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DONES Erminio

Milano 12.12.1882 / Zibido San Giacomo (MI) 06.05.1945[1]

1920. Canottaggio. MEDAGLIA D’ARGENTO due di coppia (con Annoni)

Pratica[1] sport sin da adolescente: corsa, ginnastica, nuoto, ciclismo, un po’ di tutto. Appare portato per la fatica, sembra già una promessa in varie discipline, ma alla fine nel 1903 sceglie il remo e si tessera per la “Canottieri Milano”. Alto 1,73m per 73kg, coglie il suo primo risultato di rilievo nel 1904 quando, sotto la pioggia battente, vince la “classica” Milano-Abbiategrasso (17 km) sulla “yole di mare a 4”, nominata “Rau Rau”, con Colnago, Farioli e Trasi, percorrendo la distanza in 1h50’48” e precedendo i grandi rivali dell’Olona (terza la “Lario” di Como). L’anno seguente sul “4 con” vince a Piacenza e Zurigo mentre è terzo a Lucerna con l’otto. Su questo armo coglie il suo primo tricolore, a Como il 15 agosto, con 8” di margine sulla “Libertas”. La vittoria consente alla “Milano” di partecipare agli Europei di Gand dove arriva il bronzo. Dopo il successo a Como con la “yole a 4”, il 24 settembre Dones primeggia nella Milano-Abbiategrasso con l’otto. Nel 1906 colleziona vittorie su vari armi: “yole a 4” (Lodi e Pavia), “quattro con” (Milano, Torino e la “solita” Milano-Abbiategrasso), otto (eliminatoria lombarda match Lombardia-Piemonte). Intanto sta diplomandosi all’Accademia di Brera in scultura, sua altra grande passione e che diverrà un vero e proprio lavoro. Dones sviluppa la sua prima svolta sportiva nel 1907, lasciando gli armi affollati e salendo sul singolo, o skiff come si diceva allora. Esordio col botto: il 19 maggio vince a Cremona. Il 30 maggio nella Milano-Abbiategrasso è battuto dal solo Sacchini[2], peraltro suo compagno di colori e con cui instaura un sodalizio vincente. Pur gareggiando difatti ancora col singolo (il 9 giugno vince a Torino davanti al quotato Mariani), Dones trova in Sacchini il compagno perfetto e viceversa: col “due di coppia”, definito anche “doppio” perchè i due vogatori hanno entrambi due remi, e con l’armo ribattezzato “Sibilante”, vincono prima ad Evian, poi a Losanna, Lucerna e Zurigo. Il 5 agosto ai tricolori sull’Arno a Pisa, nei pressi della foce, vincono il titolo italiano, dominando anche la prova del singolo (1° Dones e 2° Sacchini, terzo il grande Brunialti). Infine il 18 agosto coronano la loro grande stagione agli Europei di Strasburgo, guadagnando una splendida medaglia d’oro, con Dones che ottiene il bronzo nel singolo.

L’annata si chiude a Pusiano l’8 settembre: allo scontato successo nel “doppio”, Dones abbina la vittoria anche nell’otto. Probabilmente è il canottiere italiano più completo del momento. Lo skiff rimane la sua passione e vi coglie il suo principale successo nella Milano-Abbiategrasso del 1908, stabilendo il record di 1h44’29” (che rimarrà imbattuto). Ma è comunque il “due di coppia” che dà i frutti migliori: con Sacchini stabilisce un armo strepitoso e la stagione estiva 1908 diventa “magica”. Il loro scafo si impone a Torino, Francoforte sul Meno, Parigi (dove Dones vince anche nel singolo), Mannheim, Varese. I due sono talmente superiori che non trovano sfidanti per i tricolori di Salò: risultando gli unici iscritti, viene loro attribuito comunque il titolo ad honorem. Si presentano da super-favoriti agli Europei di Lucerna, ma proprio nella gara più importante dell’anno, ecco il patatrac: deviano dalla loro traiettoria ed urtano una boa di segnalazione, perdendo metri decisivi. A niente vale la loro rimonta, con classe e foga, se non ad aumentare i rimpianti: superano tutti gli avversari, ma non i belgi che chiudono primi per una manciata di secondi. L’argento è magra consolazione per i dominatori dell’annata che si confermano tali pochi giorni dopo, nella rivincita di Evian dove lasciano i belgi a 7”. Nella stessa riunione, Dones poi è secondo nello skiff dietro il fortissimo francese Delaplane. Nonostante i trionfi col “due di coppia”, Dones non lascia il singolo che nel 1909 lo vede vincere di nuovo la Milano-Abbiategrasso. Sempre in prima fila nelle tradizionali sfide Piemonte-Lombardia, Dones brilla alle regate di Desenzano dove, con l’otto, prevale nel duello con gli eterni rivali dell’Olona. Sullo stesso armo vince anche a Cadenabbia, sul Lario. Ovviamente si attende molto dal “due di coppia”, ma non sono tutte rose e fiori. Primi a Torino e Desenzano, vincono anche a Lucerna, con 9” di margine sui francesi. In Svizzera Dones è anche secondo in due prove diverse nel singolo, battuto rispettivamente da Mariani (che si avvia ad essere la sua “bestia nera”) e dal tedesco Muller, e terzo nell’otto. Ai tricolori di Orta, Dones è costretto al ritiro nel singolo, per un forte quanto improvviso dolore ad un braccio mentre nel “due di coppia”, di nuovo, non hanno sfidanti e rivincono il titolo a tavolino. Grandissima delusione agli Europei di Parigi dove i due si ritirano. Nel 1910 Dones gareggia con un nuovo scafo, costruito dai celebri cantieri Gallinari di Livorno[3]. Sul suo skiff rivince, per la terza volta, la Milano-Abbiategrasso, ma poi ha una brusca battuta a vuoto a Torino, sul Po, dove è sconfitto sia nel singolo (dal semisconosciuto Sibaldi) che nel “due di coppia”, con Annoni (vince l’Armida). Scissa dunque la mitica coppia con Sacchini (ormai 33enne), Dones va addirittura peggio ai tricolori di Taranto: sale solo sul gradino più basso del podio, sia nello skiff (primo Bruna su Filippi) che nell’otto. In effetti, in una sola stagione, molto è cambiato e le gerarchie del canottaggio italiano non lo vedono più ai primi posti[4], anche perchè s’è allenato poco e male, distratto dagli impegni lavorativi di scultore.

Nel 1911 passa alla “Caprera” di Torino, tra le prime società italiane ad essere fondate ed il cui nome rivela certi impeti garibaldini, e gareggia poco, ancora diviso tra sport e professione: ai tricolori di Como si ritira nel singolo anche se poi pochi giorni dopo si aggiudica la gara a Villa d’Este, sia pure su un campo di partenti ridotto in qualità e quantità. Stessa cosa per il successo di Torino dove il solo altro suo competitor è Sibaldi, facilmente battuto. In ogni caso Dones sembra aver perso smalto al punto che nell’inverno 1911-12 si dedica alla boxe, o pugilato che dir si voglia, sulla scia di un movimento in crescita che sta facendo molti proseliti. Sta per esordire tra i professionisti, il suo nome compare pure sui cartelloni, ma all’ultimo momento ci ripensa. Per fortuna. Difatti, rientrato alla “Milano” e ripresi gli allenamenti in modo serio e costante, il 2 giugno rivince la Milano-Abbiategrasso di skiff, specialità in cui comunque a livello nazionale è chiuso dal grandissimo Sinigaglia. Difatti torna al “due di coppia”, stavolta con Annoni ed a Lucerna i due sbaragliano il campo anche se, in quei giorni, i migliori sono a Stoccolma per i Giochi. Non a caso Dones in Svizzera vince anche nel singolo. Poi è la volta dei tricolori, a Como. Il padrone di casa Sinigaglia non lascia scampo nel singolo, ma Dones ed Annoni trionfano nel “due di coppia”, in una gara appassionante, tra le più belle degli anni ’10, combattuta punta a punta, con gli idoli lariani Mariani-Sinigaglia che, inesorabilmente superati a ¾ di gara, si ritirano, schiantati. Dones-Annoni sono dunque un grande equipaggio e lo confermano pochi giorni dopo a Ginevra, nel Campionato Europeo, dominando nettamente la gara davanti a Francia e Svizzera, col Belgio quarto[5]. Ma, stranamente, interrompono improvvisamente il loro sodalizio. Nel 1913 Dones scompare letteralmente di scena, si eclissa dall’acqua, si prende un anno sabbatico ed il suo nome non è più presente nelle cronache remiere. Vulcanico ed eclettico, si dedica invece all’alpinismo, sua vecchia passione, con grande ardore, impeto e sprezzo del pericolo al punto che in seguito aprirà pure nuove vie di arrampicata. Sulle Alpi c’è ancora spazio per chi ha coraggio e non teme l’avventura: in questo campo Dones è un pioniere tra i rocciatori, in particolare sulle guglie delle famose Grigne, nel lecchese.

Pur inizialmente attratto nell’orbita del CAI milanese, entra poi nel gruppo denominato GLASG[6] dove si rifugge dalle regole classiche dell’alpinismo di stampo ottocentesco e dai suoi stucchevoli comportamenti, scatenando però anche forti critiche e polemiche verso questo atteggiamento innovativo e votato più all’agonismo sportivo che all’esteticità[7]. Ma Dones, che poco si cura di queste diatribe, torna ad allenarsi sull’amato Naviglio e prepara un altro exploit: il 14 giugno 1914 rivince difatti la Milano-Abbiategrasso in skiff. Vittoria sofferta, col giovane Piccinelli ad insidiarlo fino a tre/quarti di gara. I commenti sono entusiastici: si parla di “grande elasticità con cui impiega la forza delle braccia poderose per terminare la palata” e fa scalpore “la leggerezza del suo ritorno in avanti”. Probabilmente i grandi trionfi di Sinigaglia, che lo stesso giorno vince la “Coppa delle Nazioni” a Parigi, gli consigliano di non insistere col singolo. Difatti ricostituisce la coppia con Annoni ed i due vincono agevolmente a Torino il 21 giugno, trasferendosi baldanzosi a Lucerna. In una giornata che entrerà purtroppo nella storia mondiale per ben altri motivi[8], sul lago elvetico dimostrano di essere ancora i migliori, distanziando nettamente il duo del Grasshoppers di Zurigo dopo una gara difficile, condizionata dal vento e dall’acqua increspata. Dones, nel singolo e nel “due di coppia” con Annoni, è pronto per i tricolori previsti ai primi di agosto, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale cancella la manifestazione e l’intera attività remiera, al pari di altri sport, subisce una brusca frenata. Dones allora torna in montagna e lo fa alla grande: il 13 settembre scala per primo, col lecchese Carlo Castelli, il monolite di roccia che sarà chiamato Ago Teresita, in onore della sorella Teresa, situato sulla “Grignetta” di cui non a caso Dones sarà definito “il diavolo”. Doveroso aggiungere che, in maniera atipica, sulla cima dell’ago viene simbolicamente issato un remo, in ricordo delle sue gesta da canottiere. Gesta che peraltro non vengono ripetute per diverso tempo. Dones difatti, sostenuto ed allenato dal campione italiano dei professionisti Pilotta, si cimenta nella boxe: ai primi di gennaio del 1915 batte nettamente ai punti Rossanigo (che viene pure messo al tappeto e “contato” 4 secondi) e conquista il titolo di Campione dell’Alta Italia dei “massimi” (alla bilancia Dones accusa 74,4 kg). Una decina di giorni dopo è a Sanremo, per contendere al romano Semprebene il titolo italiano assoluto dilettanti: dopo sei incertissimi rounds i giudici dichiarano il match pari (o “nullo” come si diceva allora) ed il titolo vacante. Dones torna al suo laboratorio di scultore (è ormai un artista apprezzato) e nel maggio del 1915, poco prima dell’entrata in guerra del nostro paese, è sull’otto della “Milano” che si aggiudica il match Piemonte-Lombardia. Poi il conflitto deflagra, ma nell’estate del 1915, non ancora chiamato alle armi, Dones torna sulle amate Grigne dove collabora fattivamente alla realizzazione della carta del TCI, con la spedizione guidata dal conte Cesare Calciati, noto ed abile topografo. Dones trasporta i delicati strumenti su ogni picco, ma non solo: l’8 agosto, con Eugenio Fasana come capo-cordata e lui secondo, assieme anche ad Angelo Vassalli[9], apre la via su quel pinnacolo che oggi, appunto, è noto da tempo come “sigaro Dones”.

Poi anche per lui scocca l’ora fatidica e diventa caporale degli Alpini, combattendo tra le montagne, in particolare sul Monte Grappa, soprattutto dopo la disfatta di Caporetto. Non si tira mai indietro ed è un fulgido esempio per superiori e commilitoni. Si rivede in campo, o meglio in acqua, dopo qualche allenamento sommario, solo il 20 settembre 1918 a Como. Tornare al canottaggio, la cui ripresa è favorita anche dalle autorità militari come tutti gli sport, è anche una scusa per ottenere qualche licenza in più e Dones dimostra di non aver perso lo smalto dei giorni migliori: vince nettamente la gara dello skiff davanti al piacentino Taroni ed al comasco Milano. Taroni si prende la rivincita nell’otto, primeggiando con la “Nino Bixio” davanti proprio alla “Milano” di Dones. Atleta a tutto tondo e militare tutto d’un pezzo, alla fine della guerra Dones partecipa ad alcune gare dimostrative tra soldati. L’8 novembre 1918, quando tutti sono ancora euforici per la Vittoria, a Piazzola sul Brenta si svolge un grande torneo, organizzato dalla Squadra del Comando Supremo per esaltare la figura del soldato-atleta: un decathlon prettamente atletico, con corse, salti e lanci ma anche con prove di stampo militare come il lancio della bomba a mano ed un percorso di guerra. Partecipa anche Dones che chiude 17°, ben lontano dal vincitore Lorenzetti. Torna a far parlare di sè ai primi di maggio del 1919 quando, dimostrando le sue doti di scalatore, si arrampica fino in cima alla Madonnina del Duomo di Milano, con tanto di fotografie, assieme al suo amico Pilotta. Intanto è tornato ai remi e dimostra di essere ancora sulla breccia: l’8 giugno, a Como, in una sfida tra alpini reduci dai combattimenti in prima linea, batte il rampante Castelli nell’eliminatoria di skiff per designare i nostri rappresentanti ai “Giochi Interalleati” di Parigi, prima grande manifestazione polisportiva internazionale dopo sette anni e riservata ai soldati degli eserciti vincitori la guerra. Le autorità militari fanno le cose per bene, organizzando al meglio la spedizione, supervisionata da Cesare Tifi, vecchio marpione dello sport italiano e portando in Francia ben 120 atleti. Le gare di canottaggio sono le ultime a svolgersi, a metà luglio, sulla Senna, dal ponte di St. Cloud a quello di Suresnes, in favore di corrente, lungo 2100 m. Il 17 luglio Dones, che intanto si è gudagnato il soprannome di “africain[10]”, domina la sua batteria nel singolo davanti al francese Giran ed al belga Haller. La finale è prevista il giorno seguente, ma la notte Dones sta male di stomaco, probabilmente a causa del “pessimo cibo americano”, come narrano le cronache, che ha dovuto mangiare nel “villaggio olimpico”, una sorta di accampamento costituito da centinaia di tende. Comunque Dones, alquanto stanco per aver dormito poco e male, si schiera al via della finale: ci prova, tiene il passo dei primi ma poi cede e si ritira. Vince il neozelandese Hadfield. Dones comunque è in forma ed il malessere è solo passeggero quanto sfortunato, capitato proprio nel momento più sbagliato.

Passano difatti solo due giorni e Dones è a Bruxelles, per un’altra grande manifestazione remiera internazionale: vince la gara del singolo davanti ai padroni di casa Hermans e Leonet, rammaricandosi ancora di più per quanto accaduto a Parigi. Tra l’altro quel 20 luglio è uno dei giorni più felici a livello internazionale per l’intero sport italiano degli anni ’10[11]. In quella stessa sede di Bruxelles, Dones gareggia anche nel “due di coppia”, con Torlaschi, ma la partecipazione è alquanto estemporanea ed improvvisata, con un armo preso in prestito ed i due si ritirano. Un altro abbandono, ben più clamoroso, vede Dones protagonista anche nel Campionato dell’Adriatico a Trieste il 7 settembre: schiantato da Castelli, incapace di reggerne il ritmo e nettamente attardato, Dones si ritira. Qui suona per lui un forte campanello d’allarme ed inizia a comprendere come la sua avventura nel singolo volga al termine. Campanello che diventa una campana a morto nei tricolori di Lecco: vince Castelli e Dones abbandona nuovamente. A questo punto Dones si ributta sul “due di coppia” col ritrovato Annoni e la scelta si rivela vincente: il 22 settembre i due vincono il tricolore a Lecco davanti ai padroni di casa Castelli-Cazzaniga e Torlaschi-Taroni della “Lario”. La strada è tracciata, anche se Dones non ha intenzione di abbandonare del tutto il singolo. Tuttavia si allena intensamente con Annoni, in vista dei Giochi e la loro preparazione pare eccellente: il 19 giugno 1920, praticamente all’esordio stagionale, dominano la regata sul Po a Torino davanti ai lecchesi Castelli-Cazzaniga che pure hanno velleità olimpiche. Il giorno seguente Dones si impone anche nel singolo, schiantando Castelli che abbandona. Il 27 giugno altra netta vittoria a Pavia, sul Ticino, stavolta davanti a Cazzaniga. Il mese seguente, il 24 luglio, Dones è con Annoni a Lucerna dove però i due, in condizioni di acqua mossa da un forte vento, si trovano in difficoltà e vengono superati dagli elveti Schochlin-Walter.

Dones non molla l’idea di essere il migliore nel singolo, ma il 31 luglio ai tricolori di Como, disputati nelle acque antistanti Villa Geno, si arrende al prorompente Castelli: nel finale addirittura si rialza, venendo superato anche dall’istriano Babuder. Vistosi irrimediabilmente sconfitto, Dones ha difatti preferito risparmiare energie e ha fatto bene. Il giorno seguente, con Annoni, trionfa nel “due di coppia” davanti ai torinesi dell’Armida Smeraldi-Di Vaio ed ai lariani Torlaschi-Taroni. È il successo giunto al momento giusto: la Commissione Tecnica inserisce Annoni e Dones nella lista per i Giochi di Anversa. Sorgono però improvvise problematiche: Dones non sta bene, è molto affaticato, ha problemi ai reni. Si vive qualche giorno d’incertezza, i due stanno quasi per rinunciare alla trasferta, ma alla fine tutto si sistema. Oltre tutto trovano pure una barca nuova, di costruzione inglese, prestata loro dalla generosa “Canottieri Lecco”. Le gare di canottaggio si svolgono nel canale di Willebroek, a Vilvoorde. C’è una certa fiducia intorno a Dones ed Annoni, se non altro per la loro esperienza: non dimentichiamo che i due hanno gareggiato insieme per la prima volta ben dieci anni prima. Solo cinque le nazioni partecipanti: basta vincere la batteria per assicurarsi una medaglia. E i due vi riescono: il 27 agosto alle 15.30, col tempo di 7’25”4, superano i belgi Sadzawska-Leonet e si guadagnano l’accesso alla finale. Il 29 agosto alle 16.30 tre equipaggi si allineano allo start: Stati Uniti, Italia e Francia. Finiscono nell’ordine sul traguardo, con i cugini americani Kelly-Costello nettamente vincitori, con dieci secondi di margine sugli azzurri che tengono bene a bada i francesi Plé-Giran, guadagnandosi un bell’argento che consacra la loro carriera. Un’impresa che venti giorni prima sembrava impossibile. Nel 1921 Dones vive un lungo momento di incertezza, cercando altre strade. Lascia Annoni e tenta l’accoppiata con Salvini, prova anche a montare sul “4 senza”, ma alla fine torna con Annoni. I due si ripresentano insieme ai tricolori di Pallanza, sul Lago Maggiore, e vincono alla grande, confermandosi i migliori interpreti del “doppio”. Il 10 settembre, dopo un viaggio estenuante in treno terminato in ritardo ed appena in tempo per essere al via, gareggiano ad Amsterdam nei Campionati Europei, ma vengono battuti in batteria dagli olandesi ed esclusi subito dalla competizione, preparata peraltro in modo alquanto improvvisato. Intanto Dones s’è lasciato attrarre ed invischiare dal neonato movimento fascista che a Milano ha fatto proseliti[12]. Nel 1922, mentre trova un nuovo compagno di regata in Lorenzo Salvini (milanese classe 1892), Dones è tra i fondatori del “Gruppo Arditi di Guerra” del Fascio milanese, formazione paramilitare che non manca di farsi notare per intraprendenza ed entusiasmo. In estate riprende a gareggiare: il 24 giugno vince, con Salvini, nel “due di coppia” la regata a Torino, ovviamente sul Po, valida per la “Coppa Armida”, dominando la prova e giungendo al traguardo con 10” di margine su Di Vaio-Smeraldi. I due milanesi si aggiudicano anche il tricolore, disputato nell’incantevole golfo di Napoli, presso la collina di Posillipo, il 20 agosto, schiantando l’equipaggio livornese che si ritira. Il 10 settembre Dones-Salvini guadagnano un bell’argento agli Europei di Barcellona, battuti dagli svizzeri che si dimostrano più forti e meritevoli. Stesso risultato sette giorni dopo a Lecco.

Nell’inverno Dones aumenta il suo coinvolgimento col fascismo milanese fino al punto di creare una squadra col suo nome, istituita il 14 febbraio 1923 come sezione alpinistica del Gruppo Arditi. Diventa il personaggio di riferimento del manipolo di cui disegna l’immagine-simbolo presente sulla tessera, con tanto di teschio, elmetto e pugnale. Entra nella “commissione sportiva” del Fascio di Milano e, per dare ulteriore alla sua immagine di gladiatorio combattente, insiste col canottaggio. Il 26 agosto, a Como, Villa d’Este, conquista l’ennesimo titolo italiano nel “due di coppia”, ancora con Salvini, superando nettamente (18” il divario) la coppia dell’Ardita di Torino, Mazzega-Montecucco. Sette giorni dopo, il 2 settembre, nelle stesse acque Dones-Salvini ottengono un bel bronzo agli Europei, superati da svizzeri ed olandesi. A 35 anni ci sarebbe probabilmente spazio per tentare un’altra avventura olimpica, ma Dones si trova sempre più invischiato nelle trame fasciste ed abbandona repentinamente l’attività remiera. Si ritrova a fare amicizia con un personaggio losco, Albino Volpi, falegname e delinquente comune, suo vicino di casa e fascista pure lui, che nell’estate del 1924, proprio mentre si disputano i Giochi a Parigi, è protagonista del rapimento ed omicidio di Giacomo Matteotti. Volpi, fuggito da Roma, chiede aiuto proprio a Dones, in vacanza a Ballabio, per fuggire in Svizzera: non si sa se e quanto Dones operi in favore di Volpi. Fatto sta che il giorno seguente Dones viene arrestato, poi è catturato anche Volpi. Dones è trasferito in carcere, a Lecco, Brescia, infine Regina Coeli a Roma. Rilasciato dopo tre giorni, è accusato di favoreggiamento e processato, ma alla fine viene prosciolto. Dimentica la brutta avventura, pur rimanendo fervente fascista, tornando in montagna: nel 1926 compie un’altra impresa, assieme a Carlo Castelli, aprendo una nuova via su quello che in suo onore sarà chiamato “Dito Dones” e come tale è conosciuto anche oggi, palestra di rocciatori tra le più apprezzate nelle Grigne dove continuerà a scalare, tra “prime” e nuove vie, sino alla fine degli anni Trenta. In barca si rivede il 30 luglio 1933 quando a Napoli, in occasione dei tricolori, si aggiudica la gara nel singolo per veterani. La sua fine è nebulosa. Continua ad avere contatti coi fascisti milanesi ed alla fine, con tutta probabilità, questo è causa della sua morte: qualcuno, nei giorni della Liberazione, non dimentica i suoi trascorsi e spegne la sua vita. La vita di un grande sportivo, a prescindere da fedi e ideali.


[1] Alcuni siti riportano come data di morte il 25.04.1945. In ogni caso, dati i suoi trascorsi fascisti, è presumibile che la sua scomparsa sia ricollegabile ad una delle tante “vendette” sviluppate nei giorni tragici della Liberazione

[2] Emilio Sacchini, nato a Milano nel 1877. Anche lui appartenente alla Canottieri Milano, ha già ottenuto 4 titoli italiani, due nel singolo (1903 e 1905) e due nel due di coppia, con Gerli (1903 e 1905) oltre a diverse medaglie europee (argento nel due di coppia con Gerli nel 1903 e 1905, bronzo nel singolo nel 1905). Diverrà poi un grande incisore su acciaio, uno dei principali medaglisti italiani i cui oggetti sono ancora oggi molto ricercati dai collezionisti

[3] I cantieri sono attivi fin dal Settecento con la costruzione di navigli da guerra. Nella seconda metà dell’800, sotto la sapiente e vulcanica guida di Egidio Gallinari, si trasformano in provetti costruttori di barche da regata, sia a vela che per motonautica, ma soprattutto di armi da canottaggio, diventando leader mondiali del settore

[4] Nel 1910 agli Europei di Parigi in effetti altri canottieri italiani colgono ben tre ori (singolo con Mariani, due con e quattro con)

[5] In quel periodo alla Federazione europea di canottaggio aderiscono solo 4 nazioni: Italia, Svizzera, Francia e Belgio. Poco dopo entrerà anche la Germania

[6] Acronimo di Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Guide

[7] I detrattori difatti ribattezzano il GLASG come Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Giudizio. In effetti, purtroppo, non mancheranno incidenti mortali che affliggeranno le scalate e diversi componenti del gruppo tra cui gli stessi fondatori, Francesco Bertani ed Eugenio Moraschini

[8] La gara difatti si svolge il 28 giugno, quando a Sarajevo viene assassinato l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale asburgico. Questo evento, un mese dopo, provocherà in sostanza lo scoppio della Prima Guerra Mondiale

[9] Nato a Milano il 07.06.1892. Sergente dell’8° Reggimente Alpini, cade il 3 dicembre 1917, falciato da una mitragliatrice, nella cosiddetta “battaglia d’arresto”, sul Monte Pertica, nella zona del Grappa

[10] Probabilmente perchè i suoi tratti somatici ricordano quelli di un maghrebino e per...l’abbronzatura

[11] Quel giorno difatti, oltre al successo di Dones, il ciclista Lucotti vince una tappa al Tour de France e l’Italia si aggiudica la Coppa Dubonnet nella Traversata di Parigi a nuoto (2° Bacigalupo, 4° Costa e 9° Toscani)

[12] Il movimento fascista è stato difatti fondato a Milano, in Piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919, col nome ufficiale di “Fasci italiani di combattimento”. Alla sua guida lo spregiudicato e dinamico Benito Mussolini. Dones si accoda presto


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