Seleziona la tua lingua

Image
images/atleti/olympiabolario/chiavacci_piccola.jpg

CHIAVACCI Giorgio

Cecina 03.07.1899 / Cecina 04.03.1969

1924. Scherma. 4° Fioretto a Squadre

1928. Scherma. MEDAGLIA D’ORO Fioretto a Squadre

Livornese d’adozione, entra giovanissimo nel mitico “Circolo Fides”, guidato da Beppe Nadi, ex schermidore di alto livello nonchè padre di Nedo e Aldo, trionfatori ai Giochi di Anversa. Il Circolo è una vera e propria culla per schermidori in erba: anche se i metodi del maestro Beppe sono alquanto anomali e spartani (con punizioni corporali per ogni errore!), risultano molto redditizi e negli anni Venti Livorno si trasforma nella capitale della scherma italiana, una fucina di talenti. Tra questi appunto anche Chiavacci che già nel 1920, con i fratelli Nadi primattori, tenta di essere selezionato per i Giochi. Non vi riesce: il 28 giugno a Firenze, nel torneo che serve da eliminatoria regionale, è quinto sia nel fioretto che nella spada. Deve ancora crescere, come uomo e come schermidore, ma ha già insite in sè le sue caratteristiche peculiari: non molto alto e di corporatura robusta, è definito “un torello maremmano”. Coraggioso, gagliardo, impavido, non ha paura di niente ma è fin troppo impetuoso, irruente e talora sconsiderato. Possiede tutti i pregi ed i difetti del toscano di mare. Nel contempo studia giurisprudenza e diventerà avvocato. Si rivede nel 1922, alle Universiadi nazionali di Roma: ottiene due terzi posti, nella sciabola (battuto dai siciliani Migneco e Salafia) e nella spada (superato dal napoletano Parlato e dal romano Lo Savio). Gli studi lo allontanano dalle pedane dove comunque, sulla scia dei Nadi che per lui sono miti viventi, si cimenta ancora con le tre armi, commettendo probabilmente un errore di presunzione. Nel 1924 ha l’età e l’esperienza giusta per cercare la carta olimpica: oltre tutto nella Commissione Tecnica che dovrà selezionare gli azzurri c’è anche Nedo Nadi il quale ovviamente fa sentire tutto il suo carisma. Chiavacci comunque ci mette del suo. A fine febbraio, nella prima selezione olimpica a Roma, disputata nella Scuola della Farnesina, vince il suo girone di fioretto. Nella sciabola va un po’ peggio, è costretto a passare dai recuperi, ma alla fine in entrambe le armi entra nella lista dei 30 “probabili azzurri”.

Si conferma nella seconda selezione, a Bologna il 16 e 17 aprile. Però capisce che deve concentrarsi su una sola arma, e sceglie il fioretto. Il 28 maggio, nelle sale della “Societa del Giardino” a Milano, si tiene la prova decisiva: Chiavacci chiude ottimo terzo, superato solo dall’imbattibile Puliti e dall’emergente Pessina. La maglia azzurra è sua e senza nessuna “spinta” particolare di Nadi, ma col CT Flauto che crede molto in lui. Le gare olimpiche di scherma si svolgono al Vel d’Hiv, il famoso Velodromo d’Inverno della capitale francese, teatro di numerose competizioni ciclistiche di primo piano. Chiavacci gareggia nel fioretto a squadre cui prendono parte 12 nazioni. Esentati dal primo turno, i nostri scendono in pedana il 28 giugno nei quarti di finale ed è spettacolo: nella loro poule battono 16-0 l’Ungheria, 12-4 la Svizzera e 13-3 l’Austria. Chiavacci gareggia contro l’Ungheria, vincendo tutti gli assalti, e contro l’Austria, vincendo due incontri (5-2 con Gottfried e Huber) e perdendone altrettanti (5-4 con Ettinger e 5-2 con Brunner). Il 29 giugno tocca alla semifinale e gli azzurri se la devono vedere con Belgio e Danimarca. Ma poichè la Danimarca è sconfitta sia dai nostri che dal Belgio, l’incontro tra quest’ultimo e gli azzurri non viene disputato in quanto entrano in finale le prime due compagini. Chiavacci è nel quartetto che supera i danesi 12-4, vince tre incontri (con Berthelsen 5-4, Munck 5-1 e Sjoqvist 5-2) e ne perde uno (5-4 con Oslier). Il 30 giugno è finale, in un girone a quattro, con Francia, Ungheria e lo stesso Belgio. La medaglia sembra praticamente scontata anche se la Francia fa paura. In effetti incontriamo subito proprio i transalpini e sono scintille. Chiavacci vince agevolmente con Ducret, schiantato 5-0, ma poi i nostri perdono qualche incontro e si va sull’1-3. Tocca a Boni contro Gaudin: i due arrivano sul 4-4 e succede il patatrac. Il giudice ungherese Kovacs attribuisce la stoccata decisiva a Gaudin. Boni non ci sta, inveisce e protesta, offende il giudice che chiede la traduzione delle sue parole a Italo Santelli, CT degli ungheresi. Segue la protesta ufficiale del giudice che chiede scuse immediate. Nasce un parapiglia, l’intera squadra italiana brontola ed urla a squarciagola, Boni si rifiuta di porgere le scuse, ben spalleggiato da tutti i nostri, dirigenti compresi. Alla fine, dopo un breve conciliabolo, gli azzurri decidono di abbandonare clamorosamente e lasciano lo stadio, intonando “Giovinezza”. Non possono che essere classificati che quarti. L’oro va alla Francia, probabilmente superiore tecnicamente ai nostri, argento per il Belgio, bronzo all’Ungheria. Abbiamo buttato al vento una medaglia, per orgoglio e spirito patriottico. Inoltre, per protesta, nessuno dei nostri si schiera nel torneo di fioretto individuale (peraltro Chiavacci accusa un problema ad un ginocchio e difficilmente avrebbe potuto scendere in pedana).

La questione però ha pesanti strascichi. Santelli viene pesantemente accusato dalla stampa italiana ed il giornalista Cotronei è particolarmente attivo in questo senso al punto che tra i due si arriva alla sfida a duello. Italo, come consente il codice cavalleresco, si fa sostituire dal figlio Giorgio. Cotronei non può certo arretrare, ne va dell’onore non solo suo ma dell’Italia intera. La sede del duello è alquanto insolita: Abbazia, in Istria. La sfida dura ben poco, Giorgio è troppo più forte: Cotronei viene ferito al volto e tutto finisce lì. Rimane però una figura non proprio adamantina dei nostri: qualcuno ipotizza che abbiano preferito l’onore alla sconfitta sul campo. Chiavacci, che nella querelle parigina s’è trovato a nozze dato il suo carattere focoso, si ripresenta in pedana alle Universiadi di Varsavia dove il 21 settembre si aggiudica il torneo di spada. Continua dunque ad alternare le tre armi con un certo successo. Inizia bene il 1925: il 2 aprile al Teatro Del Fante di Pisa si aggiudica il Campionato Italiano Universitario di fioretto, primeggiando in 14 assalti su 14. Il 20 aprile altra gara universitaria, stavolta Italia contro Francia e nelle tre armi. I nostri, con Chiavacci sempre grande protagonista, vincono 6-3 nel fioretto e 8-1 nella sciabola, ma perdono 4-5 nella spada. Chiavacci vince 8 assalti su 9 ed i nostri si impongono nella challenge[1]. Il 24 maggio nella “Coppa Belloni” a Cremona, fioretto, Chiavacci perde solo con Terlizzi e chiude secondo. Si “vendica” nella stessa sede due giorni dopo, nel prestigioso torneo internazionale che conclude al primo posto, suscitando l’ammirazione generale e quella di Adolfo Cotronei in particolare che sulla “Gazzetta” lo elogia lungamente e ne carpisce i segreti: “La sua scherma non è accademica, ma liberata da tutti i fronzoli ed artifici, ridotta alla scelta di tempo”. Chiavacci insomma punta sempre al sodo. Si cimenta anche nella sciabola, ma non è cosa per lui: il 29 maggio, ancora a Cremona, termina solo decimo il torneo vinto da De Vecchi. Complici gli impegni universitari, Chiavacci si rivede ad alti livelli praticamente dopo un anno ed ancora a Cremona, nel prestigioso “Trofeo del Littorio”. Nel fioretto chiude al terzo posto, sopravanzato dall’emergente Gaudini e dal sempre grande Puliti: rimane comunque uno schermidore di alto rango. Difatti Chiavacci il 27 giugno a Budapest conquista niente meno che il Campionato Europeo di fioretto, non perdendo neanche un assalto. Poi, complici alcuni problemi personali, si prende un anno sabbatico e nel 1926 diserta molti appuntamenti. Si rivede solo ad inizio 1927. Il 10 febbraio, col fioretto, chiude al quarto posto il torneo di Vienna vinto da Carniel. Con la stessa arma è selezionato, assieme a Puliti e Guaragna, per la “Coppa Bregnat” a Montecarlo il 26 aprile. I nostri perdono 4-5 col Belgio, ma vincono 7-0 con la Francia. Poichè la Francia batte il Belgio 5-4, è necessario uno spareggio dove trionfa Puliti che regala la vittoria finale agli azzurri. Chiavacci torna in pedana il 3 luglio a Cremona: nel torneo di fioretto, vinto da Puliti, chiude quinto.

Tra la fine di agosto ed i primi di settembre è straordinario protagonista ai Mondiali Universitari di Roma con 5 ori: vince fioretto individuale ed a squadre, spada a squadre, sciabola individuale ed a squadre. Particolarmente sofferto il successo nella sciabola, arrivato dopo uno spareggio col magiaro Dany (vinto 5-3). Si rivede il 3 giugno 1928 a Bologna per i tricolori di fioretto: chiude terzo, superato da Guaragna e Guardini, ma la maglia azzurra ai Giochi appare quasi sicura. Con la stessa arma difatti si conferma il 22 giugno nell’ultima e decisiva preolimpica a Cremona dove chiude al quarto posto anche se, tra combine ed infortuni diplomatici, la gara ha uno sviluppo clamoroso, venendo addirittura sospesa a metà, con molti concorrenti che abbandonano la contesa. Chiavacci dunque è selezionato per i Giochi di Amsterdam dove si avvicina come atteso protagonista. Non delude le aspettative. Le gare olimpiche di scherma si svolgono in un apposito edificio situato a lato dell’Olympisch Stadion, dal poco fantasioso nome di “Schermzaal” (sala della scherma). Chiavacci gareggia nel fioretto a squadre che inizia il 29 luglio, giornata campale visto che prevede ben tre turni. Al via 16 nazioni. Il primo ostacolo viene superato di slancio dai nostri che vincono 15-1 con l’Austria e 16-0 con la Gran Bretagna. Chiavacci dà subito spettacolo: schierato solo contro l’Austria, vince i suoi 4 incontri in maniera netta. 5-0 a Schinbaumsfeld, Brunner e Lion; 5-2 a Berger. Nei quarti di finale altro show. Contro l’Ungheria, dominata col “cappotto” di 16-0, Chiavacci supera 5-0 Kalniczky, 5-1 Rady e Toth, 5-2 Piller. Con la Danimarca, superata 12-4, ha un piccolo passaggio a vuoto e subisce la prima sconfitta, 2-5 da Oslier. Vince però 5-1 con Baerentzen, 5-2 con Berthelsen e 5-4 con Praem. Confermato in semifinale contro gli USA, Chiavacci rivince 4 assalti su 4: 5-1 con Breckenridge e Peroy, 5-2 con Calman e 5-3 con Lewis. I nostri volano così in finale, senza nemmeno gareggiare contro la Francia[2]. Il 30 luglio è il giorno della verità.

Chiavacci è incontenibile e col Belgio è un alto 4 su 4: 5-1 a Pecher e Crahay, 5-2 a De Roocker e Verbrugge. I nostri si impongono 13-3. Arriva poi la Francia con la quale si devono regolare i conti di Parigi. La vendetta, come noto, è un piatto che va mangiato freddo ed i nostri...lo mangiano. Chiavacci perde solo col formidabile Gaudin (futuro oro nell’individuale), per 3-5, ma è grandioso negli altri assalti: 5-0 a Cattiau, 5-1 a Labatut, 5-3 a Ducret. Grazie anche ai suoi successi, vinciamo 10-6, facendo un passo decisivo verso l’oro. Rimane difatti solo l’Argentina: con Chiavacci in panchina, trionfiamo 11-5: è medaglia d’oro! Argento alla Francia, bronzo alla stessa Argentina. Per i nostri, e per Chiavacci in particolare, è la “vendetta” di Parigi. Lo score di Chiavacci non ammette dubbi: 19 vittorie e 1 sconfitta (peraltro col fortissimo Gaudin)! A 29 anni, con l’oro olimpico, Chiavacci corona una carriera esemplare, dando nuovo lustro alla scuola livornese ed onorando al meglio l’intera famiglia Nadi da cui ha tratto massima ispirazione, nello sport come nella vita[3]. Raggiunto il massimo, inizia a disertare le pedane. Nominato poi Podestà di Cecina, rientra alle gare saltuariamente: il 20 marzo 1931, con una sorta di “premio alla carriera”, viene inserito nella squadra azzurra che vince, dominando, il match di fioretto contro la Francia 27-9[4] anche se, conti alla mano, risulta il peggiore dei nostri. Il 5 maggio a Venezia Chiavacci torna in pedana, per i tricolori di fioretto dove chiude quinto (vince Guaragna). Ha ritrovato una buona forma tant’è vero che viene inserito di nuovo in Nazionale per gli Europei di Vienna dove il 27 e 28 maggio vince l’oro nel fioretto a squadre[5], risultando addirittura il migliore dei nostri contro Ungheria ed Inghilterra, aggiudicandosi i suoi 4 assalti.

Tre giorni dopo, chiude al terzo posto il torneo individuale, superato dal francese Lemoine e Marzi. Chiavacci fa pure un pensierino ai Giochi di Los Angeles ed il CT Nadi, suo mentore ed amico, lo inserisce pure nella lista azzurra, comunicata per tempo, ai primi di febbraio del 1932 dopo un’infinita serie di stages ed assalti. Chiavacci dunque si appresta a partire, come tutti gli altri azzurri, da Napoli sul transatlantico “Conte Biancamano”. Ma al momento dell’imbarco, il 2 luglio, scoppia un caso clamoroso: il medico di bordo diagnostica a Chiavacci una congiuntivite e, con le severissime regole che disciplinano l’immigrazione anche temporanea negli USA, con tale malattia Chiavacci sarebbe respinto alla frontiera. Così è costretto a scendere, tra la disperazione generale ed in particolare del suo mentore Nadi: niente Giochi! La sua carriera termina praticamente qui anche se non lascia la pedana nonostante i suoi impegni politico-amministrativi. Nel 1936 tenta addirittura la qualificazione ai Giochi, confidando che il mentore Nadi, nel frattempo divenuto addirittura Presidente della Federazione, spenda buone parole per lui. Ma l’età ha lasciato il segno: il 26 aprile nella preolimpica di fioretto a Merano chiude settimo. Non male, ma dovrebbe fare di più, in troppi gli sono davanti. Non si migliora nei tricolori di fioretto a Napoli: ottavo, vince Guaragna. Di fronte ai risultati, anche Nadi si arrende: Chiavacci non merita i Giochi e deve rassegnarsi. La sua carriera termina praticamente qui.


[1] Con Chiavacci, l’unico a gareggiare nelle tre armi, troviamo il pisano Volponi ed il milanese Cassi nel fioretto, il romano Paleologo ed il torinese Guglianetti nella spada, il milanese Restelli e Volponi nella sciabola

[2] Poichè anche la Francia batte gli USA ed accedono in finale due squadre, l’incontro tra italiani e francesi risulta ininfluente e non viene disputato

[3] Chiavacci è talmente riconoscente ai Nadi da chiamare i figli Nedo e Neda

[4] Con lui gareggiano Guaragna, Puliti, Marzi, Gaudini e Pignotti

[5] Con lui gareggiano Gaudini, Guaragna, Marzi, Ragno e Pignotti


Vai alla gallery