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DE MARCHI Adevildo

Genova 16.03.1894 / Genova 20.05.1965

1920. Calcio. 4°

Fratello minore del più noto Cesare[1] del quale segue le orme, iniziando a giocare giovanissimo nell’Andrea Doria come attaccante. Nella rosa della prima squadra già nel 1913-14, non gioca molto e non si segnala particolarmente. La guerra interrompe tutto: De Marchi viene impiegato in Sanità in quanto sta studiando medicina. Perciò il suo primo Campionato a buoni livelli si sviluppa solo dopo il conflitto, nel 1919-20 quando nelle eliminatorie l’Andrea Doria riesce a qualificarsi per il turno successivo nel girone ligure, giungendo seconda alle spalle del Genoa. Nelle semifinali nazionali però si piazza solo quinta su sei nel girone vinto dall’Inter (che poi si aggiudica il Campionato). De Marchi comunque si fa notare, anche e soprattutto da Giuseppe Milano, l’ex colonna della Pro Vercelli con la quale ha vinto cinque campionati, che dal marzo 1920 è stato designato come CT della nostra Nazionale da un’apposita Commissione Tecnica la quale, incaricata dalla FIGC, ne segue e dirige ogni mossa. È comunque Milano ad andare in panchina, a scegliere la formazione e ad inserire De Marchi nella lista dei 22 azzurri per i Giochi dove non mancano le sorprese ed i neofiti. De Marchi è lì come riserva e per fare gruppo, considerando che vi sono diversi liguri nella rosa e forse anche perchè la geopolitica, allora come adesso, ha il suo peso nelle convocazioni. I nostri non arrivano in Belgio da favoriti anche perché nelle ultime due uscite abbiamo rimediato una sconfitta per 3-0 con la Svizzera ed uno stentato 1-1 con i Paesi Bassi. Il torneo olimpico è ad eliminazione diretta: ottavi, quarti, semifinale e finale che assegna la medaglia d’oro. Per le altre medaglie, in maniera macchinosa, è previsto un mini-torneo di consolazione tra tutte le perdenti dai quarti in avanti. Al via 14 nazioni visto che Svizzera e Polonia, invitate, rinunciano all’ultimo momento, permettendo a Francia e Belgio, le loro avversarie designate, di accedere subito ai quarti di finale. L’Italia invece deve giocarsela ed il sorteggio è benevolo: il 28 agosto, alle 15.20, all’Ottenstadion di Gand, affrontiamo l’Egitto, con De Marchi in panchina.

Non sembra un avversario temibile e la partita si mette subito bene: al 25’ segna Baloncieri. Ma da questo momento iniziano i problemi: gli egiziani masticano calcio discretamente, non si disuniscono e dopo appena cinque minuti Osman pareggia. Si va al riposo sull’1-1, tra la sorpresa generale. Ci pensa il centravanti Brezzi a salvare la baracca, realizzando al 57’. I nostri tengono, non senza fatica, il risultato fino alla fine ed accedono ai quarti di finale. Il giorno seguente, all’Olympisch Stadion di Anversa, alle ore 15.00, di fronte a circa diecimila spettatori, affrontiamo la Francia e De Marchi rimane ancora fuori. Sembra sulla carta un altro ostacolo non impossibile visto che a gennaio, sul terreno del Velodromo Sempione a Milano, l’abbiamo battuta 9-4. Invece stavolta è tutta un’altra storia: dopo 10’ Bard rompe il ghiaccio ed al 14’ Boyer raddoppia. Al quarto d’ora siamo già sotto 2-0, altro che goleada. Ci svegliamo un po’, ma è necessario un rigore di Brezzi al 33’ per ridarci speranza. Dopo 45’ si rimane sul 2-1 per la Francia. C’è ancora tempo e spazio per rimediare, ma al 54’ di nuovo Bard chiude il conto. Gli azzurri accusano il colpo e lasciano ai transalpini l’onore della semifinale. Il torneo ha un esito clamoroso. La finale 1°-2° posto è giocata da Belgio e Cecoslovacchia. I padroni di casa sono sostenuti da un tifo fin troppo scalmanato e l’enorme pubblico viene a stento contenuto dalle forze dell’ordine. Si gioca in un clima intimidatorio per i cechi, con offese e minacce, anche da parte di molti soldati del cordone di polizia (!). L’arbitro fa il resto, favorendo sfacciatamente i padroni di casa che vanno rapidamente sul 2-0. Per protesta i cechi abbandonano il campo: vengono squalificati e non possono accedere al torneo di consolazione per le altre medaglie. Nessuno ovviamente osa togliere l’oro al Belgio nè tanto meno pensare ad una ripetizione della gara. Nel torneo di consolazione c’è anche l’Italia che scende in campo il 31 agosto alle 10 di mattina, all’Olympisch Stadion contro la Norvegia che, a sorpresa, ha eliminato la Gran Bretagna (la quale ha peraltro inviato una compagine di scarsa qualità).

Gioca in pratica chi non ha giocato i turni precedenti, ma De Marchi ancora deve aspettare il suo momento. Vinciamo, ma con grandissima fatica: al 40’ Andersen porta in vantaggio gli scandinavi e si rientra negli spogliatoi sullo 0-1. Ad inizio ripresa pareggia Sardi, uno dei migliori goleador del periodo, e ci vogliono i supplementari per dirimere la questione: all’inizio del terzo extra-time (in quel periodo difatti ne sono previsti quattro!) Badini ci regala la qualificazione. Siamo dunque in corsa per una medaglia, ma bisogna vincere con la Spagna, avversario tosto e la cui porta è difesa dal giovanissimo ma già portentoso Zamora. Il CT Milano deve fare i conti con la stanchezza di molti nostri giocatori e rimescola le carte: finalmente De Marchi esordisce in Nazionale. Il 2 settembre alle 16.00, all’Olympisch Stadion, purtroppo non c’è partita: una doppietta di Sesumaga (43’ e 72’) ci rimanda a casa con la “medaglia di legno”. Difatti veniamo classificati quarti, grazie anche alla squalifica della Cecoslovacchia. La Spagna guadagna l’argento, superando nella “finalina” i Paesi Bassi (bronzo) per 3-1. L’Italia torna a casa con due vittorie e due sconfitte, un bilancio mediocre per un movimento calcistico in ascesa e che a livello nazionale sta suscitando sempre più attenzione su stampa e tifosi, ma ancora lontano dai vertici europei. Ed ancora più lontano dai vertici è De Marchi che non vestirà più la maglia azzurra con la quale dunque disputa una sola partita. Oltre tutto la sua carriera volge rapidamente verso il basso: dopo un’altra stagione con i doriani, per i quali in totale realizza 28 presenze e 2 gol, si accasa addirittura con gli odiati cugini del Genoa, riuscendo però a giocare un solo match. Quindi sparisce nelle categorie minori, con compagini di Genova e dintorni. Tutto sommato una carriera come tante, ma impreziosita da un lampo olimpico.


[1] Cesare De Marchi, nato a Genova il 19.09.1890. Perno di centrocampo dell’Andrea Doria dal 1908 al 1915, con 71 presenze e 7 gol. Vince il Campionato Italiano della FGNI, il cosiddetto “calcio ginnastico”, nel 1910. Avvocato, allo scoppio della guerra diventa sottotenente di fanteria ed è inviato al fronte. Muore il 28 settembre 1915 in battaglia, nei pressi di S. Martino del Carso