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DINALE Alfredo

Vallonara di Marostica (VI) 11.03.1900 / Vicenza 03.12.1976

1924. Ciclismo. MEDAGLIA D’ORO Inseguimento a Squadre (con De Martini, Menegazzi, Zucchetti), 6° 50 km in pista

Già all’età di otto anni lascia la scuola per lavorare in una panetteria a Lusiana: compie il tragitto quotidianamente in bicicletta, in salita ed in discesa. La Prima Guerra Mondiale sconvolge la sua esistenza di adolescente, anche perchè in quella zona, l’Altopiano di Asiago, il conflitto sviluppa tutta la sua virulenza, in particolare dopo Caporetto. Leggenda vuole che il giovane Dinale, detto chissà perchè Fortunato, in qualche modo utilizzi la bicicletta per aiutare le nostre truppe, come portaordini. Certamente in bici, per così dire, in quel periodo si fa le ossa...anzi le gambe, pedalando per migliaia di km, avanti e indietro sull’Altopiano. Al termine del conflitto lo aspetta il servizio militare a Firenze dove però sfrutta la sua esperienza in bicicletta e, in sostanza, diventa un corridore. Difatti nel 1921, proprio mentre è sotto le armi, si segnala col terzo posto nel Campionato Italiano Militari a Roma, gara vinta da Ferrario in volata. L’anno seguente, ancora militare, gareggia per il “CS Firenze” ed il 23 luglio giunge secondo nel “GP Empoli” alle spalle di Campani. In Toscana s’è fatto conoscere e ha molti estimatori al punto che nel 1923 si tessera per l’US Empolese, cominciando a raccogliere risultati con una certa continuità. Il 22 aprile è 3° nella “Coppa Saccardi” a Firenze, disputata intorno alle Cascine, alle spalle di Gabrielli e Chesi. Gareggia anche nelle prove su pista: il 31 maggio a Castelfiorentino vince velocità, individuale ed inseguimento, ma al momento è la strada ad attrarlo. Il 23 settembre ottiene il primo successo significativo nella “Coppa Pontedera”, superando in volata gli otto compagni di fuga. In effetti il rush finale sembra il suo punto forte. Il 7 ottobre è terzo nella “Coppa Antella” dietro Pomposi ed Innocenti che, conoscendo le sue peculiarità, hanno fatto di tutto per staccarlo e ci sono riusciti. Dinale conclude l’annata toscana il 4 novembre nella Firenze-Grosseto che si rivela troppo ostica: chiude difatti solo 12°, lontanissimo dal vincitore Messeri. Poi si trasferisce a Milano e dà spettacolo nel nuovo Palazzo dello Sport. Il 25 novembre vince un inseguimento a squadre...da solo nel senso che raggiunge gli avversari, unico della sua squadra. Il 7 dicembre è 11° nella “Coppa d’Inverno” vinta da Mainetti dove non riesce a resistere al ritmo dei migliori. Questo 1923 è l’anno della svolta per Dinale che ha capito di avere buone qualità e prospettive interessanti.

A Milano trova l’ambiente giusto per esprimersi al massimo, ma le difficoltà sono dietro ogni angolo. Difatti in un allenamento al Palazzo dello Sport”, a metà gennaio, cade e si frattura una mano. Costretto al riposo, visti i suoi risultati comunque buoni, l’UVI lo inserisce tra i “fuori classe”, una speciale categoria di dilettanti che possono gareggiare anche con i professionisti, potenziale serbatoio olimpico. All’UVI, bisogna riconoscerlo, hanno la vista lunga perchè Dinale ottiene subito, un po’ a sorpresa, importanti risultati. La frattura alla mano guarisce in fretta ed il 16 marzo Dinale è tra i 94 partenti della “Milano-Sanremo” che per la prima volta si conclude in una “volatona”: sono ben 25 difatti gli uomini che si giocano il successo allo sprint e Dinale è tra questi. Vi sono troppi marpioni per un neofita e difatti Dinale rimane intruppato, chiudendo 10° a pari merito, comunque un ottimo risultato: il velocissimo Linari brucia sulla linea Belloni e Girardengo. Dinale fa ancora meglio il 30 marzo nella “Milano-Torino” dove, pur soffrendo e perdendo le ruote dello scatenato Gay che va a vincere dopo una lunga fuga solitaria, si difende nel finale e chiude 7°, sia pure con 23’ di distacco. Il 13 aprile Dinale coglie il suo primo successo di rilievo, nella “Coppa Crespi” a Legnano, superando allo sprint gli otto compagni di fuga tra i quali figura la futura stella Piemontesi (terzo). È tra i migliori della sua categoria e come tale viene adocchiato dalla Commissione Tecnica che deve organizzare la nostra spedizione a Parigi anche se la prova individuale, a cronometro, non sembra molto adatta alle sue caratteristiche. I tecnici[1] difatti, vista la sua velocità, dirottano Dinale sulla pista e lo mettono subito alla prova. Il 20 aprile è difatti nel quartetto che, al “Sempione”, vince la prova di inseguimento, a 46 di media, contro la squadra capitanata da De Martini. Con lui Zucchetti, Brambilla e Biassoni. Dopo il successo del 1920, l’Italia vuole confermare la sua “scuola” in questa particolare e difficile disciplina e Dinale sembra aver le caratteristiche giuste per ben figurare in quanto ad una notevole punta di velocità abbina anche una certa dose di resistenza. Intanto il giorno seguente, 21 aprile e lunedì di Pasqua, Dinale chiude terzo una gara di velocità a Crespi d’Adda, superato da Boiocchi e Brambilla. È comunque in pista che Dinale mostra di avere le migliori carte da giocare: il 4 maggio, al velodromo zurighese di Oerlikon, è il migliore dei nostri nel match Svizzera-Italia, disputato in un individuale a punti da quattro corridori per nazione: Dinale si scatena, vince a ripetizione i vari sprint intermedi e guadagna pure un giro a tutti. Alla fine, nonostante gli altri azzurri (in particolare Malinverni) non siano altrettanto validi, i nostri si impongono 133 a 137 (vince chi ottiene meno punti)[2].

È in predicato di correre il “Giro d’Italia”, si trova pure nell’elenco degli iscritti, ma all’ultimo momento il Consiglio Direttivo dell’UVI, che teme possa affaticarsi troppo, gli impedisce di prendere il via, a lui come ad altri della sua categoria: non ha i crismi dell’ufficialità, ma questa decisione sembra spianargli la strada per una maglia azzurra a Parigi. Torna alle corse su strada: il 25 maggio è terzo nella “Novi-Verona-Novi”, molto staccato comunque dai due dominatori della corsa, Pancera e Bresciani che giungono nell’ordine al traguardo dopo una fuga di oltre 100 km. 4 giorni dopo, è invece nel gruppetto di testa che si disputa il successo in volata nella “Targa Legnano”, ma chiude sesto (vince Ferrario). Tuttavia pare a suo agio soprattutto in pista e la riprova avviene il 1 giugno al Motovelodromo di Torino dove si disputa il Campionato Italiano di Mezzofondo. La gara, su 50 km, prevede una serie di traguardi intermedi ed una classifica a punti: Dinale è il migliore e conquista la sua prima maglia tricolore. Difficile, a questo punto, lasciarlo fuori dalla lista per Parigi anche se rimane il dubbio sulla specialità da disputare. Qualcosa si chiarisce il 29 giugno quando il Consiglio Direttivo dell’UVI, su segnalazione della Commissione Tecnica, inserisce Dinale nella lista degli azzurri per i Giochi sia nella prova dei 50 km (che però per nostra sfortuna non si disputa con la formula dei traguardi intermedi) che per l’inseguimento a squadre, specialità peraltro ancora poco provata dai nostri. Il ritiro collegiale degli azzurri si svolge dal 6 luglio al Velodromo Sempione di Milano, sotto gli occhi di un nugolo di tecnici, a capo dei quali viene posto il semisconosciuto Antonio Ganna, dirigente dell’US Milanese nonchè influente membro del Consiglio lombardo dell’UVI. Sorveglia tutti il mitico massaggiatore, anzi masseur come si dice in quel periodo, Giovanni Gervasoni detto Petrolio. C’è moderata fiducia nell’ambiente: Dinale è in formissima ed il quartetto dell’inseguimento pare ben amalgamato.

Le gare olimpiche si svolgono sulla mitica pista della “Cipale” a Vincennes. Alla gara di inseguimento a squadre partecipano 10 nazioni e l’Italia, fortunata nel sorteggio, dovrebbe affrontare la Jugoslavia che però non si presenta. Dopo qualche discussione sul regolamento, la giuria obbliga l’Italia a scendere comunque in pista, da sola: per essere ammesso al turno successivo, il nostro quartetto deve ottenere un tempo più basso di quello registrato dalla peggiore tra le vincitrici del turno. Oltre tutto quando i nostri iniziano la prova, piove pure. Con 5’23”2 comunque superano il 5’27”6 della Danimarca e si qualificano. Con Dinale gareggiano De Martini, Menegazzi e Zucchetti ed i quattro, dopo qualche incertezza, cominciano ad ingranare. Nei quarti situazione identica: di nuovo, sono costretti a gareggiare da soli, per sorteggio, e stavolta per qualificarsi devono ottenere un tempo migliore dei battuti degli altri confronti. Vi riescono ancora una volta ed alla grande: con 5’13”8 staccano il pass per le semifinali (la Svizzera fa segnare 5’21”6). I quattro, praticamente, vedono i primi avversari in semifinale dove affrontano il Belgio. Vincono facilmente, ma il Belgio trova un cavillo regolamentare: uno dei componenti ha forato subito, nel primo km di gara, e ciò consente la ripetizione della prova. Così le due squadre ripetono la gara, ma il risultato non cambia: l’Italia vince con 100 metri di vantaggio, in 5’12”. Si prospetta un duro scontro con la Francia che in batteria ha fatto registrare 5’11”4 ma i francesi si complicano la vita: in semifinale sbagliano un cambio, si disuniscono ed un componente cade. L’infortunio è tale che pregiudica il prosieguo della compagine, costretta a gareggiare in tre nella ripetizione della prova. Passa così la Polonia ed è una manna per gli italiani che in finale, con 5’15”, a 45.714 km/h di media, vincono nettamente, cogliendo un bel bis mentre il bronzo va al Belgio. Nel torneo, a detta di tutti, Dinale è stato il trascinatore del nostro quartetto, la “locomotiva”. Per i nostri certamente una grande prova, favorita anche da circostanze favorevoli. Dinale ci riprova il giorno seguente nella 50 km cui partecipano 37 corridori di 16 nazioni. La prova è semplice, come una gara in linea su strada: si parte tutti insieme e vince chi arriva primo sul traguardo. Dopo le schermaglie iniziale, ci prova il polacco Lange che rimane da solo in testa per una decina di km. La fila si disunisce, tra incidenti, forature e cadute. Dinale, che pure ha forato ma è riuscito a rientrare in testa, si segnala per combattività e spesso rintuzza gli attacchi nella seconda metà di gara. Al comando rimangono in 14 e nella volata finale Dinale si mette al servizio del più veloce e riposato De Martini: il gioco di squadra sembra riuscire, De Martini balza in testa ai 200 metri ma è partito troppo presto e, soprattutto, ha un rapporto troppo agile. In testa fino ai 70 metri, De Martini è superato da corridori più potenti e che spingono un rapporto più lungo: vince l’olandese Willems davanti ai britannici Alden (già argento ad Anversa nella stessa prova) e Wyld. Per De Martini la “medaglia di legno” del quarto posto mentre Dinale chiude sesto, sopravanzato anche da Lange, ma non ha niente da rimproverarsi. Peccato per i nostri, la medaglia sembrava a portata di...pedale, al termine comunque di una prestazione più che sufficiente.

Sulla scia dei Giochi, Dinale torna presto alle gare su strada ed il 31 agosto coglie un bel successo nella “Coppa Città di Bassano”, in volata. Sette giorni dopo, bissa nel “Circuito Fontanellatese”. Il 20 settembre è terzo nella “Coppa Bernocchi”, ma i primi due (Ferrario e Bresciani) sono squalificati per taglio di percorso e dunque la vittoria è sua. Primo sul traguardo, senza discussioni tre giorni dopo nel “GP Casteggio”. Ai primi di novembre passa professionista ed il suo esordio è più che positivo: ottimo terzo nella “Milano-Modena” (dietro i fuggitivi Ciaccheri e Petiva), buon decimo nel sempre impegnativo “Lombardia” (dove si rivela “un certo” Binda anche se vince Girardengo). Sembra pronto a rivaleggiare coi più forti, ma le prime stagioni nella categoria maggiore sono più stentate del previsto. Si divide infatti tra strada e pista, ma coglie successi solo in gare di secondo piano (“GP Industria” 1925, “Giro del Salento” 1926). Trova la forma vincente alla soglia dei 30 anni: nel 1929, inquadrato nella mitica “Legnano” di Binda, vince due tappe al “Giro d’Italia” (a La Spezia e Milano, in volate di gruppo) e si aggiudica su pista la “sei giorni” di Dortmund, in coppia col tedesco Goebel. Proprio su pista trova le sue maggiori soddisfazioni, anche economiche: richiesto in tutto il mondo, nel 1931 vince le “sei giorni” di Francoforte e Parigi che rappresentano i suoi ultimi successi rilevanti. Terminata l’attività, lavora nella “Campagnolo”, la celebre ditta fondata dal suo conterraneo ed amico Tullio[3], insieme al quale nella metà degli anni ’50 apre una “scuola di ciclismo” a Vicenza. In effetti Dinale ha tanto da insegnare: corridore completo, ha saputo spaziare dalla pista alla strada, rappresentando per un decennio una delle figure più interessanti del nostro panorama ciclistico, pur “schiacciato” da personaggi come Girardengo e Binda. Anche per questo oggi in pochi si ricordano di lui.


[1] Tra loro, due ottimi pistards del passato come Buni e Dei

[2] Gli altri due azzurri sono l’iridato Libero Ferrario e Magnotti

[3] Getullio Campagnolo, detto Tullio, nato a Vicenza il 26.08.1901. Corridore della seconda metà degli anni Venti, ottiene il suo principale successo nella “Astico-Brenta”, sviluppando una carriera di secondo piano. Nel 1927 partecipa al Giro d’Italia ma si ritira. Diventa quindi imprenditore di grande successo, perfezionando lo sbloccaggio dei mozzi ed il cambio a bacchetta. Col suo “Vittoria” si riuscì a cambiare rapporto rimanendo in sella, un enorme passo avanti dal punto di vista tecnico, una rivoluzione. La sua ditta, nata nel 1933, dagli anni ’50 è divenuta leader internazionale del settore


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