CIAI Mariano
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Roma 16.02.1893 / Roma 16.02.1958
1912. Lotta greco-romana. Eliminato Secondo Turno pesi piuma
Nato nella zona di Borgo Pio, ma trasteverino d’adozione. Il padre è un provetto fabbro artigiano e Mariano ne segue presto le orme professionali. Intanto si tessera per l’Audace Roma e diventa un lottatore, nonostante il suo fisico esile. Il suo primo risultato a livello nazionale è il 5° posto ai tricolori dei pesi “minimi”, la categoria dal peso più basso, nel 1911, ottenuto nella natia capitale. L’anno seguente le selezioni per i Giochi si tengono il 22 e 23 giugno al Teatro Frattini di Roma. Nella categoria di peso inferiore tutti attendono il fuoriclasse Porro, oro olimpico nel 1908. Ma Porro è ferito, causa una recente ustione ad un braccio, ed in non perfette condizioni. Ne approfitta proprio Ciai che, favorito da arbitraggi nettamente a suo favore (i giudici sono in maggioranza romani!), supera i quotati Ghezzi e Pederzoli, ottenendo alla fine il pass per Stoccolma, tra mille polemiche, con atleti ed allenatori del nord-Italia inviperiti al punto da abbandonare il teatro tra urla e proteste. Tra l’altro Ciai, coi suoi 19 anni, è tra i più giovani dell’intera spedizione italiana a Stoccolma dove i nostri lottatori, causa le ristrettezze economiche organizzative, sono costretti a dormire in un...seminario. Le prove di lotta si svolgono all’interno dell’Olympiastadion, in apposite piazzole. Alla gara dei pesi piuma, di peso inferiore ai 60 kg, partecipano 38 atleti di 13 nazioni. Il torneo è dominato dai finlandesi che vincono l’oro con Koskelo e ne piazzano sei fra i primi otto. Proprio due finnici sono gli avversari che battono, ed eliminano, Ciai: il giorno 6 l’italiano è atterrato da Leivonen dopo 2’30” di combattimento mentre dura 7’ il match con Lehmusvirta. Il torneo difatti ha una regola alquanto particolare, la cosiddetta “doppia eliminazione”: chi perde due incontri viene escluso ed alla fine i rimanenti (massimo tre) disputano il turno finale.
Prova incolore dunque, con due sconfitte consecutive, per Ciai che si trova a mal partito in un ambiente che favorisce i padroni casa scandinavi ai quali è permesso un po’ di tutto, anche ben oltre il regolamento (morsi compresi). Una ferita alla mano destra, legata ad un foruncolo che si infiamma e provoca pus, condiziona Ciai fin dall’inizio del primo incontro e dunque la sua eliminazione è presto spiegata: la sua rimane comunque una partecipazione piuttosto mediocre. Ciai si rivede a novembre quando si aggiudica il campionato sociale dell’Audace nella categoria “minimi”, ma è battuto dal più pesante Testoni (un “massimo”!) nella finale per il titolo assoluto. Nell’aprile del 1913 Ciai è ancora sulla breccia: vince difatti il campionato romano dei “minimi”, superando Caprara e Gorgi. A luglio è il migliore della sua categoria nel torneo romano dello Stadium[1], ma è solo quinto nella classifica assoluta, battuto dagli atleti più pesanti di lui nelle sfide dirette finali. Nel 1914 la sua attività si dirada e soprattutto il suo nome latita nei primi posti dei tornei più importanti. La Prima Guerra Mondiale completa l’opera e Ciai, che passa il conflitto come semplice fante, abbandona l’attività. Rimane però nell’ambiente, come arbitro e consigliere dell’Audace. Nel contempo svolge il lavoro di fabbro nella sua bottega di Via Peretti e, di forti sentimenti antifascisti, mal sopporta l’ascesa ed il trionfo del regime di Mussolini. Omero, uno dei suoi cinque figli, prendendo lo spunto dalle sue idee libertarie, entrerà nella Resistenza e sarà trucidato dai nazisti, guadagnandosi la Medaglia d’Oro al Valor Militare[2].
[1] Chiamato “Stadio Nazionale”, viene inaugurato nel 1911. Ristrutturato nel 1927, sarà ribattezzato Stadio del Partito Nazionale Fascista e nel 1934 vi sarà giocata la finale del Mondiale di calcio vinta dall’Italia. Demolito nel 1957, al suo posto è stato realizzato lo Stadio Flaminio, tutt’oggi esistente anche se in condizioni precarie
[2] Nato a Roma il 07.07.1923, appassionato alpinista, volontario degli Alpini nella Seconda Guerra Mondiale, passa poi nella Resistenza nell’estate del 1944, inquadrato nelle Brigate Garibaldi, nome di battaglia “Maitardi”. Catturato dai nazifascisti, viene ucciso a Sestri Levante nel gennaio 1945