanti Brezzi a salvare la baracca, realizzando al 57’. I nostri tengono, non senza fatica, il risultato fino alla fine ed accedono ai quarti di finale. Il giorno seguente, all’Olympisch Stadion di Anversa, alle ore 15.00, di fronte a circa diecimila spettatori, affrontiamo la Francia e Ferraris fa il suo esordio in azzurro dal primo minuto, prendendo il posto di Forlivesi all’ala sinistra. Sembra sulla carta un altro ostacolo non impossibile visto che a gennaio, sul terreno del Velodromo Sempione a Milano, l’abbiamo battuta 9-4. Invece stavolta è tutta un’altra storia: dopo 10’ Bard rompe il ghiaccio ed al 14’ Boyer raddoppia. Al quarto d’ora siamo già sotto 2-0, altro che goleada. Ci svegliamo un po’, ma è necessario un rigore di Brezzi al 33’ per ridarci speranza. Dopo 45’ si rimane sul 2-1 per la Francia. C’è ancora tempo e spazio per rimediare, ma al 54’ di nuovo Bard chiude il conto. Gli azzurri accusano il colpo e lasciano ai transalpini l’onore della semifinale. Il torneo ha un esito clamoroso. La finale 1°-2° posto è giocata da Belgio e Cecoslovacchia. I padroni di casa sono sostenuti da un tifo fin troppo scalmanato e l’enorme pubblico viene a stento contenuto dalle forze dell’ordine. Si gioca in un clima intimidatorio per i cechi, con offese e minacce, anche da parte di molti soldati del cordone di polizia (!). L’arbitro fa il resto, favorendo sfacciatamente i padroni di casa che vanno rapidamente sul 2-0. Per protesta i cechi abbandonano il campo: vengono squalificati e non possono accedere al torneo di consolazione per le altre medaglie. Nessuno ovviamente osa togliere l’oro al Belgio nè tanto meno pensare ad una ripetizione della gara. Nel torneo di consolazione c’è anche l’Italia che scende in campo il 31 agosto alle 10 di mattina, all’Olympisch Stadion contro la Norvegia che, a sorpresa, ha eliminato la Gran Bretagna (la quale ha peraltro inviato una compagine di scarsa qualità).

Gioca in pratica chi non ha giocato i turni precedenti ma Ferraris è, con Sardi e Bruna, tra i pochi che viene confermato rispetto al match precedente. Vinciamo, ma con grandissima fatica: al 40’ Andersen porta in vantaggio gli scandinavi e si rientra negli spogliatoi sullo 0-1. Ad inizio ripresa pareggia Sardi, uno dei migliori goleador del periodo, e ci vogliono i supplementari per dirimere la questione: all’inizio del terzo extra-time (in quel periodo difatti ne sono previsti quattro!) Badini ci regala la qualificazione. Siamo dunque in corsa per una medaglia, ma bisogna vincere con la Spagna, avversario tosto e la cui porta è difesa dal giovanissimo ma già portentoso Zamora. Stavolta a Ferraris è concesso un turno di riposo. Il 2 settembre alle 16.00, all’Olympisch Stadion, purtroppo non c’è partita: una doppietta di Sesumaga (43’ e 72’) ci rimanda a casa con la “medaglia di legno”. Difatti veniamo classificati quarti, grazie anche alla squalifica della Cecoslovacchia. La Spagna guadagna l’argento, superando nella “finalina” i Paesi Bassi (bronzo) per 3-1. L’Italia torna a casa con due vittorie e due sconfitte, un bilancio mediocre per un movimento calcistico in ascesa e che a livello nazionale sta suscitando sempre più attenzione su stampa e tifosi, ma ancora lontano dai vertici europei. Ferraris intanto riprende il suo posto in bianconero: nella stagione 1920-21 non gioca molto (9 presenze) ma segna ancora (7 gol) e soprattutto è grande protagonista in azzurro. Il 5 maggio 1921 torna ad Anversa per affrontare i campioni olimpici del Belgio che partono forte e vanno sul 2 a 0. I nostri però reagiscono alla grande, accorciando le distanze con Migliavacca e poi pareggiando con Forlivesi. All’ultimo minuto rigore per il Belgio: Campelli para il tiro di Bragard e sulla respinta la palla arriva proprio a Ferraris che, preso da un impulso irrefrenabile, parte dal centrocampo, scatta velocissimo, semina tre avversari, arriva davanti al portiere, lo scarta ed insacca il gol della clamorosa vittoria[3]. Tre giorni dopo, Ferraris è di nuovo in campo, ad Amsterdam contro i Paesi Bassi: stavolta la rimonta la subiamo noi e la partita si chiude sul 2-2. È l’ultima uscita di Ferraris in Nazionale dove totalizza quindi 4 presenze, condite dallo splendido gol decisivo al Belgio. Gioca poi altre due stagioni con la Juventus, per la quale in totale ottiene 66 presenze e 38 reti, un bel bottino. Quindi nel 1923-24 passa al Casale (9 presenze e 2 gol), poi (diplomato ragioniere) si trasferisce per lavoro a Verona (gioca per divertimento nelle serie minori col Bentegodi), nel 1926-27 rientra a Torino (1 sola presenza nella Juve) e chiude la sua carriera a Savona. Infine si dedica alla sua attività di bancario. 

ferrarispio grande

Anversa 1920. La Nazionale azzurra vittoriosa contro la Norvegia. Presente anche Ferraris, indicato dal tondo 


[1] Mario Ferraris, detto Ferraris I, nato a Torino il 13.12.1885, centrocampista, gioca nella Juventus nel 1903 e 1904, con 9 presenze ed un gol

[2] Alfredo Ferraris, detto Ferraris II, nato a Torino il 13.08.1890. Tesserato per la Juventus già nel 1906, esordisce in prima squadra nel Campionato 1908-09. Gioca come mediano in bianconero fino al 1912, rivestendo anche il ruolo di capitano, totalizzando 33 presenze e 3 gol

[3] Un’azione che ricorda, fatte le debite proporzioni, l’indimenticabile gol di Maradona contro l’Inghilterra ai Mondiali messicani del 1986 o la grande cavalcata coast-to-coast del milanista Weah nel 1996 contro il Verona